Elezioni francesi 2017: siamo giunti al ballottaggio Macron vs Le Pen. In questo articolo vedremo la sfida elettorale da un punto di vista inedito. Scopriremo le idee e i programmi dei due candidati all’Eliseo riguardo il patrimonio linguistico francese.
La nazione transalpina è infatti patria di tante lingue regionali. Tra di esse, in particolare una che non può passare inosservata, considerata la sua storia gloriosa e arcinota: l’occitano. E oltre a questa, il bretone, l’unica lingua celtica parlata sul continente. E poi ancora l’alsaziano, il piccardo, il franco-provenzale, lo champenois, il basco e persino una puntina di genovese ai confini con l’Italia.
Ciononostante la Francia è da sempre uno stato molto glottofobo. Molto più dell’Italia.
Basti pensare la memorabile (e infelice) affermazione di un collaboratore di un collegio di Tolosa che voleva farla finita con l’occitano comprando una mitraglietta (testuali parole!). Quel che è peggio è che è in buona compagnia.
Dal punto di vista della legislazione va un po’ meglio, ma sicuramente non bene.
La legislazione francese sulle lingue minoritarie
Lo Stato riconosce il francese come unica lingua ufficiale della Repubblica e garantisce alle lingue regionali solo una minima tutela culturale: qualche cartello bilingue e nelle città più avanzate qualche ora di lingua locale a scuola.
Certo, potresti rispondermi che sono grosso modo le stesse tutele di cui godono le lingue italiane riconosciute dallo Stato con la legge 482/99. Potresti anche dirmi che lo Stato francese riconosce tutto il patrimonio linguistico senza le acrobatiche distinzioni tra “lingua” e “dialetto” a cui ci ha abituato una certa cultura accademica in Italia.
Tuttavia, l’Italia stabilisce costituzionalmente il dovere di tutelare le minoranze linguistiche e proibisce la discriminazione in base alla lingua (articoli 3 e 6 della Costituzione). La Francia ha un semplice accenno alle lingue regionali come patrimonio culturale dello Stato.
In Italia, un lombardo che non vede la propria lingua tutelata vede lesi i propri diritti costituzionalmente garantiti. In Francia la questione è ridotta alla dimensione culturale.
Ma come va il dibattito sulle lingue regionali d’Oltralpe? Cosa pensa la politica francese di questa situazione?
I media hanno riportato di tutto e di più sui due candidati al ballottaggio per la carica di Presidente della Francia. Si spazia da argomenti politici (tra cui le posizioni anti-europeiste della Le Pen) ad argomenti di gossip (uno fra tutti relazione di Macron con la sua ex professoressa).
Ma i due candidati hanno mai parlato di lingue regionali?
Sì!
Bene, andiamo a vedere le idee sulle lingue di Francia dei due papabili per l’Eliseo.
Emmanuel Macron
Macron, candidato con la formazione centrista da lui fondata En Marche! e sostenuto al ballottaggio anche dai Repubblicani di Fillon e dai Socialisti di Hamoit, oltre che dal Presidente uscente Hollande.Ebbene, Macron ha una posizione favorevole alle lingue regionali.
Si è dichiarato a favore dell’uso delle lingue locali nelle scuole, e cosa più importante si è impegnato a ratificare la Carta Europea delle Lingue regionali o minoritarie. Un documento importantissimo per la tutela linguistica che la Francia non ha ancora ratificato (e neanche l’Italia).
Ce la può fare?
Non ci giurerei: la maggioranza parlamentare non sarà totalmente dalla sua parte in caso di vittoria, e dunque ci sarà incertezza in tal senso. Ma in una terra tipicamente ostile al plurilinguismo come la Francia, questa dichiarazione di impegno è già un buon passo in avanti.
Emblematico tra l’altro è il rapporto con la Corsica.
Per quanto non ci sia un legame diretto tra indipendentismo e lingue, gli stati preferiscono tutelare i diritti linguistici delle piccole comunità, in modo da scongiurare i rischi di secessione. Ad esempio, l’Italia tutela la lingua dei Ladini (che in tutto sono qualche migliaio) ma non la lingua dei Veneti, che sono qualche milione e hanno ben più capacità economica e sociale per creare uno Stato.
La Corsica assomiglia più al Veneto che alla Ladinia da questo punto di vista. Per di più, è diffuso un forte sentimento indipendentista. Insomma, per un paese fortemente centralizzato e costituzionalmente monolingue come la Francia, la tutela della lingua corsa dovrebbe essere come fumo negli occhi.
Invece Macron si è espresso a favore della presenza della lingua corsa nelle scuole, definendola una ricchezza. In generale sembra non aver paura dei corsi e del loro indipendentismo. Ha affermato infatti che il loro futuro non verrà deciso in un ministero parigino.
Macron ritiene inoltre che tutte le lingue francesi abbiano il diritto di vivere in Francia. Tutte, dal bretone al corso.
Il francese ovviamente dovrà restare la lingua ufficiale della Repubblica, ma l’esistenza di altre lingue è un bene, non un pericolo per la Francia.
Marine Le Pen
La Le Pen è candidata con il Front National, appartenente alla corrente della destra euroscettica.
La linea del suo partito è notoriamente contraria alle lingue regionali.
Basti pensare che il Front National definì la Carta europea delle Lingue Regionali o Minoritarie una “pericolosa breccia nella Repubblica”. Insomma, considera le lingue di Francia come un pericolo per la stabilità dello Stato.
In Europa, molti dei partiti simili o affiliati al FN sono glottofobi. Ad esempio lo UKIP britannico è contrario alla tutela della lingua gaelica scozzese… anche se definisce il gallese un “orgoglio”. Quindi, gallese sì, gaelico scozzese no.
Questa visione contraddittoria è presente anche in Francia. Infatti, c’è un’isola dove il Front National è più un Front Regional: La Corsica.
In Corsica la Le Pen ha parlato di preoccupazione per il futuro della bella lingua corsa, e ha affermato di volersi battere per il diritto dei corsi a parlare il proprio idioma, attaccando l’Unione europea che, a detta della candidata all’Eliseo, si preoccuperebbe dell’arabo e non delle lingue autoctone come il corso.
Al termine del discorso i dirigenti del Front National hanno cantato Dio ti Salvi Regina, inno nazionale della Corsica. In italiano.
Quindi, la politica della Le Pen è glottofoba? Tendenzialmente sì, ma con delle aperture.
La cosa, mio parere personale, non è positiva. Mi ricorda quei politici, specialmente in Lombardia e Veneto, che “viva le minoranze linguistiche”, ma quando si parla di tutelare la propria lingua regionale si oppongono con le scuse più fantasiose.
Lingue di Francia: cosa succederà?
- Se Macron diventerà il nuovo presidente della Repubblica Francese, le lingue regionali in Francia godranno delle stesse tutele di cui beneficiano al giorno d’oggi. L’eventuale ratifica della Carta Europea potrebbe migliorare la situazione. Sono improbabili prese di posizione nettamente contrarie alla tutela del patrimonio linguistico francese (in tal caso Macron si renderebbe antipatico ad una parte del suo elettorato).
- Se la Le Pen diventerà il nuovo presidente della Repubblica Francese, molto probabilmente non succederanno catastrofi. Ovviamente la Carta Europea non sarà mai ratificata con la Le Pen al governo, ma è comunque improbabile l’abrogazione delle leggi francesi per la tutela linguistica. Tuttavia possiamo ragionevolmente aspettarci tagli di bilancio in questo senso. Ciò renderebbe più problematica la conservazione delle lingue regionali e minoritarie in Francia.
Che vinca Macron, che vinca la Le Pen, noi tifiamo per la diversità linguistica!