Pota. Chi non conosce questa parola? Quasi nessuno. Tant’è che una delle domande più poste ai bergamaschi, dopo sei di Berghem de Sora o de Sota è cosa vuol dire pota?
E questa è una delle domande a cui risponderò in questo articolo!
Indice
Il significato di pota
Pota non ha un vero e proprio significato.
È una generica esclamazione non volgare, traducibile in italiano con “accipicchia!” o se ci piace il gusto antico con “corbezzoli!”
Tuttavia ha un uso più esteso, visto che può esprimere:
- rassegnazione: Pota, ho perso davvero le bollette.
- rabbia: pota, è mezz’ora che ti aspetto!;
- stupore: pota, ma è enorme!;
In moltissimi casi è usato come un intercalare, cioè una parola messa in mezzo al discorso per riprendere fiato e pensare a cosa dire: Sono andato dal fruttivendolo e, pota, mi ha detto che le pesche erano finite.
Bresciano o bergamasco?
La lotta tra Brescia e Bergamo è ormai proverbiale, ed ha un’origine antica. Infatti trae le sue origini con tutta probabilità dalla Battaglia di Rudiano nel 1191, che vide un massacro dei soldati bergamaschi da parte bresciana.
Ovviamente questa battaglia, unita ad un pizzico di campanilismo, si è insidiata anche nel campo linguistico, e dunque si litiga anche sulla paternità delle parole: pota è dialetto bergamasco o dialetto bresciano?
Tutti e due!
Infatti è un’esclamazione ben diffusa in tutta la Lombardia orientale, sia a Brescia sia a Bergamo, anche se nel resto d’Italia rappresenta decisamente più lo stereotipo del bergamasco, quello che di mestiere fa il muratore, che parla con un marcato accento e che fa la polenta a pranzo e a cena.
Dall’altra parte del fiume Oglio, il rapper Dellino Farmer, nelle sue brescianissime canzoni come Welcome to Padania o 20-25-30 usa spessissimo l’intercalare, da lui interpretato come Polenta – Osèi – Terra – Agricolo in una delle sue prime canzoni.
Pota è una parolaccia?
Qualcuno afferma che pota sia un termine volgare equivalente all’italiano figa.
Ma se tu questo lo dici a qualsiasi bergamasco o bresciano, stai sicuro che ti guarderà così:
E poi ti risponderà: ma cosa stai dicendo? Pota è una parola che usano tutti, anche donne, preti e bambini!
Possiamo essere dunque sicuri che oggi, nella Lombardia orientale, il pota è una parola pulitissima che viene usata ovunque senza malizia.
Tuttavia, ci sono motivi per ritenere che il pota bergamasco e bresciano in un lontano passato avesse un significato molto meno fine.
Da dove viene Pota?
Un’origine osé
L’ipotesi più accreditata vede pota come un’esclamazione volgare equivalente all’italiano figa.
In effetti, in veneto pota significa ‘vulva’, così come nell’italiano antico era diffuso il termine potta dallo stesso significato.
Inoltre, molte delle esclamazioni delle lingue d’Italia hanno una qualche allusione sessuale. Basti pensare al siciliano minchia ad esempio, oppure all’utilizzo estensivo che si fa in italiano delle parole cazzo e figa. Quindi, è ragionevole ritenere che pota abbia proprio questa origine.
Eppure, la parola odierna lombarda che indica l’equivalente dell’italiano figa non è pota, bensì broeugna, letteralmente “prugna” (che curiosamente indica anche l’obitorio). Broeugna non viene però usato come esclamazione. E di pota con significato volgare sembra non esserci traccia nel lombardo contemporaneo, tanto che gli stessi parlanti, quando scoprono questa etimologia, rimangono perplessi.
Il mistero si infittisce…
Dal latino Pōtare
In latino il verbo pōtare vuol dire “bere”, “berci su”. E l’imperativo è proprio… “potā“.
Insomma, l’intercalare tipico delle Orobie significherebbe ‘bevici su’, nel senso di ‘non ci pensare’. Questa spiegazione etimologica tra l’altro calza a pennello con l’utilizzo attuale di questo termine da parte dei bergamaschi e dei bresciani che di fronte ai bocconi amari della vita rispondono con un rasserenante: pota!
Tutto fila liscio. Ma c’è un problema: la T del latino in mezzo a due vocali in lingua lombarda diventa sempre D. Quindi, a regola, dovremmo avere *poda…
Perché questo non accade?
In origine era il *pottus
Un nostro lettore, Giovanni Pontoglio, ci ha segnalato un’etimologia molto interessante tratta da un’opera del linguista Glauco Sanga.
Secondo questa teoria, la parola pota deriva da un latino tardo *pottus “vaso per bere; pentola”.
Il vocabolo ha dato origine al verbo potare, cioè ‘bere con il pottus‘. La -TT- latina nel lombardo equivale a una -T- singola. Da qui arriviamo facilmente a spiegare la T di pota.
Ma non è tutto! Infatti, anche le parole legate al significato osceno avrebbero questa origine (non farmi spiegare il perché, tanto l’avrai capito…). Da *pottus derivano non solo il pota veneziano e il potta del toscano, ma anche il termine volgare italiano puttana (quindi, letteralmente significherebbe ‘colei che per mestiere usa la potta‘).
Quindi, il pota che si sente così spesso tra Bergamo e Brescia è nato… dalle stoviglie che usavano i Romani!
Proverbi bergamaschi e bresciani con pota
Alcuni proverbi che contengono la parola pota:
Pòta a ‘l dis ol frat quand che ‘l se scòta, se ‘l frat a ‘l se scota mia pòta ‘l la dis mia!
Pota dice il frate quando si scotta, se non si scotta, non lo dice!
Pòta i dis i fracc quand che i se scòta, ma se i se spisiga i dis figa!
Pota dicono i frati quando si scottano, ma se si pizzicano dicono figa!
In tutto questo troviamo anche la quadra del cerchio: esiste anche un vecchio proverbio che vede l’uso della parola nel significato di ‘vulva’!
El tira de pü ‘n pel de pòta che cent caai che i tròta
Non devo tradurlo, vero? 😉
Pota in musica!
In questa simpatica canzone del cantautore Luciano Ravasio si possono sentire un po’ di esempi e frasi fatte bergamasche. Il titolo, manco a dirlo, è pota!
Per par condicio, ecco direttamente dalla provincia di Brescia una delle primissime canzoni di Dellino Farmer (che all’epoca faceva parte di un duo rap chiamato Italian Farmer).
Pota nel marketing
Non sembra, ma le lingue regionali fanno fare i soldi.
E’ il caso della distilleria Locatelli di Mapello (BG), che ha inaugurato un nuovo tipo di grappa al 100% bergamasca. E infatti si chiama Pota, che grappa!
Tutto il processo di produzione avviene all’interno dei confini orobici, dall’uva Cabernet e Merlot usata per produrre il distillato fino all’imbottigliamento e alla vendita al pubblico.
Attualmente questa grappa si trova in commercio solo presso le distillerie di Sarnico (BG), ed è prodotta in quantità limitata. Inutile dire che i collezionisti sono già a caccia…
Le due etimologie, quella che collega l’esclamazione in questione al latino POTARE e quella più triviale non sono in contrasto.
G.Sanga (“Dialetto e Folklore. Ricerca a Cigole”, Milano 1979 ipotezza una provenienza da un latino tardo *POTTUS “vaso per bere; pentola” (aggiungo io: quindi collegato con POTARE, con inversione però delle due quantità di -ot-: abbreviamento della -o- e geminazione della -t-, altrimenti non sarebbero spiegabili né la qualità aperta della -ò-, né la mancata sonorizzazone della dentale). Diffusa è l’evoluzione da termini aventi questo significato base a quello dell’organo femminile, o anche della donna che ne (ab)usi professionalmente.
Possibile, anzi, probabile!
La spiegazione del sig. Pontoglio mi sembra quella definitiva, visto che inoltre l’uso del suddetto *potta nel senso anatomico è più che attestato nella letteratura e nei dialetti.
Mi sento peraltro di riprendere l’osservazione circa l’assenza di sonorità in -t-, che esclude una derivazione dall’imperativo *pota, proprio perché -t- presente in tale voce avrebbe dovuto dare come esito un -d- (come in lat. petra —> preta —> preda) mentre la -o- avrebbe dovuto dare -ö- , come in lat. rota —> röda, e quindi in conclusione *pota (nel senso di “bevi!” avrebbe dovuto dare *pöda!”. In bergamasco invece il verbo per “bere” risulta generalmente derivato, come per il resto dell’italiano, da lat. “bibere”.
In Spagnolo, puta è usato esattamente con la stessa intonazione del Bergamasco e Bresciano pota. In Spagnolo c’è pero’ anche la variante: Puta madre!
In realtà, a una analisi più approfondita, la derivazione di “potare” da “pottus” sembra da escludere per motivi, oltre che strettamente semantici, soprattutto cronologici: “potare” esiste già nel latino classico, mentre “pottus” compare solo nel latino tardo; sembra quindi di dover definitivamente eliminare dalle nostre considerazioni il verbo “potare”.
L’origine più probabile del latino “pottus” sembra invece semmai da riconoscere nel celtico “pot” (“pentola”, “vaso”), passato (per esempio) tal quale in inglese fino a tutt’oggi.
La trafila quindi sarebbe:
Celtico POT (“pentola”, “vaso”) —> Latino POTTUS —> Italiano antico e dialetti moderni POTTA —> Bergamasco e Bresciano “POTA”
Absit iniuria verbis.
allora come traducete questo? “El tira pu see un pel de pota che cent cavai che trota…” pota, vuol dire tante cose…. 🙂
“El tira pusee un pel de pota che cent cavai che i trota…” è milanese, quindi pota in questo caso è più vicino al pöta spagnolo, è Veramente esigua la contaminazione tra le rive dell’Adda, per ragioni storiche.
(commento riscritto perché malformato, mi scuso)
Pota è un intercalare. può voler dire più cose, essere un rafforzativo esclamativo interrogativo (Pota, del bù!?, davvero?!), giustificativo (Eh, pota…; cosa ci vuoi fare?), offensivo (Pota encùlet; e allora vai a farti fottere). Pota NON è una parolaccia. Generalmente però è seguito da una parolaccia (v. sopra, o “pota figa”…). Vi consiglio di guardare questo video di Vincenzo Regis, straordinario nello spiegare il pota. https://www.youtube.com/watch?v=0Kn39CSy_ns
Ultima cosa: tra quello bresciano e bergamasco non vi è alcuna differenza sostanziale.
Ma chiedo ad esperti o madrelingua (purchè non influenzati da campanilismi), bresciano e bergamasco quanto sono vicini come varianti? Perchè a seconda delle fonti, si passa dall’essere lo stesso dialetto con accenti diversi, all’ essere talmente differenti che per uno l’altra variante è turco, e viceversa…
Ciao! Bresciano e bergamasco (più il cremasco) condividono alcune importanti caratteristiche comuni, che in genere li raggruppano insieme nel cosiddetto ‘lombardo orientale’. In gran parte si tratta di evoluzioni fonetiche che hanno in parte distanziato questi tre dialetti dalle altre varietà del lombardo.
All’interno del lombardo orientale poi si possono mettere da una parte bergamasco, cremasco e il dialetto della Val Camonica (che hanno alcune caratteristiche più “occidentali” che li ricollegano maggiormente al modello milanese), e dall’altra il bresciano di città e di pianura, che ha alcune proprie peculiarità.
In genere però si tratta di piccole cose che non impediscono di vedere i tre grandi dialetti orientali come abbastanza omogenei.
…Niente. (si comincia così, spesso, neh?). Non voglio “commentare”; trovo quasi esauriente il “mini trattato” sulla nostra esclamazione; con Papi (santi!) bergamaschi e bresciani recenti, e veneti, aggiungerei tranquillo: “Pòta!” i a dis pòa ‘l papa, kwankè l’sè skòta. Valga quel che vale (o meno), ho attaccato bottone… e cucio.
— …éccolo, a pennello, a puntino … il vernacolìssimo nostrano ricorrente “pòtare”. E “pòta” di qua, e “pòta” di là, ma “pòta, a te!”, pò “pòta, signùr…” è “pòta, madòna!”. Aah, pòta…: si può mica spiegàr in poche righe, appunto. Contentàndoci qui d’accennàr un possìbile nesso col latino “potare=bere”, con vetusti lìguri/vèneti riferimenti a “pozze”, con un raro antico italiano “potìssimo/a” (trovato ad esèmpio applicato a “ragione” col significato, presumo, di “chiarìssima e importantìssima” ; e, birichinamente, “profonda”…?); per chiuder provvisoriamente su un prosaicìssimo ancor latino “putare=pensare/ritenere”. Pòta: più di così, in così poco (e però pur strano accostamento, vero?, fra pensare e bere…)… Potare/tagliare sempre, quando lo s’incontra da tradurre? Ma… c’è il greco, anche! Si legge “pote (eòlico: pota) avvèrbio indef. encl. … con senso di indeterminatezza” e altrove “Ti pot’oun o ànthropos”, che vale “pòta!, cos’è poi mai… l’uomo!?” (Platone, Alcibìade, 129e). …Basta? Comùnque, per non imbarazzàr l’italiano, diremo: vale per “beh… ecco…; oh bèh, già, certo, certo…; eh, cosa vuoi…; mah!, farci cosa?” in tutte le salse d’ironia, dubbiosità, scusante, meravìglia: e non avremo detto tutto, ma abbastanza per casi d’ordinària conversazione. Dùnque, non “intraducìbile”: soltanto polivalente, multifunzionale, còmodo refugiumpeccatorum. Senza òbbligo, neh, di… bere (nel senso di berci sopra, nè di prender per oro colato), ma casomai di “prova a pensàr un po’ tu quello che vuoi: io non mi sbilàncio… e vediamo di tagliàr corto!” Non certamente vàlido esaustivo argomento in questioni d’avvocatura, benchè spesso uguale a “ho/hai finito le cartucce… inùtile procédere con la discussione.” Mettiàmola così, qua, fra noi…? –
[èccola: ho detto anch’io la mia. per qualcosa di più, passate nel sito “orobikedanse.wixsite.com/orobike varianti” (tutto unito). Chissà che ci divertiamo anche… sperimentando un “alfabeto oròbiko per il 2000”!]
Pota, al dis ol fra’ quando al sa scota ,va inteso come : Figa,dice il frate quando si scotta (Scotta = Togliersi l’abito talare o Cotta)
Ma scusate Puttana non deriva da Putto nel senso di ragazzo? Cosa centra il Pot(tus) come vaso in tal senso?
Propongo un’altra ipotesi. Pota potrebbe venire dal latino “postea”, cioè dopo, come nell’espressioni italiane Ah! Questa poi! Oppure: dopotutto …io etc., come in questa frase del cap VI de Promessi Sposi: “Poh! zia; non son poi un ragazzo”.
Lungo l’Oglio si dice la stessa cosa
Pota è una “parolaccia” che col tempo si è “purificata” Si dice proverbialmente che “Pòta i la dìs a’ i fra quan’ che i sa scòta”. Una parolaccia che scappa ai frati che si scottano è perché è talmente diffusa e comune da essere detta perfino da loro.
Altri significati, pur storicamente fondati non sono più radicati nel volgo comune.
Pòta, dunque ha vita a sé e viene usata nelle svariate espressioni dell’intercalare.
Provo a fare un esempio comparativo.
Che “cazzo” fai? …dici? “Cazzo”, non ci voleva. E che “Cazzo” è?
Provando a pesarci, troverai altri esempi più appropriati dei miei e tutti indicheranno questo scostamento dall’originale significato del termine con l’uso che se ne fa.
Buongiorno
Dato per scontato che ritengo Antonio Tiraboschi il principale punto di riferimento per ciò che riguarda il significato delle parole bergamasche, alla voce POTA , scriveva: “parte vergognosa delle femmine”.
Questo credo non dia molto spazio ad ulteriori significati, non dobbiamo dimenticare inoltre i 4 secoli di dominazione veneta che sicuramente anche nel lessico avran pur lasciato traccia.
Grazie
Guido
A scanso di equivoci, in bergamasco potare si dice stongià. Prospettai a un ligure una delle interpretazioni di pòta, quella sessuale. Mi rispose: belìn, allora è il complementare del nostro belìn! Un mio ardito e fantasioso riferimento all’intercalere “pòta”, potrebbe essere l’intercalare argentino CHE, che in lingua tupi guaranì significa “ehi tu” . Un po’ come “uìtte” che si usava una volta da noi per attirare l’attenzione.
A scanso di equivoci, in bergamasco potare si dice stongià. Prospettai a un ligure una delle interpretazioni di pòta, quella sessuale. Mi rispose: belìn, allora è il complementare del nostro belìn! Un mio ardito e fantasioso riferimento all’intercalere “pòta”, potrebbe essere l’intercalare argentino CHE, che in lingua tupi guaranì significa “ehi tu” . Un po’ come “uìtte” che si usava una volta da noi per attirare l’attenzione.
“Pota st’ an sarà care le bolete”…e mia entese come macie nde le mödande…
Pota so mia me che ghè sucess…
“Pota figa casso”…anche così si dice, in un colpo tutte e 3, nelle zone rurali di confine tra Bs, Bg e Cr.
In città si è diventati tutti un pò più “fighetti”…si stà lentamente perdendo anche il dialetto e le sue varie sfacettature, che peccato.