Rispetto ad altre lingue locali, il ladino ha una tradizione scritta piuttosto recente e, fino a qualche decennio fa, anche abbastanza scarna.
A partire dagli Anni Ottanta, similmente a quanto successo per il romancio grigionese, anche la comunità ladina ha cominciato a lavorare per ottenere una varietà standard. Nel frattempo, quattro dei cinque dialetti tradizionali del ladino hanno cominciato a convergere verso un alfabeto comune.
Indice
Storia
Primi vagiti
La storia della grafia ladina coincide in larga parte con quella della sua letteratura.
Difatti, a differenza di altre lingue locali, il ladino ha una letteratura molto giovane, che trova le sue prime sperimentazioni nel corso del XIX secolo, ma che ha un salto di qualità solo a partire dal Secondo Dopoguerra.
In realtà i primi tentativi di standardizzazione cominciano a cavallo tra Ottocento e Novecento: a quel tempo i ladini iniziano a scoprire la loro identità linguistica e “nazionale”, stretti tra il nazionalismo italiano e quello tedesco. Tra le prime prove di normalizzazione abbiamo i Calënder, una serie di almanacchi pubblicati nel 1911-13.
Tuttavia è solo dopo la Seconda Guerra Mondiale che si ha una “rinascenza” dell’identità linguistica ladina intensificano le attività editoriali in questo idioma. Nel 1950 le diverse associazioni ladine si confederano nella Union Generela di Ladins dla Dolomites.
Nel corso degli ultimi decenni aumentano sia le opere letterarie che le pubblicazioni (per esempio il giornale La Usc di Ladins). Inoltre comincia una convergenza verso modelli ortografici comuni, a partire soprattutto dai dialetti della Val Gardena e della Val Badia.
La standardizzazione
L’idea di elaborare un linguaggio scritto unificato prende piede nel 1988. In quell’anno le due maggiori istituzioni culturali ladine, la Majon di Fascegn e l’Istitut Ladin “Micurà de Rü” danno l’incarico al professor Heinrich Schmid di definire un modello di ladino scritto che possa essere capito e usato da tutti i ladini attorno al gruppo del Sella.
Schmid, che aveva già elaborato lo standard Rumantsch Grischun per il romancio, nella sua opera dà una serie di criteri e una metodologia generale per la normalizzazione del ladino, lasciando la libertà ai ladini di tradurre le sue proposte in norme, regole e misure concrete.
Per realizzare questo obbiettivo nel 1994 si istituisce il progetto “interladino” SPELL (Servisc de planificazion y elaborazion dl lingaz ladin). Il risultato è una varietà sopradialettale, che viene chiamata prima Ladin Dolomitan e poi Ladin Standard. Di questa varietà viene pubblicata prima una grammatica (2001) e poi un dizionario (2002).
Nel frattempo, anche sul campo delle cinque varietà locali ci si muove per cercare di convergere verso uno standard comune, perlomeno per ciascuna delle valli, anche in vista dell’imminente legge sulle minoranze linguistiche (la 482/99).
Per esempio, questi sono gli obbiettivi programmatici espressi nell’introduzione del dizionario del ladino fassano (1999):
L lurier che chiò vegn prejentà l’é de segur n vèrech emportant – ence se no l’ùltim – de n projet che à tout ite desvaliva istuzions e n numer relevant de operatores che laora tel ciamp de la linguistica e de la lessicografìa ladina. […]
L besegn de n standard ladin é ruà ite Fascia co l’introduzion de la normatives che perveit l’us del lengaz ladin te l’aministrazion pùblica locala, te chela che peèa via i projec per la standardisazion del ladin a livel de dut l rajon dolomitan.
Una battuta d’arresto
Tuttavia, l’adozione dello standard ha avuto alcune importanti battute d’arresto: in primo luogo, non tutte le comunità ladine erano entusiaste di questa soluzione, e questo vale soprattutto per la Val Gardena.
In secondo luogo, il consiglio provinciale dell’Alto Adige ha disposto che nelle due valli sotto la sua giurisdizione si debba usare lo standard locale, e non quello sovradialettale.
Situazione attuale
Al giorno d’oggi, il ladino è lingua coufficiale nelle valli Badia, Gardena e Fassa: in ciascuna di queste vallate, si utilizza lo standard scritto locale, non il Ladin standard. In provincia di Bolzano, i comunicati ufficiali vengono tradotti sia in badiotto che in gardenese.
Il Ladin Standard viene usato per le comunicazioni intradialettali, soprattutto a cura dell’Union Generela.
Il giornale ladino La Usc di Ladins (notare che “usc” è badiotto, perché in LS si scriverebbe “ousc”) viene scritto sostanzialmente nei cinque dialetti principali del ladino dolomitico, lasciando al ladino standard solo alcuni spazi, per esempio in prima pagina.
Caratteristiche comuni
Nonostante lo stallo del Ladin Standard, il ladino ha compiuto grandi passi in avanti nella standardizzazione grafica. Al giorno d’oggi, almeno quattro dei cinque dialetti del ladino centrale si scrivono con lo stesso sistema alfabetico.
Queste sono le caratteristiche comuni a tutti gli standard locali:
- c: come in italiano, si pronuncia [k] davanti a A, O, U e [ʧ] davanti a E, I (nonché in fine di parola)
- ch: come in italiano, si pronuncia [k] davanti a E, I (nonché in fine di parola)
- g: come in italiano, si pronuncia [g] davanti a A, O, U e [ʤ] davanti a E, I
- gh: come in italiano, si pronuncia [g] davanti a E, I
- j: come in francese, si pronuncia [ʒ] davanti a ogni vocale
- sc: come in italiano, si pronuncia [sk] davanti a A, O, U e [ʃ] davanti a E, I (nonché in fine di parola)
- ss: come nelle altre grafie storiche dell’Italia settentrionale, si pronuncia [s] tra due vocali
L’unica doppia accettata nella scrittura ladina è, come abbiamo visto, la <s>.
Nel ladino non viene usata la q, se non in alcuni prestiti come quiz.
Per le varietà locali
Ogni dialetto ladino, inoltre, dispone di lettere peculiari atte a rappresentare i suoni presenti nelle varietà locali.
- ć: usato in badiotto, rappresenta il suono [c] (come il tg romancio e il cj friulano);
- ë: utilizzato in gardenese, badiotto e, in misura minore, in livinallese, rappresenta il suono [ə] (cioè la “e muta” francese);
- ö: usato in badiotto, ha lo stesso valore che ha in tedesco;
- ü: usato in badiotto, ha lo stesso valore che ha in tedesco;
Il badiotto inoltre fa un largo uso degli accenti circonflessi sulle vocali (<â>, <ê>, <î>, <ô>, <û>) per segnalare le vocali allungate.
Inoltre la <ć> viene usata anche nello standard in parole come pesćiadour, per segnalare che il gruppo sc non va pronunciato come [ʃ], bensì distinto.
Il ladino ampezzano
L’ampezzano, al contrario delle altre quattro varietà storiche, ha mantenuto una sua grafia particolare. Essa è influenzata da alcune soluzioni utilizzate da diverse grafie venete. Queste le caratteristiche più divergenti:
- n: viene scritta anche davanti a <p> e <b>, come in Anpezo, laddove gli altri quattro dialetti utilizzano <m>
- s: rappresenta il suono [s] (cioè la “s dura” italiana), laddove gli altri quattro dialetti utilizzano <ss>
- ś: rappresenta il suono [z] (cioè la “s dolce” italiana) come in śente, ciaśa, śo (gente, casa, giù), laddove gli altri quattro dialetti utilizzano la <s> semplice
Inoltre, a differenza degli altri quattro dialetti, l’ampezzano prevede un maggior impiego degli apostrofi, come in ‘l è ruà ‘l elicotero.
Un confronto letterario
Per capire come si è evoluta la scrittura ladina nel corso degli ultimi secoli, presento un confronto tra la grafia usata nel 1864 da Ujep Antone Vian (qui la versione integrale) per tradurre in gardenese la parabola del Figliol Prodigo, e la sua trascrizione secondo le regole moderne.
Testo originale
Uŋ père òva doi fioŋs. ‘L plu s̄oun và uŋ di da si père, y diŝ: Père! das̄emë la pèrt chë më tocca, chè hè la intenzioŋ de mën s̄i da tlò dëmöz. ‘L père partèŝ la roba, y dà al fi chëll, chë jë tuccova. ‘L fi pòcchè l’ hà abu si àrpes̄oŋ, sën jèl s̄it da tgèsa dëmöz tëŋ paiŝ dalonĉ. Ilò hà ël scumënĉa a mënè na slötta vita, y in puech temp s’ hà ‘l döffàtt dutt chëll, chë l’ òva giatà da si père.
Testo trascritto
Un pere ova doi fions. L plu jëun va un di da si pere, y disc: “Pere! Dajeme la pert che me toca, che é l’intenzion de m’en jì da tlo demez”. L pere partesc la roba, y dà al fi chel che ie tucova. L fi, pò che l’à abù si arpejon, s’en iel jit da cësa demez te n paisc dalonc. Ilò àl scumencià a menè na slëta vita, y in puech temp s’àl dofat dut chel che l’ova giatà da si pere.
Un confronto moderno
Per rendere meglio l’idea del rapporto tra ladino standard e le cinque varietà sellane, ecco un confronto (non esaustivo) di una ventina di parole e il loro corrispondente locale, evidenziando di volta in volta la forma più vicina a quella normalizzata.
- auter (altro) ← ater (badiotto), auter (gardenese, fassano, livinallese), òutro (ampezzano)
- brujé (bruciare) ← borjé (bad.), brujé (gard., liv.), brujèr (fa.), brujà (am.)
- ciasa (casa) ← ćiasa (bad.), cësa (gard.), cèsa (fa., liv.), ciasa (am.)
- dé (dare) ← dè (bad.), dé (gard., liv.), dèr (fa.), dà (am.)
- erde (ardere) ← verde (bad.), verder (gard.), èrder (fa.), èrde (liv.), arde (am.)
- freit (freddo) ← frëit (bad., gard.), freit (fa., liv.), fiedo (am.)
- golous (goloso) ← golus (bad.), gulëus (gard.), golous (fa., liv.), gorós (am.)
- incens (incenso) ← inzënsc (bad.), ncënsc (gard.), incens (fa.), inzens (liv.), inzènso (am.)
- jugn (giugno) ← jügn (bad.), juni (gard.), jugn (fa., liv.), śugno (am.)
- lenzuel (lenzuolo) ← linzó (bad.), linzuel (gard.), lenzel (fa.), lenzòl (liv.), lenzuó (am.)
- miel (miele) ← mil (bad.), miel (gard., fa. liv., am.)
- nuet (notte) ← nöt (bad.), nuet (gard.), net (fa.), not (liv.), nóte (am.)
- our (orlo) ← ur (bad.), ëur (gard.), or (fa.), our (liv.), voro (am.)
- pesc (pesce) ← pësc (bad., gard., liv.), pesc (fa.), pésc (am.)
- ruf (rivo) ← rü (bad.), ruf (gard., fa.), ru (liv., am.)
- seit (sete) ← sëi (bad.), sëit (gard.), seit (liv.), siede (am.)
- troi (sentiero) ← tru (bad.), troi (gard., fa.), trou (fo.), trói (am.)
- volei (volere) ← orëi (bad.), ulëi (gard.), voler (fa.), volei (liv.), voré (am.)
- zenter (centro) ← zënter (bad., gard.), zenter (fa.), zentro (liv.), zéntro (am.)
Bibliografia consultata
- Comitato delle Regole d’Ampezzo, Vocabolario italiano-ampezzano, Cortina d’Ampezzo, Cassa Rurale ed Artigiana di Cortina d’Ampezzo e delle Dolomiti, 1997
- Heinrich Schmid, Criteri per la formazione di una lingua scritta comune della Ladinia dolomitica, Vigo di Fassa/San Martino in Badia, Majon di Fascegn/Istitut Ladin “Micurà de Rü”, 2000
- Istitut Cultural Ladin – SPELL, Dizionèr italian- ladin fascian (DILF), Vigo di Fassa, 2000-2001
- Luigi Nicolai, Il dialetto ladino di Selva di Cadore. Dizionario etimologico, Selva di Cadore, Unión dei Ladìgn de Sélva, 2000
- Dizionar dl ladin standard, Bolzano, SPELL, 2002
- Anna Bogaro, Letterature nascoste. Storia della scrittura e degli autori in lingua minoritaria in Italia, Roma, Carocci, 2010
per me che sono appassionato di storia di linguistica e delle parlate meno conosciute, l’articolo è ottimo, esplicativo, comprensibile a tutti, così come dovrebbe essere ogni scritto che diffonde conoscenza. Complimenti
Mi complimento per l’articoli e mi permetto d’aggiunger un paio di considerazioni.
Nonostante che lo standard pandolomitico sia lungi dall’essere accettato, che gli standard di valle siano recenti (e anch’essi non generalizzati) e che si siano succedute mote proposte ortogrrafiche diverse (p.es. in fassano Fàšå > Fasha > Fascia “Val di Fassa”, in gardenese rujnéda > rusneda > rujeneda “idioma”), si può dire che il ladino goda d’una vitalità invidiabile rispetto ad altri idiomi locali e/o regionali, nonostante l’esiguità numerica della comunità, e ciò vate sia a livello di quella che chiamerei la vitalità primaria (l’uso spontaneo quotidiano) sia di quella che si potrebbe definire secondaria (l’uso scritto o pubblico per scelta consapevole). Nel caso poi delle valli in provincia di Bolzano esso s’inquadra in una situazione di trilinguismo, essendo presente anche il tedesco (anzi informalmente di quadrilinguismo, perché non è vi è estraneo il dialetto tirolese, variante del bavaraustriaco).
Non viglio dire che il ladino sia “fuori pericolo”, però, considerando il suo uso intergenerazionale e tra i giovani, penso che abbia maggiori possibilitò di sopravvivenza di “dialetti italiani” con ancora milioni di parlanti … che invecchiano.
Da ciò trarrei una preziosa lezione: non si deve aspettare che qualche istituzione ufficiale ci dia una Norma Ufficiale Onnicomprensiva e Definitiva perché si possa comunciare ad usare una lingua locale nella scuola, in comune, in chiesa, sulla stampa locale, insomma usarla come una lingua “normale”, ciò che i ladini han cominciato a fare, poco alla volta, già nel dopoguerra (non senza le proteste di quelli che s’opponevano con i soliti argomenti che ben conosciamo: perché il ladino a scuola?, basta quel che s’impara a casa, tanto non serve a niente, meglio più tedesco [l’inglese allora non era ancora in primo piano]” ecc.),
E non posso non rimpiangere le occasioni perdute, cioè che il modello trilingue (lingua locale + due lingue
nazionali) di Gardena e Badia non sia stato copiato nelle altre situazioni che vi si sarebbero prestate, come ad esempio la Val d’Aosta — dove invece una politica linguistica sbagliata, che prescindeva da una reale considerazione delle situazioni sociolinguistiche di partenza, ha portato ad un livello d’italofonia esclusiva che (è amaro riconoscerlo, ma è la verità) neppure il ventennio fascista era riuscito a realizzare.
Grazie mille!
Sono molto d’accordo con il fatto che in VdA si sia persa un’occasione gigantesca: potenzialmente la situazione ladina poteva essere replicata anche nella Valle.
Come ho già scritto anche in un altro commento, su Wikisource si sta facendo lo sforzo di caricare tutti i testi ladini di autori morti da più di 70 ann https://it.wikisource.org/wiki/Categoria:Testi_in_ladino
Il prof. Videsott dell’Università di Bolzano ha permesso anche di caricare i testi nella grafia moderna da lui curata
https://wikisource.org/wiki/Category:Ladin
Certo, non c’è l’abbondanza di testi del romancio, ma messi tutti insieme, non sono nemmeno pochi.
Se qualcuno vuole dare una mano, c’è ora la fase di rilettura e correzione errori.
Questo è un bel progetto, degno di nota. Complimenti.
Non vi sono testi che permettano di apprendere il ladino gardenese ?