Sulle lingue del Sud sentiamo molti miti linguistici, e in questo post analizzeremo quelli legati all’italiano del Sud. Alcuni sono positivi, come la nascita dell’italiano in Sicilia, altri negativi, come la presenza costante di errori o la presenza di un accento, inesistente al Nord.
Ma sarà vero? Analizziamo questi miti.
L’italiano è nato in Sicilia
Tesi sostenuta da vari articoli del tipo “Dante perde la paternità dell’italiano”: La lingua italiana non nacque grazie a Dante Alighieri a Firenze, ma in Sicilia, alla corte di Federico II.
In realtà, le poesie della scuola siciliana erano in siciliano, e l’equivoco deriva da alcune interpretazioni erronee:
- La maggior parte delle poesie siciliane sono arrivate a noi tradotte in toscano e non in versione originale
- La scuola italiana tendenzialmente inizia l’insegnamento della storia della lingua italiana con la storia delle lingue neolatine in Italia
- La linguistica italiana tende, volutamente, a confondere la lingua italiana con le lingue d’Italia.
Per lingua italiana si intende un complesso di parlate aventi varie caratteristiche in comune e, per la maggior parte, derivanti dal fiorentino. E chiaramente, il siciliano non ne fa parte.
Pertanto il siciliano ha sì il primato della prima scuola poetica nell’odierna Italia, ma ha poco a che fare con l’odierna lingua italiana, che deriva dal fiorentino.
I meridionali hanno l’accento, i settentrionali no
Secondo questo mito tutti i meridionali avrebbero una cadenza marcata, a differenza dei settentrionali. Cosa comica è che questo mito, oltre ad essere sostenuto da un certo numero di persone del Nord, è portato avanti da alcuni parlanti del Sud che credono di potersi nobilitare parlando come i milanesi, spesso con risultati comici.
La verità è che nessun italofono parla l’italiano standard, se non qualche doppiatore. Tutti gli italiani hanno una cadenza diversa dallo standard, solo che non se ne accorgono, e pensano che il proprio italiano sia quello giusto mentre gli altri sbaglino.
Tra l’altro, per questioni economiche e sociali, questo fenomeno è molto accentuato al Nord, dove l’italiano meridionale viene spesso visto come una parlata per gente ignorante. Il fatto che sia una questione sociale si può notare anche dal fatto che esistano parecchi italiani del Nord molto fuori standard (pensiamo ai modi di parlare del Triveneto) che sì a Milano vengono visti come strani, ma non come sporchi.
I meridionali parlano male per colpa del dialetto
Al di fuori della cadenza, l’italiano (o meglio, gli italiani, ma semplifichiamo) meridionale ha varie particolarità grammaticali, come una ridotta distinzione tra i verbi transitivi e intransitivi (dunque a Napoli si “scende il cane”, ad esempio).
Ma diciamocelo chiaramente: Tutti gli italiani sbagliano.
Io, milanese, non so la differenza tra “lui” ed “egli” e spesso “son dietro” a far le cose, i toscani “loro si parla” così, coi veneti “si abbiamo divertiti” mangiando “il zucchero” filato. In sostanza nessuno parla l’italiano “giusto”, perché l’italiano giusto esiste solo sulla carta.
L'”unità linguistica italiana” è stata raffazzonata al solo scopo di eliminare al più presto i dialetti. L’estremismo politico ha trasformato un’ottima situazione per creare un fiorente e ottimo bilinguismo in un sistema dove la maggior parte delle persone parlano male una lingua quando potrebbero parlarne bene due.
Quindi, anche fosse vero che solo i meridionali parlano male l’italiano non sarebbe colpa loro, ma di chi lo ha imposto a questa gente senza riguardo per la loro lingua madre. Se i paladini dell’italiano avessero tenuto in conto le lingue regionali, probabilmente oggi l’italiano sarebbe più pulito, ma a volte la folle supremazia prevale sul bene delle lingue d’Italia.
L’italiano dei docenti
C’è anche l’annosa questione dei docenti che non parlano l’italiano del luogo: A mio parere la scuola andrebbe regionalizzata.
Lo stato italiano ha favorito uno spostamento delle persone dalle proprie regioni allo scopo di eliminare le lingue regionali, scuola compresa.
Ma oggi continuare questa politica equivale a imbastardire l’italiano, mischiando gli errori dell’italiano padano, di quello centrale e di quello meridionale.
Inoltre regionalizzare è il miglior modo per insegnare efficacemente le lingue locali: Che senso ha mandare 100 prof di Milano in Sicilia per insegnare loro il siciliano da insegnare agli alunni? Non è meglio lasciarli a Milano, insegnare il lombardo a chi non lo sa e rafforzare quello degli altri?
Tra l’altro, limiterebbe anche i trasferimenti dei prof, il che è sempre una cosa vantaggiosa per loro.
Rapporto tra “dialetto” e italiano meridionale
Sul rapporto tra le lingue del Sud Italia e l’italiano esistono tantissimi miti, ma sono in generale divisibili in due punti:
- I dialetti meridionali sono versioni sporche dell’italiano
- I dialetti meridionali derivano dal greco (o dallo spagnolo) e non hanno nulla in comune con l’italiano
Chiaramente non possono essere vere tutte e due, sono in palese contrasto, anche se sembra essere un’abitudine per la linguistica italiana questo contrasto.
Per prima cosa chiariamolo: Napoletano e siciliano sono lingue autonome dall’italiano, non derivano da essa, ma sono solo imparentate perché hanno tutte origini latine. Esatto, latine.
In effetti molti dialettologi improvvisati tendono ad esagerare la presenza di elementi, per allontanare la loro lingua dall’italiano. Tuttavia così non è, e sia napoletano che siciliano sono lingue neolatine separate dall’italiano.
Facciamo il punto
Questo articolo in sintesi:
- Tutti gli italofoni “naturali” hanno un accento, che risulta impercepibile per i loro codialettali ma ben marcato per chi parla un dialetto diverso.
- Le prime espressioni poetiche volgari in Italia sono nate in Sicilia, ma…
- Erano in siciliano, mentre l’italiano nasce a Firenze
- L’italiano meridionale è considerato sbagliato soprattutto per questioni sociali, non tanto linguistiche