Andiamo un attimo al di là del confine italiano per parlare del romancio, una lingua neolatina molto particolare.
La sua vicenda, difatti, ci dà alcuni spunti per capire meglio la situazione delle nostre lingue minoritarie.
Dalle vicende che lo hanno portato quasi sull’orlo dell’estinzione al dibattito scientifico viziato da pregiudizi politici, dai riconoscimenti istituzionali alla difficile tutela, molti sono i paralleli che possono essere fatti con la situazione delle lingue italiane.
Romancio: dove si parla?

Attualmente il romancio è parlato solo nella sezione centrale del Canton Grigioni, in quella che viene chiamata in modo non ufficiale “Svizzera Romancia”.
Nonostante oggi occupi uno spazio tutto sommato modesto, si stima che anticamente il romancio occupasse un’area ben più vasta: dallo studio dei toponimi si può ipotizzare che nel Medioevo la lingua romancia si estendesse in larga parte dell’attuale Svizzera tedesca e in parte di Germania e Austria. Per esempio, il nome della capitale del Liechtenstein, Vaduz, sembra derivare da una parola neolatina che significa “acquedotto”.
E’ abbastanza certo che il romancio formasse una sorta di continuum dialettale con le lingue del Nord Italia, sebbene la storia degli ultimi secoli abbia attenuato questo legame. La connessione con il lombardo è testimoniata dai tratti fonetici “di transizione” di molti dialetti alpini della Valtellina e del Ticino, e soprattutto della variante parlata in Val Bregaglia, considerata una sorta di ponte tra le due lingue.
Inoltre, la presenza del romancio (di tipo “ladino”) è stata attestata storicamente in Val Venosta, Alto Adige, almeno fino al XVIII secolo: il che ci porta a pensare che un tempo ci fosse un collegamento tra il ladino “engadinese” e ladino “dolomitico”.
Al giorno d’oggi il romancio è parlato da poco più di 40.000 persone in tutto il Canton Grigioni, che costituiscono il 15% del Cantone e lo 0,5% dell’intera Svizzera. Quindi la “Svizzera Romancia” è veramente piccola!
Tuttavia, il romancio è anche l’unica lingua della Confederazione Elvetica a essere parlata solo all’interno dei confini svizzeri: quindi può essere chiamato a pieno titolo la “lingua svizzera” per antonomasia!
Dialetti del romancio
Attualmente è suddiviso in due grandi gruppi dialettali:
- il romancio “proprio”, parlato nell’alta valle del Reno
- il romancio “ladino”, parlato nell’alta valle dell’Inn (conosciuta come Engadina) e nella Val Monastero
Solo il primo è conosciuto storicamente come rumantsch (da “romanicum”), mentre l’altro era chiamato tradizionalmente ladin (da “latinum”).
A sua volta, i due sottogruppi hanno altre divisioni interne, che corrispondono alle cinque varianti storiche e letterarie della lingua:
- romancio renano: sursilvan (da cui a volte si distacca il tuatschin), sutsilvan e surmiran;
- romancio ladino: putér e vallader, da cui talvolta si distacca il jauer;
il dialetto di Bivio (romancio: Beiva) viene considerato di transizione col lombardo bregagliotto.
La variante attualmente più parlata è il sursilvan, seguito dal vallader. Quella meno parlata è il sutsilvan.
I diversi dialetti romanci si assomigliano abbastanza tra di loro: le maggiori differenze sono nella fonetica, più alcune caratteristiche morfologiche e del lessico. Possiamo dire che grossomodo il romancio “proprio” è più innovativo e il “ladino” più conservativo. Avremo modo di vedere queste cose più in fondo.
Storia e prime attestazioni

Come vedremo più sotto, il dibattito scientifico riguardo alle origini del romancio è stato molto acceso e vivo: in generale, si ammette una certa correlazione con le varianti neolatine parlate nel Nord Italia, che poi venne interrotta nel corso del Medioevo con il formarsi di nuovi centri di aggregazione (per esempio le diocesi, o le varie signorie e potentati).
La prima testimonianza scritta del romancio è un frammento ritrovato in un codice del XII secolo: si tratta di una traduzione interlineare di un sermone latino. Si tratta di un frammento interessante dal punto di vista linguistico, ma poco rilevante da quello letterario.
La prima opera letteraria in romancio è del 1527: si tratta della Chanzun da la guerra dalg Chiasté d’Müsch, poemetto epico di 704 versi ad opera dell’engadinese Gian Travers (1483-1563). Il Travers, uomo di cultura e d’arme, fu anche autore di alcuni drammi a sfondo religioso.
In generale, la Riforma protestante diede un grande impulso alla produzione letteraria in romancio: nel 1560 vide la luce la traduzione del Nuovo Testamento – ancora in romancio putér – da parte di Jachiam Bifrun (1506-1572). Due anni più tardi vennero pubblicati i Salmi (questa volta in romancio vallader) ad opera di Durich Chiampell (1510-1582).
Nel corso del XVII secolo cominciano ad apparire i primi scritti nelle varianti renane, come nel caso del protestante Luci Gabriel (1597-1663) e del cattolico Gion Antoni Calvenzano, autore del primo catechismo in romancio (sutsilvan).
Un grande declino

Benché anticamente il romancio fosse molto diffuso, arrivando probabilmente a lambire l’area del Lago di Costanza, ben presto entrò in una fase di contrazione, per perdere progressivamente sempre più terreno.
Già a partire dal Medioevo, iniziò una forte migrazione germanica nelle terre romance: la germanizzazione fu abbastanza precoce anche a Coira, la città vescovile di riferimento per i romanci. In questo modo, non si sviluppò una variante “illustre” che facesse da riferimento per i dialetti delle diverse valli – in modo simile a quanto successo in altre lingue, come il francoprovenzale.
Come abbiamo visto, solo con la Riforma Protestante il romancio cominciò a sviluppare una forma scritta: ma di fatto si svilupparono due koinè differenti, il che fu un altro danno all’unità linguistica.
Il romancio resistette in Val Venosta fino al XVIII secolo: in quel periodo la Chiesa cattolica tirolese vedeva il ladino come un veicolo potenziale del protestantesimo dalla confinante Val Monastero, e quindi incoraggiò una rapida germanizzazione della zona.
Nel corso degli ultimi due secoli, l’uso del romancio ha avuto un tracollo impressionante, perdendo sempre più terreno a favore dello svizzero tedesco: stando ai censimenti, tra il 1803 e il 1980 la percentuale di parlanti romancio nei Grigioni è passata dal 50% al 21%. Non si sono ancora registrate inversioni di tendenza in questo senso.
Il dibattito scientifico
Il romancio giunse alla ribalta degli studi scientifici a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. In quel periodo venne notato e descritto da una nostra vecchia conoscenza, Graziadio Isaia Ascoli, che lo individuò come la sezione occidentale del gruppo linguistico “ladino”, che comprendeva anche le varietà dolomitiche e il friulano.
La teoria ascoliana, che separava il ladino dal resto dell’italiano classificandolo come una lingua a sé stante, diede vita a un lungo dibattito (conosciuto come Questione ladina: ne parlerò meglio in un altro articolo), che presto si colorò di venature nazionaliste.
I linguisti italiani (in primis Carlo Salvioni, di origine ticinese e convinto irredentista) si opposero fermamente alla teoria dell’unità ladina, e cercarono di dimostrare le profonde connessioni del romancio con le parlate della Lombardia – e affermando quindi la subalternità del romancio all’italiano.
Per contro, gli studiosi di area germanica si prodigarono nel dimostrare i caratteri originali del “ladino” engadinese, che da loro venne ribattezzato retoromanzo (tedesco: Rhätoromanisch) o romanzo grigionese (Büdnerromanisch). Dimostrando la non italianità della lingua romancia si sarebbero scongiurate eventuali mire espansionistiche dell’irredentismo italiano verso i Grigioni.
Il dibattito contribuì senza dubbio a dare lustro alla lingua romancia, che fino a quel momento era stata piuttosto negletta, e a formare una coscienza e consapevolezza linguistica che fino a quel momento era piuttosto debole.
La tutela

Nel 1938 con un referendum gli svizzeri votarono a larga maggioranza il riconoscimento del romancio come quarta lingua “nazionale” della Confederazione. In questo modo il retoromanzo non assumeva ufficialità in tutto il Paese, ma godeva comunque di un riconoscimento dalle istituzioni.
Nel 1982 viene dichiarata lingua amministrativa per la popolazione romancia, mentre nel 1999 assume definitivamente un ruolo ufficiale in tutto il Canton Grigioni. La costituzione cantonale (scritta anche in romancio) sancisce la tutela del trilinguismo e la parificazione della lingua con l’italiano e il tedesco. I Grigioni diventano così l’unico cantone ufficialmente trilingue di tutta la Svizzera.
Il romancio diviene quindi lingua amministrativa di tutti i comuni in cui è parlato da una parte considerevole dei residenti, ed è materia di studio e lingua veicolare di insegnamento nelle scuole di ogni grado di quei territori. Ciò significa che molte lezioni scolastiche vengono tenute in romancio.
Oggi ci sono 13 comuni grigionesi in cui la sola lingua ufficiale è il romancio, e altri 22 bilingui tedesco-romancio, su un totale di 125 comuni del Cantone. Stando alle statistiche, il paese con la maggior densità di parlanti romancio (più del 90%) è Medel.
La tutela statale e cantonale tuttavia non basta ancora a frenare l’emorragia linguistica, che porta sempre più parlanti verso il tedesco.
Il “Rumantsch Grischun”

Per rendere più efficace la tutela del romancio, che a metà degli Anni Ottanta era ancora scritto in cinque varianti diverse, si pensò di dotare la lingua di uno standard scritto comune, che sostituisse gradualmente gli altri cinque e potesse divenire la variante di riferimento.
Per questo motivo nel 1982 venne dato incarico al professor Heinrich Schmid (1921-1999) di elaborare uno standard grafico, che venne chiamato Rumantsch Grischun.
Il Rumantsch Grischun (qui abbreviato RG) cerca una soluzione di compromesso tra le cinque varietà storiche del romancio, anche se spesso ha come varietà di riferimento il sursilvan. Ecco qualche esempio:
- ALTO: auter (sursilvan), oter (sutsilvan, surmiran, putér, vallader) -> RG auter
- ALTRO: ault (surs.), òlt (suts.), ot (surm., put., vall.) -> RG ault
- BELLO: bi (surs., suts.), bel (surm., put., vall.) -> RG bel
- BENE: bein (surs.), bagn (suts., surm.), bain (put., vall.) -> RG bain
- BOCCA: bucca (surs., surm.), buca (suts.), buocha (put.), bocca (vall.) -> RG bucca
- CALDO: cauld (surs.), tgòld (suts.), tgod (surm.), chod (put., vall.) -> RG chaud
- CANE: tgaun (surs.), tgàn (suts.), tgang (surm.), chaun (put.), chan (vall.) -> RG chaun
- CUORE: cor (surs., suts., surm.), cour (put., vall.) -> RG cor
- DENTE: dent (surs.), daint (suts., surm., put., vall.) -> RG dent
- FAME: fom (surs., suts., surm., vall.), fam (vall.) -> RG fom
- FIGLIO: fegl (surs., suts., surm.), figl (put., vall.) -> RG figl
- FUOCO: fiug (surs.), fia/fiac (suts.), fi (surm.), fö (put., vall.) -> RG fieu
- GRANDE: grond (surs., surm., vall.), grànd (suts.), grand (put.) -> RG grond
- LEPRE: lieur (surs., suts.), glioir (surm.), leivra (put., vall.) -> RG lieur
- LUPO: luf (surs., suts., put., vall.), louf (surm.) -> RG luf
- MANO: maun (surs., put.), màn (sut.), mang (surm.), man (vall.) -> RG maun
- MORTO: miert (surs.), mort (suts., surm., put., vall.) -> RG mort
- NOTTE: notg (surs., suts., surm.), not (put., vall.) -> RG notg
- OCCHIO: egl (surs.), îl (suts.), îgl (surm.), ögl (put., vall.) -> RG egl
- ORECCHIO: ureglia (surs., suts., surm.), uraglia (put., vall.) -> RG ureglia
Nel 2001 il Rumantsch Grischun diventa la terza lingua ufficiale del Canton Grigioni, e viene adottato anche da diversi comuni romanci.
L’unico giornale di lingua romancia, La Quotidiana (edizione locale del quotidiano Südostschweiz) viene scritto in Rumantsch Grischun.
L’iniziativa appare subito brillante… tuttavia la strada dello standard conosce alcune battute d’arresto: non tutti i comuni decidono di applicare lo standard, e continuano a usare una delle cinque varietà tradizionali, e lo stesso vale per l’insegnamento scolastico.
Nel 2003 il parlamento cantonale dispone che i libri di scuola vengano progressivamente stampati solo in Rumantsch Grischun, ma deve fare marcia indietro nel 2011.
Insomma, la via per la salvezza del romancio sembra ancora molto in salita!
Caratteristiche linguistiche del romancio
La scrittura
In generale i cinque dialetti romanci hanno sistemi di scrittura molto simili, che possono essere considerati una sorta di compromesso tra l’ortografia italiana e quella tedesca. In questo modo l’elaborazione dello standard del Rumantsch Grischun è stato abbastanza facilitato, con qualche eccezione.
- <au> in puter davanti a <-n> si pronuncia [ɛ], come in paun [pɛn]
- <b> in fine di parola si pronuncia [p]
- <ch> a seconda dei dialetti, vale come [c] (engadinese) o [k] (renano)
- <d> in fine di parola è [t]
- <g> davanti a e, ia, io, iu, ö, ü vale come [Ɉ]
- <gl> si pronuncia come in italiano
- <gn> si pronuncia come in italiano
- <j> si pronuncia [j]
- <ng> in surmiran vale come [ŋ] in fine di parola (per esempio in mang, pang, “mano, pane”)
- <ö> in puter e vallader vale [ø]
- <ou> in puter e vallader può valere [o] o [ɔ]
- <s> davanti a consonante si pronuncia [ʃ] o [ʒ]
- <sch> può valere, a seconda dei casi, [ʃ] (cioè la <sc> di “scena”) o [ʒ] (cioè la <j> del francese “Jacques”)
- <s-ch> è una combinazione dei suoni [ʃ] e [c], ed è usato solo nei dialetti engadinesi
- <tg> nei dialetti renani vale come [c]
- <tsch> vale come [ʧ], cioè la “c dolce” italiana
- <ü> in puter e vallader vale [y]
- <v> in fine di parola è [f]
- <z> vale sempre [ts] (cioè la <z> dura di “azione”)
La pronuncia di <sch>, come abbiamo visto, può variare: per esempio laschar (“lasciare”) si pronuncia [la’ʃar], mentre caschiel si pronuncia [ka’ʒiel]. Insomma, per capire la pronuncia bisogna conoscere l’origine della parola: faschain [fa’ʒajn] (“facciamo”) e laschain [la’ʃain] (“lasciamo”) hanno due radici latine diverse, cioè *faciamu e *laxamu (cf. anche francese faisons/laissons).
Poiché <tg> e <ch> hanno lo stesso valore rispettivamente nelle grafie renane ed engadinesi, nel Rumantsch Grischun si è deciso di adottare una soluzione di compromesso: <ch> viene usato a inizio di parola (come in chaud, chaun), <tg> nelle altre posizioni (come in remartgas).
Evoluzioni fonetiche dal latino
Similmente alle lingue del Nord Italia e a quelle d’Oltralpe, anche in romancio c’è stato un indebolimento delle occlusive, come le latine T, C, P intervocaliche:
- FORMICA(M) -> furmia (in romancio engadinese)
- RAPA(M) -> rava
- ROTA(M) -> roda
Tuttavia, al contrario di quanto successo nel Nord Italia (a parte zone marginali, più il Friuli), si sono conservati i nessi latini BL, CL, FL, GL, PL:
- CLAVE(M) -> clav
- FLORE(M) -> flur
- GLACEU(M) -> glatsch
- PLU(S) -> pli
Inoltre, in modo simile (sebbene non collegato) a quanto successo in francese, si è avuto una semi-palatalizzazione di C, G latini di fronte ad alcune vocali (soprattutto la A, ma in parte anche la O e la U):
- AMICU(M) -> amitg (nei dialetti renani)
- CAMPU(M) -> champ
- CANE(M) -> chaun
- CASTELLU(M) -> chastè
- *CORPU(M) -> tgierp (in sursilvan)
- PORCU(M) -> portg
Nei dialetti renani la [y] e la [ø] sono scomparsi prima del XVII secolo, passando rispettivamente a [i] e [(j)e]. Perciò gli attuali mir, midar, glina e pievel, piertg, tgierp (muro, cambiare, luna, popolo, porco, corpo) del sursilvan un tempo dovevano dirsi *mür, *müdar, *glüna, *pövel, *pörtg, *tgörp: che corrispondono alle voci engadinesi mür, müdar, glüna, pövel, püerch, corp.
Un’evoluzione simile si è presentata in alcune varianti alpine lombarde: in Val Vigezzo, in Valle Antrona (VB) e nell’Onsernone (Canton Ticino).
In surmiran la [y] si è evoluta in [ej] (*mür, *tü, *madür -> meir, tei, madeir): lo stesso nome di questo dialetto deriva dalla regione chiamata Surmeir, cioè “sopra il muro”.
Nelle varietà dell’alta Engadina (e in certi casi a Bivio) la A si è palatalizzata in [e] (in sillaba libera) o [ɛ] (davanti a nasale): per esempio,
- ALA(M) -> ela
- ASINU(M) -> esan
- CLAVE(M) -> clev
- MUTARE -> müder
- PANE(M) -> paun [pɛn] (a Bivio però pang [paŋ])
In Val Monastero c’è la tendenza a spostare l’accento negli infiniti dei verbi: per esempio cumpràr, dumbràr, cuàr, cuschìr (“comprare, contare, covare, cucire”) diventano cùmprer, dùmbrer, cùer, cùscher.
Morfologia e sintassi
- il plurale, sia maschile che femminile, è sempre sigmatico: ils mirs, las coissas (“i muri, le cosce”)
- alcuni plurali sono irregolari: per esempio um -> umens (cf. lombardo om -> omen) o dunna -> dunnas/dunnauns (cf. lombardo chiavennasco dona -> donann, milanese tosa -> tosann);
- esistono alcuni plurali collettivi, come maila per “le mele” (accanto al “regolare” mails);
- nei verbi riflessivi, la particella pronominale precede il verbo all’infinito, per esempio se lavar “lavarsi”, se numnar “chiamarsi”;
- nelle varianti renane la negazione è postverbale (come in lombardo moderno) e viene espressa con l’avverbio betg (o varianti): per esempio se muantaval betga ple (a Tujetsch), sa muantaval buca pli (a Glion), cioè “non si muoveva più”;
- nelle varianti engadinesi invece la negazione è preverbale e viene espressa con l’avverbio nu: per esempio nu ‘s moveval plü (a Valsot), nu ‘s muanteival plü (ad Ardez)
- non esiste più il passato remoto, anche se è attestato almeno fino alla prima metà del Novecento in una grammatica del vallader: le sue funzioni sono state assunte dal passato prossimo;
- il pronome personale è sempre obbligatorio quando si coniugano i verbi: per esempio jau gid, ti gidas (“io aiuto, tu aiuti”), non *gid, *gidas;
- nei dialetti renani il pronome riflessivo è sa per tutte le persone verbali; in quelli engadinesi e a Bivio invece sono più differenziati (ma, ta, sa, ans, as, sa). Il Rumantsch Grischun in questo caso segue il modello engadinese;
- nei dialetti renani (e nello standard del Rumantsch Grischun) il futuro si forma con vegnir a + infinito: per esempio jou vignal a vendar damaun (Breil), i vegn a vendar els damaun (Dalin), “[li] venderò domani”; in surmiran e nel romancio engadinese invece si conserva il futuro semplice, come in i ‘ls vandarò duman (Bivio), jou als vendarè daman (Zernez), e ‘ls vendarà duman (Ramuosch);
Lessico
Il lessico romancio è molto vario e interessante sotto molti punti di vista.
Per esempio, possiede diverse parole testimoni di una latinità diversa da quella dell’Alta Italia:
- lat. ABUNDE -> avunda, “abbastanza” (cf. friulano avonde);
- lat. *APEOLU -> avieul, “ape”;
- lat. ARDERE -> arder, “bruciare” (cf. napoletano jarde; invece in italiano ardere è una parola colta);
- lat. BASILICA(M) -> baselgia, “chiesa” (cf. romeno biserică “chiesa”);
- lat. *CACEOLU(M) -> caschiel, “formaggio” (cf. il ladino ciajuel, oltre che il toscano cacio);
- lat. CENTENARIU(M) -> tschentanier, “secolo”;
- lat. CODICE(M) -> cudesch, “libro”;
- lat. INFANTE(M) -> uffant, “bambino” (cf. francese enfant);
- lat. INTELLIGERE -> entelgir, “capire”;
- lat. IRE -> ir, “andare”;
- lat. FIRMU(M) -> ferm, “forte”;
- lat. LATU(M) -> lad, “largo”;
- lat. MURE(M) -> mieur, “topo”
- lat. ORARE -> urar, “pregare”;
- lat. PLACITU(M) -> pled, “parola”;
- lat. SOLICULU(M) -> sulegl, “sole” (cf. francese soleil, friulano soreli, occitano solelh);
- lat. TITULARE -> tedlar, “sentire”;
- lat. VICU(M) -> vitg, “villaggio” (cf. toponimi lombardi come Sovigh, “Sovico”);
Inoltre è l’unica lingua neolatina moderna – assieme al rumeno – che conserva un derivato del latino ALBUS (alv) per indicare il colore “bianco”.
Alcune parole mostrano una certa vicinanza al lombardo, specie nelle sue varianti più periferiche o conservative:
- alton “autunno” (in Val Monastero), cf. lombardo di Bormio altœugn
- anda “anatra”, cf. lombardo aneda
- crap “sasso, pietra”, cf. lombardo crap “roccia, masso, rupe”
- curom “cuoio”, cf. lombardo coram
- fetg “molto”, cf. lombardo orientale féss
- gievgia “giovedì”, cf. lombardo giœubia
- lunsch “lontano”, cf. lombardo (de) lonsg (e italiano “lungi”)
- magliar “mangiare”, cf. lombardo majà
- mat, “bambino”, cf. lombardo alpino matt, mattell (“bambino, figlio, ragazzo”)
- nagut “niente”, cf. lombardo negott
- patütsch/patitsch, “spazzatura”, cf. lombardo patusc
- plova “pioggia”, cf. piœuva
- serrar, “chiudere”, cf. lombardo sarrà (su)
- tgina, “culla”, cf. lombardo cuna
- ual, “fiume”, cf. lombardo vall (“torrente”)
- utschè “uccello”, cf. lombardo antico e alpino o(n)cell (lombardo moderno e di pianura: usell, osell)
In alcuni casi invece il lessico romancio si dimostra più vicino a quello italiano rispetto a quello lombardo:
- romancio bap, lombardo pader, toscano babbo, sardo babbu
- romancio mail, lombardo pom, italiano mela
- romancio oz, lombardo incœu, italiano oggi
Infine, è innegabile una profonda influenza del tedesco: si parte da voci antiche come guaud, “bosco, foresta” (cf. Wald) o magun, “stomaco”, per arrivare a un gran numero di termini moderni, come apotecher (“farmacista”), biro (“ufficio”), ost (“est”), polizist (“poliziotto”), spieghel (“occhiali”), tempel (“tempio”).
Tra i termini moderni ci sono anche francesismi come aviun (“aereo”), bagascha (“bagaglio”), oranscha (“arancia”), schambun (“prosciutto”), tualettas (“bagni”).
Traduttore romancio italiano
La comunità romancia è molto attiva su Internet e ha sviluppato diversi vocabolari online per favorire l’apprendimento del romancio.
Per noi italofoni è disponibile MioPledari. Si tratta di un vocabolario online trilingue (italiano, romancio e tedesco). Il sistema permette di cercare lemmi tradotti non solo in Rumantsch Grischun ma anche nelle cinque varianti principali della lingua.
Per farsi un’idea
L’incipit della Chianzun dalla guerra dalg Chiasté da Müsch (1527):
Dagl tschiel et terra Onnipotaint Dieu
dom gratzchia da cumplir lg perpöest mieu;
da te scodünn’oura dess gnir cumanzeda,
par havair bun metz et meildra glivreda.
Avaunt me he eau piglió da quinter,
quaunt la guerra ans ho duos ans do da fer;
alla praisa dalg Chiasté da Clavena wöelg cumanzer
et saintza dubbi la pura vardat üser.
L’introduzione del Curt Mossament, catechismo cattolico di Gion Antoni Calvezano (del 1611):
Di quaunta impurtaunza sia la conoschientscha dellas causas della cretta, si pò conoscer da quest, che seinza quella è bigga possevel che l’hom possi venir salf; sco la santa scrittira entin blears logs plaida, per esser quella il fondament da tutta la religion Christiana. Da quest veian che ora dil fils che ieù per sona hai dourau, sina quel che quest pievel foss perfettameng mossau, et formau, introvidau entin la cretta, ieu hai pertergiau da laschar ossa ir ora quest codeschet, entil qual tutt las principalas causas della cretta con claretia si declaran.
Preambolo della costituzione cantonale grigionese in Rumantsch Grischun (2003):
Nus, il pievel dal Chantun Grischun, conscients da nossa responsabladad avant Dieu sco er envers ils conumans e la natira; cun l’intenziun da proteger la libertad, la pasch e la dignitad umana, da garantir la democrazia ed il stadi da dretg, da promover la prosperitad e la giustia sociala e da mantegnir in ambient intact per la generaziuns futuras; cun l’intenziun da promover la trilinguidad e la varietad culturala e da mantegnair quellas sco part da l’ierta istorica, ans dain la sequenta constituziun.
In questo video, persone di diverse generazioni parlano in romancio:
Bibliografia e sitografia
- Crestomazia retorumantscha (collezione dei più antichi testi romanci, iniziata nel 1880)
- Grammatica del Rumantsch Grischun (il pdf è acquistabile)
- Karl Jaberg, Jakob Jud, Sprach und Sach-Atlas Italiens und der Südschweiz, 1928-1940 (i punti dall’1 al 19, più i punti 25-29, 35 e 47 sono dedicati a località romance)
- AA. VV., Vocabolario dei dialetti della Svizzera Italiana, Bellinzona, Centro di dialettologia e di etnografia, 1956-…
- Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron, 1982
- AA. VV., Büdnerromanisch, in Lexicon der Romanischen Linguistik (LRL), Tubinga, Max Niemeyer Verlag, 1989
- Atlant linguistich dl ladin dolomitan y di dialec vejins, Wiesbaden, Dr. Ludwig Reichert Verlag, 1998
- Michel Malherbe, Dizionario enciclopedico delle lingue dell’uomo, Milano, Mondadori, 2007.
- miopledari (dizionario in linea italiano-romancio)
- Lia Rumantscha (associazione per la tutela del romancio) http://www.liarumantscha.ch/