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Lingue e i dialetti d'Italia

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L’ossessione dello standard

by Pietro Cociancich

“Ma è chiaro che è un dialetto! Non ha mica una grammatica precisa come l’italiano! Come fa a essere una lingua? Dov’è lo standard linguistico?”

Quante volte lo abbiamo sentito dire nelle discussioni, più o meno oziose, che sono andate a finire sul complesso tema dei “dialetti”? Possiamo dire che è un concetto ormai bene affermato nella nostra testa: una lingua è tale se ha una grammatica, delle regole univoche, un sistema di scrittura codificato. Tutto il resto è massa informe e confusa, è vernacolo, è dialetto. Facile, no?

E invece non è così.

Purtroppo noi italiani siamo stati educati a pensare che una lingua equivale al suo standard (la “norma”). Ma siamo davvero sicuri che funzioni in questo modo? A ben vedere, se guardiamo la storia delle lingue, ci accorgiamo che:

1) molte lingue erano considerate tali anche prima della loro standardizzazione
2) la maggioranza delle lingue del mondo non ha standard, oppure ne ha più di uno
3) molti dei presunti “dialetti italiani” in realtà uno standard linguistico ce l’hanno!

Vediamo dunque alcuni casi di altre lingue nel mondo.

Lingue con standard linguistico “tardivo”

Il greco antico

Flag_of_Greece.svgStoricamente il greco è stato diviso in tre grandi “dialetti” (cioè varianti) scritti, chiamati dorico, ionico ed eolico. Questa ripartizione, ovviamente, non contempla le innumerevoli varianti parlate localmente.

Lo standard del greco antico, la cosiddetta koinè dialektos (su base ionica-attica), si affermò solo in seguito alla morte di Alessandro Magno.

Eppure non troverete nessun grecista che affermi che, prima di questa data, il greco non fosse una lingua.

Il romancio

Wappen_Graubünden_matt.svgLa quarta lingua nazionale della Svizzera (l’unica parlata esclusivamente nel territorio elvetico) è divisa tradizionalmente in cinque varianti principali, ossia sursilvan, sutsilvan, surmiran, putér, vallader.

In questi cinque dialetti diversi esiste una copiosa e duratura letteratura, che ha le sue origini nel XVI secolo. Il governo svizzero, nonostante questa forte divisione linguistica, ha riconosciuto il romancio come lingua nazionale nel 1938.

Lo standard linguistico e ortografico, il cosiddetto Rumantsch Grischun è stato concepito e adottato ben quarantaquattro anni dopo, nel 1982: e ancora adesso fa fatica ad affermarsi.

Il romeno

Flag_of_Romania.svgLa più isolata delle lingue romanze (suddivisa in due macro-varianti – una settentrionale e una meridionale – e diversi sotto-dialetti locali) è stata scritta poco e raramente fino alla seconda metà dell’Ottocento.

Non c’era nemmeno un unico modo di scriverla: alcuni usavano l’alfabeto cirillico, altri le lettere dell’ungherese. Gli “attivisti” della lingua si trovavano quindi di fronte a un’impresa non da poco. La prima grammatica del rumeno è del 1755-1757, ma il dibattito sulla standardizzazione durò per tutto il XIX secolo.

Le ultime riforme alla grafia romena risalgono tuttavia alla seconda metà del Novecento, quando venne introdotta la lettera â.

L’albanese

Flag_of_Albania.svgQuesta particolare lingua indoeuropea ha due grandi gruppi dialettali; il ghego (a nord) e il tosco (a sud). Entrambe le varianti vantano antiche attestazioni, e per lungo tempo sono rimaste contrapposte l’una all’altra.

La necessità di trovare uno standard linguistico è stata dunque una delle grandi sfide degli intellettuali e gli studiosi albanesi. Si è arrivati a una soluzione soltanto nel 1949, quando è stata stabilita la grafia ufficiale e formato uno standard basato soprattutto sul tosco.

La ratifica di questa standardizzazione è ancor più moderna, cioè del 1976-1977.

Lingue con più di uno standard

Il norvegese

2000px-Flag_of_Norway.svgPer secoli, la lingua ufficiale alla corte di Norvegia fu il danese. Successivamente (col passaggio della Norvegia sotto il dominio svedese), cominciò a formarsi una forma standard basata su una sorta di danese “norvegesizzato”. Questa variante era chiamata riksmål (cioè “lingua del regno”), e la sua norma venne fissata definitivamente nella seconda metà dell’Ottocento dal linguista Knud Knudsen (1812-1885).

Tuttavia, accanto al riksmål si formò una variante alternativa, il landsmål (“lingua della terra”): essa era una standardizzazione di diversi dialetti rurali norvegesi, a opera dello studioso Ivar Aasen (1813-1889).

Al giorno d’oggi le due varianti (ora chiamate rispettivamente boksmål – “lingua dei libri” – e nynorsk – “nuovo norvegese”) sono entrambe ufficiali in Norvegia. In alcune contee si usa come lingua ufficiale il bokmål (maggioritario tra la popolazione), in altre il nynorsk.

Il ladino

2000px-Flag_of_Ladinia.svgSimilmente al romancio, anche il ladino è diviso in cinque grandi dialetti, cioè ampezzano, fodom, gardenese, badiotto e fassano (corrispondenti alle cinque valli in cui è parlato), a cui si possono aggiungere forse i dialetti agordini.

Nel corso del Novecento tutte e cinque le varianti hanno sviluppato una propria grafia, con criteri simili ma comunque differenti.

Per poter giungere a una soluzione definitiva, nel 1994 (cinque anni prima che il ladino venisse riconosciuto come lingua dallo Stato italiano) l’Union Generela di Ladins incaricò il linguista Heinrich Schmid di elaborare finalmente a uno standard linguistico.

Nel 1999 venne presentato il Ladin Dolomitan, successivamente chiamato Ladin Standard, di cui vennero pubblicati testi e un dizionario. Tuttavia, nei fatti il Ladin Standard non è ancora adottato ufficialmente, e le cinque vallate continuano a usare come lingua ufficiale le proprie varianti locali.

L’inglese

Union_flag_1606_(Kings_Colors).svgChiunque si sia avvicinato, anche di sfuggita, alla lingua inglese, ha saputo prima o poi che esistono almeno due importanti varianti dell’inglese, ossia quello della Gran Bretagna (British English) e degli Stati Uniti (American English).

Queste due varianti, anche se non sono considerate due lingue separate, nei fatti hanno molte cose differenti: cambia la pronuncia standard (la Received Pronounciation in Gran Bretagna, il General American negli USA), e persino il modo di scrivere alcune parole: pensiamo, per esempio, a colour/color, oppure centre/center, realise/realize; sono poi numerosissimi i termini di uso comune che cambiano da un paese all’altro (lift/elevator per l’ascensore, tube/subway per la metropolitana, football/soccer per il calcio, biscuit/cookie per il biscotto, autumn/fall per l’autunno…).

Lingue regionali che hanno già uno standard

Torniamo un attimo indietro. Abbiamo detto che spesso si ritiene che una lingua sia tale dal momento che ha un dizionario, o una grammatica, o una norma scritta.

Beh, se volessimo veramente usare questo criterio, allora sarebbero lingue un’infinità di dialetti italiani! Per fare qualche esempio in ambito lombardo, il dialetto di Premana (LC) sarebbe dunque lingua dal 2013, quello di Samolaco (SO) dal 2005, quello di Tortona dal 1999, quello di Lecco dal 1992, quello di Lodi dal 1982, quello di Bormio dal 1913, quello di Vigevano dal 1902, quello di Cremona dal 1847 (e poi di nuovo dal 1976), e quello di Milano addirittura dal 1610! Forse, dunque, non è un criterio veramente degno di fede.

Qualcuno comunque potrebbe obbiettare: sì, ma non esiste una norma fissa per la “lingua” nel suo complesso!

Anche questo non è del tutto vero. Sono diversi i casi di standardizzazione (più o meno definitiva) di alcune delle nostre lingue d’Italia. Eccone alcuni esempi.

Il piemontese

2000px-Flag_of_Piedmont.svgLe norme scritte del piemontese sono pressapoco le stesse da più di 250 anni, vale a dire dai primi dizionari e grammatiche stampati nella seconda metà del Settecento.

Simili norme sono presenti nella letteratura, che nel corso dell’Ottocento ha avuto un poderoso sviluppo. La razionalizzazione di queste norme è stata fatta verso la fine degli Anni Venti da Giuseppe Pacotto (Pinin Pacòt) e il circolo letterario dei Brandé.

Le regole proposte dai Brandé vengono fissate in modo quasi definitivo intorno agli anni Settanta.

Oggigiorno lo standard scritto del piemontese (che corrisponde più o meno alla variante parlata tra le province di Torino e Cuneo) è utilizzato dalla stragrande maggioranza dei cultori della lingua, è regolamentato da dizionari e grammatiche e dotato di una cospicua letteratura.

Il friulano

Flag_of_Friuli-Venezia_Giulia.svgNegli ultimi 150 anni in molti hanno cercato di dare una forma linguistica standard al friulano. Tra di essi possiamo ricordare l’abate Jacopo Pirona (autore di un importante dizionario nel 1871), ma anche il famosissimo poeta Pierpaolo Pasolini.

Gli sforzi sono aumentati negli ultimi trent’anni: nel 1996 (tre anni prima che il friulano sia riconosciuto lingua dallo Stato italiano) viene stabilita per legge la grafia ufficiale del friulano: essa è basata sulla varietà dei dintorni di Udine, ed è un’evoluzione della grafia usata dai grandi della letteratura in friulano.

L’ARLeF (Agenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane) è l’ente che regola le norme del friulano: in tempi molto recenti (e grazie ai contributi statali) ha pubblicato un poderoso dizionario italiano-friulano in sei volumi, a cui sono stati aggiunti più di 7.000 neologismi.

Il genovese

2000px-Blason_ville_fr_Gênes-Empire.svgDi per sé, il genovese (ossia la varietà ligure parlata tra Noli e Framura e in grandissima parte dell’entroterra), è da sempre stata la variante “standard” della lingua regionale, in virtù del suo impiego nella letteratura e nei documenti.

Come nel caso del piemontese, anche in questo caso le norme scritte del genovese hanno una storia abbastanza antica, e sono state riproposte in molte grammatiche, dizionari e opere letterarie.

Nel corso dell’ultimo secolo sono stati compiuti molti tentativi per trovare una forma scritta definitiva alla lingua: la più recente risale all’anno scorso (2015), per mano di un gruppo di lavoro convocato dal giornale Il Secolo XIX.

Questo standard grafico è stato elaborato da importanti studiosi e attivisti della lingua (tra cui alcuni membri di questo Comitato), e si riallaccia alla storica tradizione scritta del genovese. Attualmente è adottato per molti usi, tra cui articoli di giornale e blog.

A questi esempi possiamo poi aggiungere che molte varianti locali vantano da tempo una standardizzazione precisa e rigorosa: è il caso, per esempio, del milanese, del bolognese e del napoletano. E non mancano progetti di grafie ufficiali per il veneto, il siciliano e il lombardo.

In conclusione

Sarebbe il caso di cominciare a smettere di considerare i nostri “dialetti” come delle specie di idiomi magici, con caratteristiche proprie particolari completamente diverse da qualsiasi altra parlata nel mondo.

Le lingue d’Italia funzionano allo stesso modo di tutte le altre: e se non hanno attualmente uno standard linguistico non vuol dire che non possano averlo in futuro. Ma questo, comunque, non impedisce che esse siano lingue.

Al pari di tutte le altre del mondo.

Filed Under: Bilinguismo Tagged With: Bufale linguistiche, Dialetto a scuola, Glottofobia, Parole della scienza linguistica, Politica linguistica, Sociolinguistica

About Pietro Cociancich

Sono nato nel 1991 a Milano, dove sono cresciuto e vivo ancora.

Ho fatto il liceo classico e ho studiato Storia all'Università Statale di Milano.
Sono cresciuto parlando solo italiano, e ho conosciuto il lombardo nel 2007, grazie all'edizione di Wikipedia in questa lingua. Da lì ho iniziato a studiare e imparare quella che io definiscono la mia “lingua adottata”.

Sono stato collaboratore e amministratore della Wikipedia in lombardo per quasi dieci anni.

Sono tra i fondatori del CSPL nel 2013, e dal 2014 ne sono il portavoce nazionale. Nel 2013 ho tradotto il De Vulgari Eloquentia di Dante in lombardo e ho vinto un premio letterario a cura dell'Associazion Linguìstica Padaneisa.

In questo sito mi occupo, tra le varie cose, di descrivere le diverse lingue d'Italia e smontare alcuni luoghi comuni riguardo ad esse.

Mi piace la politica, lo scoutismo, la montagna, l'umorismo da quattro soldi, girare in bici, la musica anni '70, vedere film tamarri al cinema, fotografare col telefonino, fare polemiche, compilare liste come queste.

Tra i miei progetti c'è la realizzazione di un grande dizionario per la lingua lombarda,

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