Pochi, ormai, sanno parlare il milanese in modo corretto. E molti meno sanno scriverlo.
Ci sono tuttavia cinque errori di scrittura che, se fatti, ti faranno sembrare irrimediabilmente un giargiana. Anzi, un giargianese, perchè giargiana giargiana non è una parola milanese 😉
Te capì/Te vist
Forse saprai che il milanese ha varie ortografie poiché non esiste un singolo ente che lo regola. Tuttavia nessuna grafia giustìfica il modo in cui è scritto “te capì” o “te vist”, perché è un gran problema grammaticale!
Pensaci un po’: dov’è il verbo ausiliare nella frase scritta così? È come scrivere in italiano “ai capito”: la pronuncia è quella, ma che errore!
Allora, com’è composta in realtà questa forma?
Come si scrive te capì in modo corretto
Partiamo dalla base: come è strutturata la frase in lombardo?
La struttura è composta da:
Pronome personale + pronome clitico + verbo ausiliare + verbo
Di conseguenza, in milanese per dire ‘tu hai capito’ diremo ti t’hee capi, di cui:
- Ti è il pronome personale
- T’ (che in esteso è te) è il clitico
- hee è l’ausiliare
- Capi è il verbo
Prima c’è il soggetto, che è “ti“. Tuttavia il soggetto è facoltativo, e spesso si omette. Come in italiano possiamo dire tu hai capito o hai capito, in milanese possiamo dire ti t’hee capi e t’hee capì.
A differenza dell’italiano, in lombardo c’è un pronome clitico, cioè un secondo pronome che rafforza il principale e che è obbligatorio nella coniugazione verbale. Quindi devi dire per forza t’hee capi perché la forma *hee capì non esiste.
Passiamo a hee, il verbo avere. Non c’è consenso unanime su come scrivere questo verbo in questa forma. Io solitamente uso hee che è tipico della grafia classica milanese. In Scriver lombard (la grafia lombarda polinomica di Lissander Brasca) si scrive heet. Al limite si possono accettare anche forme come ee o addirittura é. L’importante è marcare la separazione tra pronome clitico e verbo avere, altrimenti non ha senso. Quindi, niente T attaccata al verbo avere!
Infine abbiamo il verbo che regge la frase. Per fortuna, sia che lo si scriva capì (come nella grafia classica milanese), capid (come in Scriver Lombard) o in altri modi, è sempre distinguibile dal resto della frase. Fino a prova contraria, beninteso: le “grafie spontanee” riescono sempre a sorprenderci!
Desciules
Il diagramma SC in italiano si pronuncia sempre con un unico suono fricativo (la SC di scimmia) in vicinanza di I e E. L’unico caso in cui questo non accade è la parola scervellarsi: qui la S e la C normalmente si pronunciano separate, ma è accettata anche la pronuncia standard.
Questo non accade nella lingua lombarda: quando S e C si pronunciano separate, non è possibile pronunciarle con la SC di scimmia.
Quindi, il fucile si pronuncia s’ciop, non sciop, altrimenti le persone crederanno che stai parlando di un negozio. Il verbo mescolare si pronuncia mes’cià, non mescià altrimenti qualcuno potrebbe credere che stai dicendo me scià, letteralmente “io qui”.
È quindi necessario separare le due lettere per far capire al parlante che deve pronunciare due suoni separati. Tradizionalmente si fa con l’apostrofo, ma qualcuno usa un trattino o un puntino.
Quindi in milanese corretto sì scrive des’cioles. Ricorda che nella grafia milanese la O si pronuncia come la U italiana.
Sperem
Un po’ come accade in francese, la grafia milanese usa alcune scorciatoie per segnalare accenti e questioni fonetiche.
Ad esempio sapevi che si scrive “scoeula” perché alcuni dialetti rotacizzano quella r mentre si scrive “paròlla” perché nessun dialetto lo fa?
Ma torniamo a noi. In genere a Milano usiamo sperèm, con l’accento sull’ultima E, con significato di “speriamo!” all’imperativo presente. Se scriviamo sperem nudo e crudo, qualcuno potrebbe capire spérem. E non capirà, perché spérem è una varietà di sperom, che significa ancora ‘speriamo’, ma all’indicativo!
Avete quindi due possibilità di scrivere questa parola ed essere sicuri di essere capiti:
- Scrivere speremm secondo la grafia classica milanese. Quella doppia M ha la funzione di spostare l’accento, segnalando la forma imperativa.
- Scrivere sperèm con l’accento. Non sarà corretto al 100% secondo la grafia milanese, ma almeno si capisce!
Sant’Ambroeus
Come può essere il Santo di Milano una roba da giargianesi?!
Pensaci: a Milano la parola per “Santo” è “Sant”. Non c’è alcuna lettera che viene elisa quando si parla di un santo!
Ergo la scrittura corretta è Sant Ambroeus.
Attenzione, pero! Il femminile santa si dice come in italiano, e quindi ci va l’apostrofo. Ad esempio, se parlate di Sant’Agnese anche in milanese resta l’apostrofo e diremo Sant’Agnesa.
Praticamente la stessa regola dell’articolo italiano un: al maschile non va con l’apostrofo, ma al femminile sì. Tienilo a mente, la prossima volta che dovrai scrivere di santi in milanese!
Figa
Premessa: questl’utlima parola è scritta correttamente perché in milanese si scrive esattamente come in italiano. Usarla per marcare la milanesità di un discorso, invece, sì che è sbagliato!
Come spiegavo nell’articolo su cinque termini che credevi milanesi ma che non lo sono figa non è un intercalare nativo di Milano.
Quindi, le volte che mi capita leggere frasi infarcite di questa parola nei gruppi dove si discute in milanese, mi viene sempre un po’ di fastidio.
E allora mi saltano alla mente 2 esclamazioni 100% milanesi:
- La prima, semplice e pacata, è cribbi, poi italianizzato in cribbio, che indica letteralmente il crivello, ma è un chiaro eufemismo della parola Cristo;
- L’esclamazione d’oro è, invece, cazz. Va bene per ogni evenienza. È in sostanza il vestito buono del milanese inversato!
Questi sono a mio avviso le 5 parole milanesi che è assolutamente necessario scrivere correttamente (o non scrivere affatto!). Ne conosci altre? Se sì, scrivile nei commenti così ne discutiamo!
Grazie per la “sci/sce” italiano con la scrittura sc’ per la lingua lombarda. Esempio: sc’cèpa cazù : la ù tedesca è complicato scriverla perché sul compiuter italiano non c’è la dieresi. Anche la o tedesca coi due puntini, l’editore del Porta scelse “oe” perché non aveva i due puntini sulla o . Penso che in un mondo che impone il plurilinguismo, potrebbe essere più facile da leggere un dittongo scritto con le scelte internazionali. In ogni cao grazie infinite per queste preoccupazioni, scelte e spiegazioni.
Veramente non trovo del tutto assurdo scrivere il clitico soggetto unito alla forma verbale vera e propria, giacché questo clitico non ha più funzione sintattica di soggetto — come dimostra il fatto che nei dialetti lombardi si può dire TI te pàrlet, LÜ el parla, LA SORÈLA la pàrla … con un vero soggetto che non si sostituisce la clitico — bensì piuttosto quello di marca della persona del verbo; si ha cioè una situazione tipologicamente simile a quella delle lingue semitiche, dove la coniugazione del verbo per persone avviene mediante l’uso simultaneo di prefissi e suffissi, e come in tali lingue, in alcune persone si ha anche una differenziazione tra maschile e femminile (nei dialetti lomardi ciò di solito alla 3° persona).
Ciò giustificherebbe la scrittura unita: tì tepàrlet, lü elparla (anzi lü ‘lpàrla), la sorèla lapàrla (naturalmente tale scrittura unita dovrebbe essere applicata in modo sistematico).
C’è però una limitazione alla validità di questo discorso, e cioè il fatto che nei dialetti lombardi (e galloitalici, nel senso di cisalpini, in genere) l’eventuale particella pronominale complemento s’interpone tra il clitico in questione e la radice verbale: es. lü ‘l me la dèrf (“lui me l’apre”), il che depone a favore d’una parziale indipendenza di detto elemento dalla forma verbale propriamente detta.
Quindi in definitiva la tradizione grafia staccata mi sembra consigliabile.
Bon dia 🙂
Bello quel des’cioles. A Ventimiglia hanno questa teoria sul´origine del verbo:
Franco Zoccoli, ci assicura del fatto che il termine descciulàsse, palesato come “sollecitare, disimpegnare”, derivi dalla richiesta rivolta ad una coppia di cani, da troppo tempo congiunta, intenta a “ciulà”, perché interrompesse in fretta quella poco edificante situazione.
https://www.cumpagniadiventemigliusi.it/index.php/parole-nustrae/472-parole-genuine?fbclid=IwAR0JRuSXbxoUuWU2fPz_Yyhw-szJ192p5tzI3-fQ0FEMwHkXsS2Kt-yQr4w
“Veramente non trovo del tutto assurdo scrivere il clitico soggetto unito alla forma verbale (..) si ha cioè una situazione tipologicamente simile a quella delle lingue semitiche,”
Un punto di vista interessante. In euskera (basco) ad esempio, la coniugazione consiste nell´unione della forma verbale e le persone coinvolte: eman dizut ‘te l´ho dato’, dove “zu” è la marca della seconda persona singolare e “t” quella della prima
Ho trovato bei post qui. Mi piace il modo in cui scrivi. Perfetto!
Non sono d’accordo sulla lettera o letta u. Io preferisco scrivere le u con i diversi accenti acuto o grave a seconda della pronuncia. Con l’accento grave riproponiamo il suono della u in “più”, con l’acuto una u che in italiano non esiste ma che in milanese è presente, come nella parola “scúr”, diversa dall’italiano “scùro”.
Io credo che per il milanese, e non solo, sia utile utilizzare bene gli accenti e gli altri segni grafici:
* Scür (scuro)
* Adòs (addosso), Adès (adesso)
* Gió (giù), Francés (francese)
* Öf (uovo)
Per desciulà non mi piace l’apostrofo, perché in genere presuppone la mancanza di un lettera, che in questo caso invece non manca… Si potrebbe usare l’Hacek?
Desčiulà (sbrigarsi), sčiupà (scoppiare)
“figa” lo dicono solo i giargianesi e i comici sfigati che li perculano.
cribbi!
Nelle tastiere basate sui sistemi Windows la umlaut si produce premendo i tasti CTRL+MAIUSC + : prima si premere il tasto della voce.sulla quale la si vuole porre (es CTRL + MAIUS+: seguito da e produrrà ë)