Una lista di errori di traduzione, divertenti e non, di toponimi in lingua regionale. Quando sei un geografo che non sa il “dialetto” e tenti di tradurre tutto in italiano…
L’italiano, come è noto a tutti, è la lingua ufficiale dell’Italia (e della maggioranza degli Stati regionali che l’hanno preceduta).
Questo ha determinato una progressiva estensione di tale lingua in ogni aspetto amministrativo del Paese: tra questi, ovviamente, quello dei nomi di luogo, siano essi paesi, corsi d’acqua, montagne o isole.
Infatti, qualche secolo fa solo pochi nomi di luogo avevano un corrispettivo in lingua italiana: grandi città, fiumi e valli importanti, eccetera. La stragrande maggioranza della toponomastica italiana aveva solo un nome, quello nella lingua locale.
Così venne iniziato, con modalità diverse, un lungo processo di italianizzazione della toponomastica, partito ai tempi delle Signorie e conclusosi a metà Novecento.
Modalità di traduzione in italiano
In molti casi queste traduzioni sono blandi adattamenti del nome locale: per esempio i lombardi Cornaree, Nosee, Rogoree, Castegnedol diventano Cornaredo, Nosedo, Rogoredo, Castenedolo (letteralmente: “campo di cornioli”, “bosco di noci”, “querceto”, “piccolo castagneto”).
In altri casi, si adottarono nomi dal sapore classico, come nel caso di Bûragh San Dunén, Castrugiuvanni e Muntalauni, che divennero Fidenza, Enna e Vibo Valentia.
In altri casi ancora, tuttavia, le traduzioni presentano degli svarioni notevoli, che tradiscono completamente il significato originale del nome. Le ragioni di questi travisamenti vanno dall’incompetenza dei cartografi (che non conoscevano la lingua del posto) alla fretta – specie sotto il fascismo – di cancellare tracce di lingue diverse dall’italiano.
In questo articolo, vedremo undici dei casi più eclatanti.
Cima Garibaldi (SO, BZ)
La montagna, alta 2.843 metri, si trova al confine tra la Lombardia, l’Alto Adige e il Canton Grigioni. In questo modo costituisce un punto d’incontro tra tre mondi linguistici differenti: l’italiano (cioè il lombardo) da una parte, dall’altra il tedesco e dall’altra ancora il romancio.
Per questa ragione, in tedesco e romancio è conosciuta con il nome di Dreisprachenspitze o Piz da las Trais Linguas (letteralmente “pizzo delle tre lingue”).
Il regime fascista, che voleva negare la presenza del tedesco in Alto Adige, preferì coprire il toponimo con un riferimento all’eroe del Risorgimento italiano.
Cormaiore (AO)
Alla fine degli Anni Trenta, il fascismo cominciò a dare una stretta decisiva all’italianizzazione della Val d’Aosta che, pur essendo da sempre un dominio legato alla dinastia savoiarda, aveva mantenuto per secoli il francese come lingua amministrativa.
Questa politica si tradusse nella traduzione sistematica di tutti i nomi dei comuni valdostani, lasciando però molto a desiderare per quello che riguarda la qualità del lavoro svolto.
Tra i molti casi che si possono citare, quello di Courmayeur (in francoprovenzale Croméyeui) è uno dei più buffi: nonostante il toponimo derivi chiaramente dal latino “curia maior” e si potesse tradurre facilmente in Cortemaggiore, si preferì coniare un inspiegabile “Cormaiore”.
Dal 1946 tutti i comuni valdostani riacquistarono il nome francese, e le italianizzazioni finirono nel dimenticatoio.
Golfo Aranci (SS)
Questa bella località turistica della Sardegna settentrionale può far pensare ad ampi frutteti. Giusto?
E invece no: il nome originale in gallurese (varietà meridionale del corso) è Golfu di li Ranci, che letteralmente significa golfo dei GRANCHI!
Isola dei Cavoli (Sud Sardegna)
Questa isoletta del Mar Tirreno si trova nel comune di Villasimius, e suggerisce la presenza di campi di cavoli sul suo territorio. Logico, regolare.
Peccato che il sardo Isula de is Càvurus non si riferisca ai cavoli ma, ancora una volta, ai granchi.
NOTIZIA BONUS: in sardo Villasimius non si chiama Villasimius, ma Crabonaxa!
Isola di Mal di Ventre (OR)
Il nome di questa isola sarda sembra così curioso da parere quasi inventato.
E infatti è così: il nome sardo, Malu ‘Entu, non significa “mal di ventre”, bensì “vento cattivo”. E in effetti, un riferimento alle burrasche pare molto più indicato per un’isola, piuttosto che quello ai dolori intestinali!
Monte Disgrazia (SO)
La cima lombarda, alta 3.678 metri, pare minacciare lutti e pericoli a chi osi scalarla.
In realtà pare che il nome originale di questa montagna valtellinese sia Des’giascia, che letteralmente significa “Disghiaccia”: dunque, un riferimento allo scioglimento dei suoi ghiacciai e ai numerosi torrenti che da lì nascono.
Monte Guglielmo (BS)
In lombardo il nome della montagna è Gœulem, termine che si ricollega al latino culmen, cioè “cima, sommità”. L’italianizzazione, esistente da secoli, tira in causa un non ben precisato signor Guglielmo: tale errore è così marchiano che in alcune cartine (tra cui quelle militari dell’IGM) è presente il nome lombardo accanto a quello ufficiale italiano.
Monte Rosa (AO, VC)
L’etimologia popolare afferma che questa montagna sia “rosa” per via del riflesso del tramonto sulla neve. Tuttavia, questo fenomeno si può riscontrare su qualsiasi cima innevata del mondo (anche, per esempio, sul Monte Bianco).
E infatti non è questa l’origine del nome.
“Rosa” non è altro che un’interpretazione sbagliata del francoprovenzale rouja (ad Ayas), róizi (a Champorcher), rouézi (a Hône), derivato dal latino rosia, che significa semplicemente ghiacciaio. Allo stesso modo, i walser di Gressoney chiamano la montagna Gletscher (“ghiacciaio”); quelli di Alagna, invece, usano un nome completamente diverso: dr Gourner (“il corno, la cima”).
Pradleve (CN)
Contemporaneamente a quanto successo in Val d’Aosta, così anche nelle valli alpine del Cuneese e del Torinese vi fu un’intensa attività di italianizzazione voluta dal fascismo.
Un caso interessante è quello del comune di Pradleves, che al tempo del regime venne privato della S finale, considerata troppo straniera.
Come avvenuto per toponimi valdostani come Courmayeur/Cormaiore (vedi sopra), anche in questo caso l’italianizzazione è totalmente priva di senso: soprattutto se si pensa che il nome locale occitano è facilmente traducibile come “Prato delle Acque”!
Una sorte simile accadde al paese di Sampeyre, italianizzato in Sampeire, senza pensare che la traduzione italiana fosse un facilissimo “San Pietro”.
La maggior parte (non tutti) dei toponimi italianizzati nelle valli piemontesi ripristinò la sua forma originale a cavallo tra gli Anni Quaranta e Cinquanta.
Prevalle (BS)
In questo caso, ci troviamo di fronte a un’italianizzazione dettata dal senso del pudore.
Il nome originale lombardo di questo comune della Val Sabbia è Gojon (pronuncia bresciana: [gu’ju]), termine che probabilmente deriva dalla voce goj, che significa “pozza, pantano, pozzanghera”.
In italiano però venne originariamente tradotto come “Goglione”: dopo qualche anno, per timore dei doppi sensi, si preferì dare al comune il nome di Prevalle, molto più casto e neutrale. Tuttavia, la frazione di Goglione di Sopra mantiene ancora oggi il vecchio nome.
Per ironia della sorte, anche un altro comune della Val Sabbia ha avuto un destino simile: si tratta di Capovalle, già noto come Hano, dal lombardo An (pronuncia bresciana: [a]).
Valle Fiscalina (BZ)
Tra le province italiane più colpite dall’italianizzazione sistematica, un posto d’onore lo merita l’Alto Adige. In questo caso, come per la Valle d’Aosta, l’italianizzazione era innanzitutto un modo di condurre una lotta politica di assimilazione di popolazioni che avevano il vizio di non parlare la lingua nazionale.
Le commissioni di esperti, guidate dal nazionalista Ettore Tolomei (1865-1952), si profusero negli anni in un capillare lavoro di sostituzione di tutti i nomi di luogo tedeschi con traduzioni italiane. In alcuni casi si trattava di toponimi già esistenti, o ricalcati dalla forma ladina; in altri si trattò di riesumare antichi nomi latini presenti in codici medievali.
Ma in molti casi si procedette all’invenzione pura e semplice, anche se giustificata da pseudo-etimologie.
Questo è il caso della Fischleintal, che venne convertita in “Valle Fiscalina”, un po’ per assonanza col nome tedesco, un po’ asserendo che il toponimo derivava da una radice latina fiscus.
Ma cosa vuol dire Fischleintal in tedesco? Semplice: valle del pesciolino!
Questa è una breve rassegna delle traduzioni maldestre più famose d’Italia. Ciò non toglie che ce ne siano molte altre!
Se ne conosci alcune, segnalacele nei commenti!