La variazione dialettale
Innanzitutto occorre specificare che né il catalano né il lombardo possiedono uno standard parlato che si impone sulle varianti dialettali. Questo significa che, pur avendo il primo uno standard ortografico, a differenza del secondo, entrambi fungono da “lingua-contenitore”.
Partendo da questa considerazione, risulta evidente l’esigenza di analizzare entrambe le lingue considerando l’insieme delle loro varietà dialettali, prescindendo in questo caso dalla forma standardizzata.
Attraverso questo tipo di indagine, si può quindi notare che, nell’intero territorio catalanofono, esistono differenze di forma, fonetica e lessico del tutto paragonabili a quelle presenti nei territori di parlata lombarda.
Coniugazioni verbali
Una delle particolarità del catalano colloquiale è la terminazione delle coniugazioni alla prima persona singolare del presente indicativo. Come si dice “Io parlo” in questa lingua?
Dipende! Puoi dire:
- “Jo parlo”, se utilizzi un registro standardizzato, ovvero:
- “Jo parl[o]”, se provieni dalla Catalogna occidentale;
- “Jo parl[u]”, se scegli un linguaggio tipico dei dialetti orientali della Catalogna;
- “Jo parli”, se ti trovi nella parte settentrionale della Catalogna o nel Rossiglione francese (o Catalogna Nord);
- “Jo parle”, se invece opti per una pronuncia tipicamente occidentale:
- “Jo parl[e]”, se sei della Comunità Valenzana;
- “Jo parl[a]”, se sei a cavallo fra la Catalogna occidentale e il nord della Comunità Valenzana;
- “Jo parl”, se vieni dalle Isole Baleari o dalla città sarda di Alghero.
Molto similmente, in lombardo possiamo sentire:
- “Mi parli”, forma preponderante:
- “M[i] parl[i]”, forma principale tipica della Lombardia occidentale;
- “M[e] parl[e]”, variazione comune a quasi tutti i dialetti della Lombardia orientale;
- “Mi parlo”, se ti trovi a Busto Arsizio;
- “Mi parl”, se invece stai visitando alcune specifiche zone della Lombardia occidentale.
Gli infiniti verbali
La maggioranza dei dialetti catalani non pronuncia la -r dell’infinito dei verbi. È infatti tipico solo delle parlate della Comunità Valenzana pronunciarla.
Inoltre, i verbi della seconda, terza e quarta coniugazione, possiedono delle forme alternative a carattere locale, sia per quanto riguarda l’appartenenza ad una delle coniugazioni, sia per quanto riguarda l’effettiva morfologia del verbo. Tutto ciò accade anche in lombardo.
Il verbo parlar, è pronunciato:
in catalano come
- “parlà” in quasi tutti i dialetti del Principat (ovvero la comunità autonoma di Catalogna), nonché in buona parte dei dialetti appartenenti alle Isole Baleari;
- “parlàr” nelle varietà appartenenti alla Comunità Valenzana;
- “pal·là” (“pallà”) nei dialetti dell’Isola di Mallorca, di Menorca e della città di Alghero.
in lombardo come
- “parlà” in tutti i dialetti appartenenti all’area geografica della Lombardia e nel Canton Ticino;
- “parlàr” nei dialetti lombardofoni del Trentino occidentale;
- “parlè” nei dialetti contigui al piemontese, cioè del novarese e parte della provincia del VCO;
- “parlèr” nei dialetti conservatori della Val Bregaglia.
Il verbo poder è invece pronunciato:
in catalano come
- “podé” o “podè”, ma anche come “pogué” (“poghé”), nei dialetti del Principato e nelle Isole Baleari e Alghero;
- “podér” nei dialetti occidentali (ovvero Catalogna occidentale, Andorra e Comunità Valenzana);
- “poré” o “porè” nei dialetti delle Isole Baleari;
- “pòdre” o “pódre” in alcuni dialetti sparsi.
in lombardo come
- “podé” o “podè” come forma generalizzata nei dialetti occidentali;
- “podì” o “püdì” come forma generalizzata nei dialetti orientali;
- “podér” nei dialetti lombardofoni del Trentino occidentale e nella parte alta della Valtellina;
- “pöder” in alcuni dialetti sparsi orientali.
Il verbo córrer è pronunciato:
in catalano come
- “córre” nei dialetti del Principato e nelle Isole Baleari;
- “córrer” come forma tipica del Valenzano;
- “corrì” nella città di Alghero.
in lombardo come
- “cor” nei dialetti occidentali ed in bergamasco;
- “córer” nel Bresciano, nei dialetti lombardofoni del Trentino occidentale, nel cremonese e nel mantovano;
- “cori” o “core” come forma tipica del novarese e delle parlate valtellinesi;
- “corì” in alcuni dialetti orientali.
Il verbo sentir è pronunciato:
in catalano come
- “sentì” nei dialetti del Principato, nelle Isole Baleari e nella città sarda di Alghero;
- “sentìr” nei dialetti appartenenti alla Comunità Valenzana.
in lombardo come
- “sentì” come forma generalizzata;
- “sentìr” nei dialetti lombardofoni del Trentino occidentale e del mantovano;
- “sènter” nel bresciano, accanto a “sentì”.
La neutralizzazione della O e della E
Uno dei tratti che divide la lingua catalana in orientale ed occidentale è la cosiddetta neutralizzazione, ovvero la tendenza a pronunciare in un certo modo tutte le vocali su cui non cade l’accento tonico.
In particolare, il catalano orientale trasforma tutte le O atone in una /u/, mentre trasforma in una vocale neutra /ə/ tutte le A ed E, sempre atone.
È così che la parola catalana Color suona come “culó” nei dialetti orientali e “coló” o “colór” in quelli occidentali. Allo stesso modo, il comune maiorchino di Felanitx viene pronunciato dai dialetti orientali come “fələnìtch” (a Barcellona e nella zona metropolitana addirittura “falanìtch”), mentre in Valenzano e nella Catalogna occidentale suonerà esattamente com’è scritto, “felanìtch”, dove tch è ovviamente il suono della C dolce italiana di “cesto”.
Il lombardo è noto per avere una grande varietà interna per quanto concerne l’alternanza tra i suoni della “O” e della “U” italiane, che nelle ortografie classiche occidentali e in Scriver Lombard vengono sempre rese “O”.
La differenza rispetto al catalano è che nelle lingue galloitaliche, così com’anche in occitano, questa trasformazione da “O” a “U” riguarda anche le vocali su cui cade l’accento.
Per quanto riguarda la lettera E, la variazione è invece meno generalizzata e meno prevedibile, ma comunque massicciamente più presente nei dialetti della Lombardia occidentale. Per cui, la parola lombarda Color suona quasi ovunque come “culùr”, sebbene esistano dialetti sparsi in cui la si può sentire come “colór”, mentre la parola Semper è riscontrabile nelle forme “sèmper” e “sèmpar” (assieme ad altre forme dialettali).
L’evoluzione linguistica
Sicuramente uno dei tratti comuni fra lombardo e catalano è la perdita della vocale latina finale, -a esclusa.
Ad esempio il catalano ed il lombardo “gat” (o “gatt” nella grafia tradizionale milanese) contrapposti allo spagnolo “gato” e all’italiano “gatto”, dal latino cattus, o “mar” contrapposto all’italiano “mare”, dal latino mare.
Altra similitudine, ma comune al gruppo romanzo occidentale, è la sostanziale mancanza di doppie a livello fonetico. Esiste però un’eccezione, almeno per quanto riguarda il catalano letterario: sto parlando della “ĿL”, ovvero la ela geminada, che si pronuncia in tutto e per tutto come la LL italiana, sebbene nel linguaggio parlato moderno venga resa come una semplice L.
Tuttavia, pur non considerando questa particolarità del catalano, in realtà non è del tutto corretto dire che né il catalano né il lombardo possiedono la geminazione, in quanto il normale sviluppo di entrambe le lingue ha portato ad avere, in alcuni casi, una sorta di allungamento dei suoni di alcune consonanti.
Per esempio, nella lingua di Barcellona tutti i nessi consonantici “difficili” (come può essere TL, TM, TN, CT ecc) possono venire pronunciati con un allungamento fonetico della seconda lettera. Per cui il termine Setmana (ovvero “settimana”) suona proprio come “semmana” in tutta l’area centrale, mentre Doctor viene pronunciato “dottó” nelle Isole Baleari.
Inoltre, nei chiari termini di stampo neologistico, spesso la doppia N viene pronunciata con un suono geminato, per esempio connubi (cioè “connubio”), pronunciato così come lo vediamo scritto.
Allo stesso modo, anche il lombardo possiede un fenomeno simile: basti pensare ai numerosi dialetti che trasformano “mn” in “mm” o “nn”, come il bresciano che dice “fomma” o “fonna” invece di fomna.
Nell’evoluzione dei nessi latini, il catalano è però più conservativo del lombardo, almeno a livello standard e/o letterario. Attraverso questa tabella possiamo dimostrarlo.
Catalano | Latino | Lombardo |
---|---|---|
Clar | Clarum | Ciar |
Flor | Florem | Fior |
Planeta | Planeta | Pianeta |
Doctor | Doctor | Dotor |
Somniar o Somiar | Somniare | Sognar o Somiar |
Abstracte | Abstractus | Astrat |
Institut | Institutum | Istitut |
Subjecte | Subiectus | Soget |
Alcuni dialetti lombardi, però, conservano forme come “flor”, “clar” e “planeta”, ma sono forme decisamente rare e minoritarie. Allo stesso modo, alcuni dialetti catalani posseggono “dotor”, “astratte”, “istitut” e “sogette”.
La fonetica
La fonetica catalana è diversa da quella lombarda.
Ad esempio il catalano non ha le vocali turbate del lombardo (la /y/ e la /ø/), ma fa un uso intensivo della vocale neutra (/ə/). In ogni caso, c’è una certa coerenza tra le due lingue e la loro fonetica, dunque da una parola catalana è tendenzialmente facile risalire alla parola lombarda e viceversa.
Inoltre ci sono anche alcune coincidenze con alcuni dialetti locali lombardi: ad esempio la “N” muta in fin di parola come nel lombardo orientale (“italiano” si dice italià sia in catalano che in bergamasco, ad esempio) o la “R” non pronunciata a fin di parola come in molti dialetti lombardi occidentali (flor catalano si pronuncia “fló” nella sua forma centrale, fior lombardo suona “fió” nei dialetti occidentali).
Le parole
Essendo lombardo e catalano due lingue neolatine, possiamo facilmente individuare una buona base lessicale comune.
Queste due lingue, inoltre, appartenendo entrambe alla famiglia galloromanza ed essendo vicine filogeneticamente e geograficamente all’occitano, possiedono ancora piú similitudini sul piano lessicale.
Il catalano infatti ha avuto per secoli un rapporto simbiotico con la lingua d’oc. Il lombardo fino al 1300/1400 fu a sua volta influenzato da questa lingua, che all’epoca rappresentava l’idioma della cultura della Francia del Sud.
Esempi di parole comuni fra catalano e lombardo sono:
- Bufar – Bofar (o boffà in milanese classico), ovvero soffiare
- Segador, cioè mietitore
- Cadira – Cadrega, in italiano sedia
- Anxova – Anciova, cioè acciuga
Quelli che hai letto sono solo alcuni esempi, ma non sono certo gli unici. Basti pensare che queste due lingue possiedono un alto grado di intelligibilità proprio grazie anche all’elevato numero di lessico comune.
La grammatica
Avendo il latino come lingua madre, le lingue romanze hanno tutte grammatiche abbastanza simili, alcune più, alcune meno.
Lombardo e catalano in che rapporto sono?
In questo caso bisogna ammettere che sono due lingue piuttosto differenti, specialmente perché la prima ha subìto influenze storiche dall’italiano, quindi di carattere italico, mentre la seconda è stata da sempre legata alla lingua castigliana, o spagnola.
In ogni caso, analizzando il catalano letterario (ovvero la lingua parlata fino a circa uno o due secoli fa), possiamo notare molti tratti “non iberici” che invece oggi sono sempre più in via d’estinzione.
Gli ausiliari
Come si dice “ho parlato”, “ho un gatto” e “c’è un gatto” in catalano? Si dice: he parlat, tinc un gat e hi ha un gat. In lombardo invece la situazione è piu vicina all’italiano, visto che si dice: (g’)ho parlad, g’ho un gat e (el) gh’è un gat.
Nel catalano moderno, infatti, non esiste l’ausiliare essere… almeno a livello normativo. Quello che in lombardo verrebbe tradotto come lu l’è andad (“lui è andato”) in catalano standard e/o moderno è ell ha anat (letteralmente “lui ha andato”). Viene quindi usato solo l’ausiliare avere.
Ma… in realtà, fino a qualche secolo fa ed ancora oggi in alcuni dialetti locali, l’ausiliare essere faceva e fa parte della lingua corrente e veniva e viene utilizzato nelle stesse forme del lombardo.
Allo stesso tempo, alcuni dialetti occidentali del lombardo fanno il procedimento opposto: eliminano l’ausiliare avere e lo sostituiscono con essere per avvicinarsi all’italiano.
Il plurale
I plurali lombardi e catalani sono ben diversi fra loro. Il catalano fa un uso generalizzato del plurale sigmatico (che detto molto semplicemente aggiunge la S alla fine della parola), il lombardo invece ha sviluppato il cosiddetto plurale metafonetico, il cui comportamento però varia da dialetto a dialetto.
Se consideriamo i dialetti principali possiamo stilare questa tabella.
Lingua | Singolare | Plurale | Categoria del plurale |
Lombardo | Cadrega, Scagna | Cadreghe, Scagne | Vocalica |
Catalano | Cadira | Cadires | Sigmatica |
Lombardo | Omm (o Òm) | Omen
Òmegn Omm (o Òm) |
Irregolare
Metafonetica Invariata |
Catalano | Home | Homes / Homens | Sigmatica |
Lombardo | Stazion (o Stassiù) | Stazion (o Stassiù) | Invariata |
Catalano | Estació | Estacions | Sigmatica |
Lombardo | Gatt (o Gat) | Gacc
Gatt Gait |
Metafonetica
Invariata Metafonetica |
Catalano | Gat | Gats | Sigmatica |
Lombardo | Tipo | Tipi | Irregolare |
Catalano | Tipus | Tipus | Invariata |
Lombardo | Asen | Asegn
Asen |
Metafonetica
Invariata |
Catalano | Boig | Bojos / Boigs | Sigmatica |
Lombardo | Pess | Pess | Invariata |
Catalano | Peix | Peixos / Peixs | Sigmatica |
Lombardo | Quest / Chest | Quest
Quescc / Chescc |
Invariata
Metafonetica |
Catalano | Aquest | Aquests / Aquestos | Sigmatica |
Lombardo | Tut / Töt | Tucc / Töcc | Metafonetica |
Catalano | Tot | Tots | Sigmatica |
Lombardo | Nas | Nas | Invariata |
Catalano | Nas | Nassos | Sigmatica |
Occorre analizzare in questo caso la situazione più nel dettaglio. Perché se la lingua catalana è tendenzialmente compatta nella formulazione dei plurali, aggiungendo sempre la S e talvolta cambiando o aggiungendo una vocale subito prima, quella lombarda può all’apparenza sembrare allo sbaraglio.
In realtà, però, la formazione dei plurali lombardi è frutto di un processo di semplificazione del cosiddetto plurale metafonetico, che nel corso dei secoli ha mutato il suo comportamento in base al contesto in cui si trovava, arrivando ad approssimarsi talmente tanto da sparire nella maggioranza dei dialetti.
Nella pratica, quindi, il lombardo sembra apparentemente non seguire alcuno schema logico nella formazione dei suoi plurali, per cui abbiamo l’impressione di trovarci davanti a diverse forme, fra cui:
- Metafonetica, in tutti quei casi in cui la metafonesi dà effetti reali sulla formazione del plurale. In questo caso possiamo assistere a due sottofenomeni:
- Metafonesi vocalica, la metafonesi propriamente detta: la “i” del plurale condiziona la natura delle vocali della parola (per esempio in alcuni dialetti lombardi il plurale di can è chen, derivato da un *cain)
- Metafonesi consonantica: la “i” del plurale cambia la pronuncia delle ultime consonanti di una parola (per esempio in lombardo orientale il plurale di gat è gacc, derivato da un *gait o *gati)
- Vocalica, laddove il plurale viene dato dal cambiamento della vocale finale (per esempio cadrega > cadreghe).
- Invariata, nei casi in cui non sussista differenza nella forma fra singolare e plurale (per esempio stazion/stassiù).
- Irregolare, tipica dei plurali irregolari latini nonché in prestiti linguistici che, quindi, mantengono il plurale della lingua d’origine (per esempio omm/òm > omen/òmegn, dal latino homō, hominēs).
Tuttavia, tutte queste forme apparentemente diverse hanno avuto origine dallo stesso fenomeno: il plurale “i” metafonetico, probabilmente storicamente derivato a sua volta da una palatalizzazione della S.
Volete sapere una curiosità?
A livello dialettale, anche il catalano possiede dei plurali in cui la pronuncia delle consonanti finali di una parola viene alterata dalla presenza della S. Infatti, come accade per il discorso della geminazione dei nessi consonantici “difficili”, anche i plurali -nys (plurale di -ny), -ts (plurale di -t), -lls (di -ll) -igs (forma dialettale di -jos o -tjos, plurale di -ig) e -ixs (forma dialettale di -ixos, plurale di -ix) si pronunciano in modo particolare. Per esempio, alcuni dialetti la parola anys (cioè “anni”) la pronunciano “antch” invece di “agns”, tots (cioè “tutti”) come “totch” invece di “tots” e fulls (cioè “fogli”) come “fùis” invece di “fugls” (ovvero la GLI di “aglio” seguita da una S). Allo stesso modo boigs (cioè “matti”) diventa “bòis” e “bòits”, mentre peixs (cioè “pesci”) diventa “péis”.
Negazione
Nelle lingue romanze, le forme di negazione possono essere di tre tipi:
- Preverbale: la particella di negazione viene posta prima del verbo.
- Postverbale: la particella di negazione viene posta dopo il verbo.
- Doppia: la particella di negazione viene posta sia prima che dopo il verbo.
La forma originale del latino volgare era di tipo preverbale, con una struttura tipica NO(LI) + verbo.
Col tempo, per rafforzare la negazione, si iniziarono ad aggiungere anche particelle dopo il verbo, come micula, che poi si trasformerà nel miga lombardo, e passum che diventerà il pas francese e piemontese.
A forza di usare queste particelle rafforzative, molte lingue persero la particella preverbale della negazione, mantenendo quindi solo la particella di negazione dopo il verbo.
A che categorie appartengono il lombardo e il catalano?
Beh, qui c’è da sorprendersi!
La negazione lombarda è di tipo postverbale (attraverso l’uso di miga o di nò), anche se ci sono evidenze che un tempo fosse doppia, come testimoniato da alcuni dialetti conservativi. In altre varietà locali si è mantenuta tuttora la forma preverbale, specialmente in alcune espressioni cristallizzate.
In catalano abbiamo una situazione simile, ma opposta: la doppia negazione esiste ed è tollerata anche nella lingua normativa, ma è generalmente ammessa solo in determinate circostanze. Allo stesso modo, l’uso esclusivo di pas postverbale rappresenta un dialettismo, ma ben presente nel territorio catalanofono. In ogni caso, la tipica negazione catalana è preverbale (attraverso l’uso di no).
La cosa interessante è che la negazione catalana è, rispetto a quella lombarda, più vicina a quella originale latina e a quella italiana!
Ma ora vediamo piccoli esempi pratici:
- Lombardo:
- Forma postverbale, la più comune: L’ho miga basada sù.
- Forma preverbale: Nò l’ho basada sù.
- Forma doppia: Nò l’ho miga basada sù.
- Catalano:
- Forma preverbale, la più comune: No li he donat un petó.
- Forma postverbale: Li he donat pas un petó.
- Forma doppia: No li he donat pas un petó.
- Italiano:
- Forma preverbale, l’unica ammessa dalla normativa: Non l’ho baciata.
I pronomi
Notoriamente il lombardo è una lingua del mi, ossia una lingua che fa derivare i propri pronomi dal dativo latino mihi (ossia “a me”) e non dal nominativo ego “io”.
Questa caratteristica è tipica delle parlate galloitaliche e venete mentre non si trova in nessun’altra lingua romanza. L’unica ad avvicinarsi a questo tipo di costruzione è il francese, che spesso usa moi (derivato di mihi) come soggetto e je (cioè il vero pronome personale) come clitico. Ad esempio moi je parle.
Il catalano invece, come la maggior parte delle lingue romanze, fa derivare i propri pronomi dal nominativo latino ego. E non ha un uso intensivo di pronomi clitici, esattamente come accade in italiano.
In questo catalano e lombardo sono profondamente differenti.
Possessivi
La linea Roma-Ancona, ossia l’isoglossa (cioè confine linguistico) che separa l’italiano propriamente detto dal napoletano, separa anche le lingue che usano forme derivate dal latino meus nome da quelle derivate da nome meus.
Dunque in italiano sentiamo mio padre, in lombardo mè pader, in spagnolo mi padre e in catalano meu pare o mon pare.
Invece al di sotto di questa linea potremmo sentire pàteme in napoletano e tatăl meu in romeno. Fa eccezione il siciliano insulare, oltre a quello di Reggio Calabria, che dice me patri.
Un’altra particolarità è che il catalano utilizza l’articolo davanti al possessivo, caratteristica condivisa dal lombardo e dall’italiano (che però non li usa con i membri della famiglia), ma non ad esempio dal francese o dallo spagnolo. Per cui avremo il catalano el meu pare e el meu gat (eccezione: mon pare e mon gat), il lombardo el mè pader e el mè gat, l’italiano mio padre e il mio gatto, il francese mon père e mon chat e lo spagnolo mi padre e mi gato.
In sostanza
E’ innegabile che ci sia una certa somiglianza tra la lingua di Milano e quella di Barcellona e che tra parlanti competenti sia possibile capirsi bene, qualora vi sia l’intenzione di farsi capire.
Grazie ad un’origine comune e all’influsso occitano condiviso dalle due lingue è possibile trovare varie parole comuni ai due idiomi, e ciò rende certamente più semplice imparare il lombardo per un catalano e viceversa. Soprattutto perché, a differenza della lingua spagnola, il catalano possiede molti meno arabismi e molti piú latinismi e gallicismi.
Ovviamente ciò non deve fomentare miti su improbabili origini catalane del lombardo o su una improbabile lingua unica parlata da Brescia a Valencia.
L’obiettivo di questo articolo, infatti, è di farti scoprire alcuni aspetti poco conosciuti della grammatica storica di queste due lingue. E poi, se sei lombardofono e non conosci una parola di spagnolo, le mie descrizioni ti aiuteranno a farti capire con i Catalani!