Brutte notizie dalla Calabria dove i risultati delle prove Invalsi hanno mostrato che solo la metà degli studenti calabresi hanno un livello sufficiente di italiano.
È una notizia negativa, ovviamente.
Ma qualcuno, forse per assolvere il sistema scolastico, dà la colpa al fatto che in Calabria si usi il dialetto, come ben ci fa notare Glottofobi, la pagina Facebook dedicata a… blastare i glottofobi.
Poi però, ripensando a questa vicenda, per un momento mi è venuto un dubbio. Non è che i glottofobi questa volta hanno ragione?
Ci ho pensato un po’ e sono giunto alla conclusione:
Il dialetto non è mai un impedimento alla conoscenza della lingua italiana.
Il Triveneto dialettofono parla bene italiano!
Nel Triveneto l’uso delle lingue regionali non è un fenomeno marginale, tutt’altro!
Eppure il Nord-est ha avuto buoni risultati nella prova Invalsi d’italiano.
Bisogna dire che si considera parte del nord est anche l’Emilia Romagna, dove l’uso della lingua locale è in netto declino. Quindi qualcuno potrebbe insinuare che gli studenti emiliani e romagnoli hanno passato tutti la prova di italiano col massimo punteggio, alzando la media dei disastrosi risultati del Triveneto dialettofono…
Oppure semplicemente gli studenti veneti e friulani conoscono bene l’italiano pur parlando anche veneto e friulano.
Morale della storia? Incolpare il “dialetto” per i bassi punteggi delle prove Invalsi è una stupidata immane.
Dove dobbiamo puntare il dito, dunque, per i pessimi risultati delle prove Invalsi in Calabria?
La colpa è del semilinguismo
Per dirla semplice, il semilinguismo è la situazione in cui una persona è esposta a più codici linguistici e, per ragioni tipicamente sociali, non ne parla nessuno a livello accettabile.
Al Sud, purtroppo, esiste il malcostume di persone che parlano un buon napoletano o siciliano tra di loro, ma non lo parlano ai figli.
Questo è terreno fertile per la nascita di una situazione di semilinguismo.
Perché? Ti chiederai. In fondo, se questi genitori non parlano “dialetto” ai figli, parleranno in italiano…
E invece no.
Infatti, i genitori non parlano ai figli in italiano, ma in una mescolanza caotica tra italiano e “dialetto”.
Una persona che cresce in una situazione del genere è di fatto esposto a 2 codici linguistici differenti:
- Il dialetto locale del suo ambiente sociale
- L’italiano della scuola, della TV e della radio
… ma a casa i genitori lo educano in una sorta di ibrido tra i due.
L’ovvia conseguenza è che questa persona non imparerà bene né l’italiano né il “dialetto”. Cioè diventerà un semilingue.
Questa condizione non si ritrova solo nell’Italia meridionale. Il semilinguismo è diffuso, per esempio, tra gli immigrati più socialmente svantaggiati, per i medesimi motivi.
Ciò è veramente un problema. Da una parte il patrimonio linguistico viene lentamente eroso dall’italiano. Dall’altra i ragazzi non hanno una competenza sufficiente in lingua italiana, con tutti i problemi che puoi immaginare.
I calabresi non sanno l’italiano? E se anche fosse?
Ora voglio fare una riflessione.
Poniamo per assurdo che tutti i ragazzi calabresi parlino come lingua madre una lingua diversa dall’italiano. Immaginiamo che entrino a scuola a 6 anni senza sapere una parola di italiano.
Ebbene, i test Invalsi si fanno in terza media, quando i ragazzi hanno 14 anni. Otto anni dopo il primo anno di scuola.
A scuola si usa l’italiano come lingua veicolare. Ciò significa che le lezioni sono tenute in italiano.
Dopo otto anni di scuola, l’italiano lo dovresti sapere perfettamente, soprattutto se parti quando sei ancora molto piccolo, e specialmente nel momento in cui sei circondato dalla lingua di Dante in TV, alla radio, nei negozi, nelle strade e così via.
Stai forse pensando che sono pazzo e che i ragazzi calabresi dovrebbero sapere l’italiano prima di entrare a scuola? Certo, non sarebbe male saperlo parlare anche prima di compiere 6 anni. Ma il mio ragionamento non cambia: dopo 8 anni di insegnamento intensivo durante l’infanzia, si esce dalla scuola parlando un ottimo italiano.
I nostri nonni sono un esempio: hanno appreso l’italiano in soli cinque anni di scuola elementare ed in un contesto sociale in cui l’italiano era molto meno presente di oggi.
Quindi mi azzardo a fare un’ipotesi: non è che la colpa è del sistema scolastico?
La scuola in Calabria non riesce, pur avendo a disposizione otto anni di insegnamento veicolare, ad insegnare la lingua italiana ai suoi alunni. Questo è ciò che dicono le prove Invalsi.
Insomma, come e possibile che alunni incapaci di esprimersi in italiano siano promossi fino alla terza media in una scuola dove l’italiano è la lingua di insegnamento?
Prova Invalsi: inquadriamo meglio il problema
Prima dobbiamo scoprire se la questione è davvero preoccupante oppure è stato ingigantito dai mass media.
Quali sono i criteri del test d’italiano della prova Invalsi?
Non passarlo implica fare qualche errore che non mina comunque la comprensibilità o avere oggettive difficoltà di comunicazione?
Nel primo caso, non è decisamente una priorità. Se un alunno dice hanno picchiato a Giovanni, il messaggio è comprensibilissimo anche se la forma non è corretta. Quindi la situazione è grave, magari, ma non tragica.
Nel caso in cui ci fossero difficoltà di comunicazione sarebbe veramente tragico, e dovremmo pensare a come rimediare.
Antimeridionalismo + glottofobia = click
Ovviamente bisogna dimensionare il problema. I titoli, semplificano concetti che in realtà sono molto più complessi. E poi, si sa, devono attirare l’attenzione.
Gli scarsi risultati degli studenti calabresi erano un bocconcino troppo ghiotto per non farci un titolo acchiappaclick. Antimeridionalismo e glottofobia sono un’accoppiata vincente: così i vari leoni da tastiera possono sputare un po’ di veleno sui calabresi (poveri, ignoranti, stupidi) che parlano il dialetto (che è la lingua per poveri, ignoranti, stupidi).
Purtroppo per loro, sapere l’italiano non basta per capire le cose. Bisognerebbe anche leggere gli articoli… e magari saper leggere tra le righe.
Personalmente, la prima cosa che mi sono chiesto è: tutte le scuole calabresi hanno dato risultati tragici nelle prove di italiano?
L’Istituto Invalsi afferma che c’è un’altissima variabilità da scuola a scuola. Quindi anche in Calabria ci sono scuole con alunni ottimi e altre dove la competenza in italiano è bassissima.
Calabresi non sanno l’italiano: come affrontare il problema
Ora sappiamo che non tutte le scuole calabresi hanno problemi nell’insegnamento dell’italiano.
Quindi bisogna capire quali sono le scuole dove la competenza di italiano è bassissima, capire che tipo di alunni le frequentano e vedere se c’è un pattern differente da quello delle scuole dove l’italiano è ben conosciuto.
Ad esempio, gli alunni con difficoltà potrebbero provenire da famiglie problematiche in generale, oppure potrebbero essere figli di immigrati scarsamente supportati.
Non ci è dato sapere. La stampa ci parla solo di calabresi semilingui, sottintendendo che sia una situazione generalizzata.
In ogni caso, cosa si potrebbe fare per migliorare la competenza di italiano dei ragazzi?
Sicuramente l’educazione bilingue aiuterebbe a non fare confusione tra due idiomi e a sviluppare una competenza in entrambi. Facciamo lezioni in italiano e lezioni in lingua locale, insegnando bene ai ragazzi che:
- Il “dialetto” è una lingua vera e propria e non una forma corrotta di italiano
- Parlare il “dialetto” non significa parlare male l’italiano
Educazione e prove Invalsi: l’elefante nella stanza che tutti si rifiutano di considerare
Eh sì, prima o dopo qualcuno doveva tirare fuori questo argomento…
Bisognerebbe accertarsi delle competenze linguistiche dei docenti.
Mi ricordo ancora la mia maestra di italiano delle elementari. Era di Lecce. Aveva come lingua materna il siciliano e parlava un italiano impeccabile. Era un piacere ascoltarla.
Come faceva a parlare così bene in italiano? Perché l’aveva studiato con impegno a livello accademico.
Come lei, una marea di insegnanti di origine meridionale.
Il problema è che tra di loro si nascondono parecchi semilingui che non hanno alcuna intenzione di migliorare il loro italiano. Tanto nessuno va a verificare che siano davvero competenti in materia…
Detto ciò, penso che sarebbe interessante verificare le competenze linguistiche dei docenti prima di metterli di fronte a una classe a insegnare un italiano storpiato.
… nella stanza c’è anche un elefantino
Nella scuola è giusto essere comprensivi. Quindi non vanno premiati solo i risultati, ma anche l’impegno.
Ma quando non ci sono né impegno né risultati, bisogna bocciare senza paura.
In una scuola dove si insegna in italiano, il docente sa esprimersi correttamente in questa lingua, è inammissibile che un alunno normodotato passi di anno in anno senza avanzare di livello. Nemmeno se fosse arrivato da Marte sarebbe accettabile.
Non ammettere un alunno alla classe successiva non è una punizione. E’ un favore. Infatti, più una lacuna si porta avanti, più questa si ingigantirà, fino a diventare ingestibile.
È nettamente meglio fermare qualcuno alle elementari e rinforzare la sua competenza linguistica che lasciarlo andare alle medie e poi alle superiori senza la possibilità di capire ciò che deve imparare.
Questo non è aiutare i ragazzi. Questo è condannarli al semilinguismo.