Questo articolo rappresenta la seconda parte della storia linguistica di Reggio Calabria: per chi non avesse letto la prima parte – riguardante l’età antica – rimando qui.
In questo secondo capitolo ci si concentrerà sul periodo bizantino (VI secolo – 1059/1060), ulteriormente diviso in due parti (per intenderci, il terzo capitolo sarà la seconda parte dedicata a Bisanzio: infatti c’è molto da dire a riguardo, e riunirlo in un solo capitolo renderebbe pesante la lettura).
L’età bizantina per la città dello Stretto fu di grande importanza culturale, linguistica, e politica.
Breve sintesi di storia politica
Per comprendere il contesto storico e politico del quale parliamo, vale la pena tracciare un quadro d’insieme del periodo in cui Reggio fece parte dell’Impero Romano d’Oriente.
Tra la caduta dell’Impero d’Occidente nel 476 d.C. e l’invasione longobarda del 568, Reggio seguì le sorti della Penisola italica in generale. Deposto Romolo Augustolo, l’Italia fu sottoposta al dominio di Odoacre. Quest’ultimo fu sconfitto e ucciso nel 493 da Teodorico re degli Ostrogoti, il quale alla fine prese il posto dello stesso Odoacre, inaugurando così il periodo ostrogoto.
Morto Teodorico nel 526, i contrasti tra la corte ostrogota e i Bizantini (l’imperatore dei quali era formalmente il signore della Penisola) e il sogno della restaurazione imperiale sull’Occidente sognata da Giustiniano (r. 527-565) fecero sì che scoppiasse la Guerra Gotica (535-553), vinta dall’Impero. Bisanzio conquistava così l’intera Italia, ma la già citata invasione longobarda del 568 – avvenuta alcuni anni dopo la Guerra Gotica – pose fine all’unità politica della Penisola (che ritornerà solamente con Garibaldi).
In questo nuovo scenario politico, Reggio rimarrà sempre bizantina (l’unico collegamento con i Longobardi è una leggenda riportata da Paolo Diacono nella Historia Langobardorum [III, 32-33]). Sotto l’imperatore Costante II (r. 663-668) fu istituita la επαρχία της Καλαβρίας (cioè la provincia di Calabria), che comprendeva – oltre che l’attuale Calabria – anche il Salento. Era quest’ultimo a chiamarsi originariamente Calabria, termine che sarà assunto dall’odierno territorio (precedentemente conosciuto, in età romana, come Bruttium in latino e Βρεττία in greco) designato con questo nome proprio in quel periodo.
Capitale della provincia fu proprio Reggio; provincia che tuttavia – sin dall’istituzione del sistema dei Temi (in greco Θέματα) sotto Eraclio (r. 610-641) o Costante II – era sottoposta all’autorità dello στρατηγός (il governatore di un Tema, con funzioni sia civili che militari) di Sicilia, di stanza a Siracusa.
La presa araba di Siracusa, nell’878, e il consolidamento del dominio islamico sulla Sicilia, spostò in Calabria il Θέμα της Σικελίας (il quale – secondo la bizantinista Vera Von Falkenhausen in una data imprecisata tra il 938 e il 956, ma in ogni caso nel X secolo – diventerà ufficialmente il Θέμα της Καλαβρίας). La capitale del Tema rimarrà Reggio, che proprio nel IX secolo conoscerà il suo momento più florido all’interno del periodo bizantino: infatti, è in questo periodo che la città verrà elevata a sede metropolita – con dodici diocesi suffraganee – della Chiesa ormai diventata bizantina (come ho avuto modo di trattare altrove, nell’VIII secolo le diocesi calabresi vengono sottoposte all’autorità religiosa del Patriarca di Costantinopoli); inoltre, dal periodo immediatamente successivo alla caduta di Siracusa, Reggio sarà l’unica città dell’Impero – a parte la capitale Costantinopoli – a possedere una propria zecca (tuttavia venne soppressa quando Reggio subì, nel 901, un sacco da parte degli Arabi).
Nel secolo successivo, il Tema di Calabria verrà incorporato nel Catepanato d’Italia, che includeva tutti i territori bizantini che erano rimasti in Italia in quel periodo (oltre alla Calabria, le attuali Puglia e Basilicata). Reggio sarà la città più importante del Catepanato assieme a Bari (la sede del Catepano).
Nel 1059/1060, la città verrà conquistata dai Normanni di Roberto il Guiscardo (1015 ca.-1085). Il Catepanato però avrà fine solo nel 1071, quando anche Bari subirà la presa normanna.
La situazione linguistica in età bizantina
In età bizantina, il greco torna pian piano a dominare. Il latino sembra tuttavia non essere scomparso del tutto: pare infatti che in diversi documenti bizantini (in lingua greca) ci siano tracce di forme romanze; ma a Reggio la cultura scritta del periodo – specialmente negli ultimi secoli prima della conquista normanna – sarà interamente in greco.
La Rocca Armenia, situata nel
comune di Bruzzano Zefirio
(RC).
Con l’espressione “il greco torna pian piano a dominare” non s’intende – come hanno fatto per lungo tempo i sostenitori dell’origine bizantina del greco di Calabria – che in età romana il greco fosse scomparso per poi riapparire con l’età bizantina (per questo supposto processo si usa il termine deuteroellenizzazione): la Calabria di età romana e anche bizantina era una regione multilingue, nella quale ad esempio si parlavano anche slavo ed armeno (infatti contingenti militari slavi ed armeni, inquadrati nell’esercito bizantino, erano stazionati in Calabria per difenderla dalle incursioni saracene; da notare, per i secondi, che testimonianze della loro presenza sono anche alcune croci armene, nonché il toponimo Rocca Armenia: entrambi si trovano nell’area tra Ferruzzano e Bruzzano Zefirio, comuni della costa ionica reggina).
La frase da me utilizzata significa semplicemente – parafrasando il precedente articolo – che il greco, già presente in maniera ininterrotta sin dall’età magnogreca, viene rafforzato coi Bizantini; e che, quindi, quando questi giunsero a Reggio, trovarono un ambiente a loro già familiare.
La teoria bizantina sull’origine del greco di Calabria
Citata sopra – così come nella precedente puntata sulla storia linguistica di Reggio – , la teoria bizantina, come dice il nome, afferma che il greco ancora oggi parlato (seppure, purtroppo, in maniera residua) in Calabria risalga a Bisanzio. Qui ne parlerò in maniera più dettagliata.
Il suo maggiore teorizzatore fu il linguista milanese Giuseppe Morosi (1844-1891), e fu seguita dalla maggioranza degli studiosi italiani del XIX e di buona parte del XX secolo: tra questi si possono citare Cesare Lombroso (1835-1909), Carlo Battisti (1882-1977), e Oronzo Parlangeli (1923-1969).
Oggi ha ancora seguaci, sebbene sembra essere ormai in minoranza. Può essere così riassunta:
- Il greco di Calabria è più simile al greco moderno che non al greco antico;
- Come già accennato nella prima parte di questa storia linguistica, Morosi riteneva impossibile che il greco fosse sopravvissuto (a lungo) al latino dopo la conquista romana;
- A far rinascere la lingua greca in Calabria sarebbero state in buona parte forti immigrazioni di grecofoni, in special modo nel periodo compreso tra l’ascesa al trono dell’imperatore Basilio I (867) e lo Scisma d’Oriente (1054).
Tuttavia, la teoria del Morosi sembra presentare alcuni problemi:
- Come ha messo bene in evidenza ad esempio il linguista e grecista Franco Mosino (1932-2015), il greco di Calabria (così come ogni altra lingua) è composta da diverse stratificazioni; e, inoltre – fa notare ancora Mosino – , i contatti tra le due sponde dello Ionio non sono mai cessati fino al Cinquecento;
- Per quanto riguarda il secondo punto, nella prima parte della storia linguistica di Reggio si è già trattato della raccolta dell’archeologa Lucia D’Amore (Quasar, Roma, 2007);
- Sebbene sembri provato che gruppi di grecofoni emigrarono in Calabria nel VII secolo per sfuggire alla conquista araba (e che, sempre a causa di questa, gruppi di grecofoni siciliani abbia fatto lo stesso nel IX secolo) – la notizia della Cronaca di Monemvasia (IX sec.), secondo la quale gli abitanti di Patrasso si trasferirono a Reggio per sfuggire all’invasione slava della Grecia (VII sec.), è controversa – , tuttavia gli spostamenti di popolazioni (comuni in età bizantina) non incisero sulla lingua. Inoltre, a questo proposito, la già citata Von Falkenhausen mette in dubbio che le navi bizantine potessero ospitare grandi masse di popolazione.
Inoltre, da considerare ci sono anche altri due aspetti:
- Morosi e gli altri linguisti italiani che seguirono la sua teoria non erano esenti da considerazioni di tipo politico e nazionalistico. Affermare che il greco si sia parlato ininterrottamente in Calabria minava l’idea che la novella nazione italiana – che rivendicava la sua eredità romana – fosse interamente latina (anche se, per onestà intellettuale, bisogna dire che accuse di tipo politico, in sé, potrebbero essere mosse anche verso i linguisti greci: non c’è infatti nessun linguista greco che teorizzi l’origine bizantina del grecanico);
- Se il greco fosse davvero arrivato coi Bizantini, come mai non si svilupparono varietà greche anche in altre zone dell’Italia che a lungo furono bizantine?
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