La lingua lombarda esiste? Alcune accademie italiane, come la Crusca, dicono di no. Ma cosa pensano gli studiosi internazionali? Ecco una risposta ragionata sull’esistenza della lingua lombarda.
Sulla questione della lingua lombarda abbiamo sentito di tutto: Il lombardo non esiste perché non è unitario, perché non ha un’ortografia, senza dimenticare l’evergreen “perché lo dice l’Accademia della Crusca”.
Ma è davvero così?
In questo articolo analizzeremo la questione su due fronti: Uno su chi dice che il lombardo esiste, e due sulle obiezioni tipicamente mosse contro la lingua lombarda.
Lingua lombarda: chi la riconosce?
Sicuramente il riconoscimento più importante, ormai praticamente ventennale, è quello dell’UNESCO, che censisce il lombardo come lingua a rischio di estinzione.
Un po’ meno importanti, ma comunque molto importanti i riconoscimenti dell’ISO (che hanno dato al lombardo il codice 639-3 lmo) e di Ethnologue, associazione che ha come fine la traduzione della Bibbia in tutte le lingue del mondo.
Comunque il riconoscimento ISO è anch’esso importante, specialmente per la categorizzazione offerta. Infatti l’ISO divide le lingue in più categorie, che sono “individual”, per le lingue propriamente dette, “collective”, per gli insiemi di lingue vicine e “dialects”, per i dialetti. E il lombardo è classificato come “individual”, ossia una lingua a pieno titolo esattamente come italiano, francese e tedesco.
A titolo personale possiamo citare Christopher Moseley, tra gli autori del Libro Unesco sulle lingue in pericolo di estinzione e soprattutto Geoffrey Hull, uno dei massimi esperti di linguistica della Pianura Padana in circolazione.
Altro segnale importante è che facendo una ricerca su Google Scholar l’unico testo a negare l’esistenza del lombardo è un testo di carattere politico e non linguistico.
Gli altri che parlano del moderno idioma neolatino non ne smentiscono di certo l’esistenza.
Inoltre, un documento del Dipartimento di Filologia Catalana parla esplicitamente di “llengua llombarda“.
Il cluster linguistico lombardo
Il cluster linguistico non è altro che un raggruppamento di dialetti con una base di caratteristiche comuni.
E con ciò? Beh, la moderna linguistica classifica i cluster linguistici come lingue a pieno titolo.
Wikipedia, a questo proposito, riporta una frase interessante:
Dialect clusters were treated as classificatory units at the same level as languages. A similar situation, but with a greater degree of mutual unintelligibility, has been termed a language cluster
It: I cluster dialettali sono classificati allo stesso livello delle lingue. Tutte le situazioni simili, ma in cui sussiste un alto grado di mutua intelligibilità sono denominate cluster linguistici.
Handbook Sub-committee Committee of the International African Institute. (1946). “A Handbook of African Languages”. Africa. 16 (3): 156–159.
L’università di Cambridge, con un testo di Mary C. Jones e Claudia Soria, ha classificato il lombardo come “cluster di varianti essenzialmente omogenee”.
Riflessioni linguistiche sul lombardo
Non voglio di certo sostituirmi all’utilissima lettera di risposta del Comitato Scientifico all’Accademia della Crusca: non ne avrei nemmeno le capacità. Ma posso spiegare perché la lingua lombarda esiste e non è solo un raggruppamento di dialetti.
Il lessico lombardo
Innegabilmente i dialetti lombardi hanno una solida base lessicale comune. Il lessico di base lombardo è praticamente lo stesso da Novara alla Val di Ledro.
Le somiglianze lessicali sono più di quanto si ritiene comunemente. Un esempio è una parola ritenuta tipicamente bergamasca e bresciana: fes, che significa ‘molto’. Ti svelo un segreto: Nell’opera del Varon Milanes (XVI secolo) c’è la parola “fiss”, con il medesimo significato.
Certo, il lessico lombardo non è un lessico perfettamente unitario. Ma nessuna lingua possiede un lessico di questo genere. Tutte le lingue naturali hanno variazioni lessicali locali. Pensiamo all’italiano “cocomero” contro “anguria”, all’inglese “lift” contro “elevator”. Ma fortunatamente non serve che il lessico sia perfettamente uguale, basta che lo sia per la maggior parte. Ed il lessico lombardo lo è.
Fonetica lombarda
Certo, il lessico è parecchio uniforme, ma è pronunciato in modo differente!
A Milano si dice fis, a Brescia fes.
A Como si dice maron, a Bergamo marù.
Molti vedono queste differenze locali e pensano: se si pronuncia diversamente da provincia a provincia non è una lingua. Però non è così che funziona!
La definizione di lingua ammette anche la differenza fonetica. E poi, in tutta onestà, nessuna lingua è foneticamente uniforme. L’italiano ammette come pronunce di “pace” sia con C dolce (tipico del Nord Italia) che con C strascicata che assomiglia a una SC (tipico del centro e sud Italia). Ciò non mina la natura linguistica dell’italiano. Dunque, perché dovrebbe minare quella del lombardo?
Senza contare che le variazioni fonetiche tra i vari dialetti sono molto prevedibili. Quindi, conoscendo le differenze locali di pronuncia, è facilissimo traslare, ad esempio, un testo milanese in bergamasco e viceversa senza toccare una virgola.
Inoltre, non esistono veri e propri “confini” superati i quali la pronuncia delle parole cambia completamente.
Caratteristiche tipicamente lombarde orientali si trovano anche nel lombardo occidentale, come la /e/ quando in milanese si usa la /i/ si trovano in dialetti occidentali come il lecchese.
La conservazione della L in fin di parola derivata dalla “olu” latina è considerata un carattere tipicamente lombardo orientale. A Bergamo e Brescia per dire ‘imbuto’ si dice pedrioel con la L, a Milano e nella Lombardia occidentale pedrioeu senza la L.
Ma è una semplificazione: infatti la L si è conservata in certi dialetti ticinesi, nella Val d’Ossola e nel Lodigiano che sono molto più vicini al dialetto milanese che non al dialetto bergamasco o bresciano.
Grammatica lombarda
Sicuramente è un argomento poco conosciuto anche tra i parlanti, visto che in genere la grammatica lombarda non viene studiata a scuola.
Ciò non toglie che esistano regole che sottostanno al funzionamento della lingua lombarda. Insomma, esiste una grammatica lombarda.
Gli studiosi sono concordi sul fatto che tutti i dialetti lombardi hanno un’ossatura grammaticale comune, pur avendo differenze su alcune forme plurali e sulla formazione di alcuni verbi.
Il fatto di non avere una grammatica omogenea, secondo alcuni, è la prova che la lingua lombarda non esiste.
Allora pensiamo alla lingua internazionale, l’inglese. Ecco, in inglese esistono differenze grammaticali tra le differenti varietà: ad esempio, l’inglese americano e l’inglese britannico non condividono le concordanze dei nomi collettivi, l’uso di molte preposizioni e dell’articolo in alcune condizioni, alcuni verbi irregolari per una varietà sono regolari per un’altra. E non dimentichiamo “have got” contro “have”!
Anche l’italiano non fa eccezione. Anzi, ci sono montagne di esempi. Potremmo parlare, sempre restando nel solco delle forme riconosciute come corrette e socialmente accettate, della contrapposizione tra la forma “noi andiamo” e “noi si va”. Oppure a “vo” e “fo” invece di “vado” e “faccio”, o ancora l’uso di “aver piovuto” invece di “essere piovuto”.
Per entrare nel campo dell’errore grammaticale, quindi di forme considerate non corrette ma comunemente utilizzate, possiamo citare la mancata distinzione tra verbi transitivi e intransitivi tipica dell’italiano meridionale, o dell’uso indifferenziato di “gli” per uomo e donna, tipica dell’italiano settentrionale.
Insomma, nessuna lingua possiede una grammatica perfettamente uniforme. Non l’ha l’inglese, non l’ha l’italiano. E anche il lombardo non fa eccezione.
Lo standard
Molte persone ammettono che i dialetti della Lombardia fanno parte di una famiglia comune, ma che la lingua lombarda non esiste perché non esiste “IL Lombardo” per eccellenza.
Il termini linguistici, al lombardo mancherebbe uno standard, ossia di una variante scelta come modello di riferimento per tutti i dialetti della lingua.
Attualmente il lombardo non ha uno standard. Ma ciò non lo rende meno lingua.
Infatti non bisogna pensare che la lingua equivalga al suo standard linguistico.
Ci sono tantissime lingue che nessuno si azzarda di definire dialetti e che tuttavia non hanno uno standard unico.
Tra queste ci sono:
- Ladino (non ha uno standard comunemente accettato)
- Norvegese (ha 2 standard)
- Portoghese (ha almeno 2 standard)
- Inglese (ha 2 standard principali più altre forme locali sub-standard)
Perché il lombardo dovrebbe fare eccezione?
Questione di unità della lingua lombarda
Giunto a questo punto ti chiederai: ma perché ci sono così tante persone pronte a giurare che la lingua lombarda non esiste nonostante sia evidente il contrario?
C’è un problema sociale di fondo che porta a tutte le arrampicate di specchi che ho descritto qui sopra.
È semplice.
Fin dai primi giorni di scuola cresciamo con la convinzione che:
- L’italiano è uno solo ed equivale allo standard delle grammatiche
- Il dialetto cambia da via a via, diventando incomprensibile una volta passato il confine comunale.
In fondo sappiamo da sempre che entrambe le frasi sono false. Chiunque parli in italiano sa riconoscere le differenze regionali della lingua italiana. Chiunque parli lombardo è conscio che il suo dialetto assomiglia molto a quello delle provincie vicine, e in gran parte ci si capisce.
Eppure i luoghi comuni portano le persone a ragionare in modo sbagliato, minimizzando o addirittura negando le differenze tra le diverse varietà di italiano ed andando a cercare il pelo nell’uovo per dimostrare le enormi differenze tra le varietà di lombardo.
Ed è così che l’italiano
“Mio fratello Pietro ha cinque figli e vive con la moglie nella sua casa in Piazza della Pace a Napoli, vicino alla prigione”
e
“Pietro, il fratello mio, tiene cingue fiji e vvive con la moje nella casa sua in Piazza della Pace a Nnapoli, appresso a’ priggione”
non solo sono frasi nella stessa lingua, ma proprio la stessa identica cosa
mentre il lombardo
El mè fradel Peder el gh’ha cinch fioeui e ‘l viv cont la miee in la sò cà in Piazza de la Pas a Napoli, vesin a la preson”
e
“Ol mè fradel Peder al gh’ha cinch fioeui e ‘l viv cont la moee en la sò cà in Piazza de la Pas a Napoli, vesì a la presù”
sono frasi di due idiomi completamente diversi, anche se cambia solo qualche aspetto fonetico.
Sarebbe meglio iniziare a vedere le cose come stanno invece di filtrare tutto con le lenti dei pregiudizi.