Si sente spesso dire che il francese e il lombardo (soprattutto il milanese) si assomigliano molto. Qualcuno dice addirittura che il lombardo deriva dal francese!
In effetti ci sono alcune assonanze che potrebbero far pensare a uno stretto legame tra le due lingue. Inoltre, si dice, la Lombardia e la Francia hanno avuto una lunga storia di incontro e scontro: che tutto questo abbia lasciato un segno nel “dialetto”?
In questo articolo vedremo come queste considerazioni siano, nella maggior parte dei casi, esagerate e fuorvianti.
La “teoria francese”
Sono diversi gli aspetti che portano a pensare che il lombardo sia stato influenzato dal francese. Tra questi, la presenza di suoni nasali (per esempio in milanese) o dei suoni [y] e [ø]; oppure la grafia storica lombarda, che scrive [y] come <u> e [ø] come <oeu> (esattamente come in francese).
Inoltre tra le parole di uso comune sono presenti alcuni francesismi, come armoar e giambon (“armadio, prosciutto”).
In realtà sono tutti aspetti molto superficiali, che non reggono a un’analisi un po’ più dettagliata.
Il mito della dominazione
Come scritto più sopra, spesso si attribuisce la presunta “francesità” del lombardo alle dominazioni francesi nel periodo preunitario. Ma, a conti fatti, quanto sono durate le dominazioni francesi a Milano e nei dintorni?
- dal 1499 al 1512 (13 anni)
- dal 1515 al 1521 (6 anni)
- dal 1796 al 1799 (3 anni)
- dal 1800 al 1814 (14 anni)
nel complesso, la bellezza di 36 anni (non consecutivi) in circa tre secoli di storia.
In quel lasso di tempo, la Spagna ha governato il Milanese dal 1535 al 1706 (dunque per 171 anni), e l’Austria nel periodo 1707–1796, 1799-1800 e 1814-1859 (135 anni in tutto).
Lo stato italiano invece governa l’intera Lombardia da quasi 160 anni.
A conti fatti, la dominazione francese (diretta o indiretta) è durata una manciata di decenni senza continuità, mentre spagnoli, austriaci e italiani hanno avuto un controllo lungo e stabile sul territorio.
Possibile che nei quasi duecento anni di dominazione spagnola non ci sia stata una forte influenza del castigliano? O che nel secolo e mezzo di dominio austriaco non sia stata attuata una certa germanizzazione?
Eppure, a detta di molti, sarebbero bastati i 17 anni di dominio napoleonico per dare un’inconfondibile impronta francese al lombardo!
In tutto questo dobbiamo ricordare che parte della Lombardia ha avuto un dominio ancora più scarso da parte del francese: la Svizzera italiana (e fino al 1797 anche la Valtellina) è rimasta sotto il dominio di Cantoni di lingua tedesca fino alla metà dell’Ottocento, e la Lombardia al di là dell’Adda (Bergamo, Brescia, Crema) non fu mai soggetta ai francesi nel XVI secolo.
Di fronte a queste argomentazioni, è difficile sostenere che la dominazione francese abbia influenzato il lombardo. E allora perché le due lingue a tratti paiono simili? Cercherò di dare qualche spiegazione.
Pronuncia: similitudini e differenze
Alcuni aspetti della pronuncia lombarda possono richiamare quella francese. Tuttavia possiamo dire che, in generale, si tratta di coincidenze, dovute a evoluzioni simili dal latino.
In questo articolo non si possono certo elencare tutte le caratteristiche linguistiche dei due idiomi, ma cercherò di mettere in luce alcuni tratti interessanti.
Sia in francese che in lombardo (ma anche in occitano, catalano, romancio e in altre lingue del nord Italia) si è avuta la caduta delle vocali atone finali:
- DURU(M) -> francese e lombardo dur
- HERI -> francese hier, lombardo jer
- MARE -> francese mer, lombardo mar
- MUNDU(M) -> francese monde, lombardo mond
- NASU(M) -> francese nez, lombardo nas
- NOVE(M) -> francese neuf, lombardo nœuv
- PILU(M) -> francese poil (da un antico *peil), lombardo pel
In francese tuttavia l’evoluzione è stata più radicale, perché ha coinvolto anche le A atone finali, che invece in lombardo sono conservate.
In virtù di questi cambiamenti fonetici, in entrambe le lingue sono presenti molte parole ossitone (cioè con l’accento tonico sull’ultima sillaba). Tuttavia in francese moderno tutte le parole (anche se con vocale finale) hanno l’accento tonico in questa posizione, mentre in lombardo l’accento è più mobile.
Un altro tratto comune alle due lingue è l’indebolimento di molte consonanti intervocaliche del latino, anche se normalmente in francese questo processo è stato più radicale:
- FABA(M) -> lomb. fava, fr. fève
- LOCARE -> lomb. logà, fr. louer (da un antico *loguer)
- MATURU(M) -> lomb. madur (o marud, con metatesi), fr. mûr (da un antico meür <- *madur)
- PACARE -> lomb. pagà, fr. payer (da un antico *paguer)
- PAVORE(M) -> lomb. por, fr. peur
- RAPA(M) -> lomb. rava, fr. rave
- RATIONE(M) -> lomb. reson, fr. raison
- *RETUNDU(M) -> lomb. redond, fr. rond (da un antico reond <- *redond)
- *SAPĒRE -> lomb. savé, fr. savoir (da un antico *saveir)
- SECURU(M) -> lomb. segur, fr. sûr (da un antico seür <- ségur)
Tuttavia, il francese ha conservato i gruppi consonantici latini BL, CL, FL, PL, che in lombardo resistono solo in alcune varietà alpine:
- CLAVE(M) -> fr. clé, lomb. ciav
- FLORE(M) -> fr. fleur, lomb. fior
- PLOVĔRE -> fr. pleuvoir (da un latino volgare *PLOVĒRE), lomb. piœuv
Infine, in francese si è avuta la palatalizzazione di CA, GA latini, evoluzione che in lombardo è circoscritta (parzialmente) solo ad alcune aree alpine:
- CAPRA(M) -> fr. chèvre, lomb. cavra
- CARRU(M) -> fr. char, lomb. carr
- GAMBA(M) -> fr. jambe, lomb. gamba
- MANICA(M) -> fr. manche, lomb. manega
- SICCA(M) -> fr. sèche, lomb. seca
Per quello che riguarda l’evoluzione delle vocali, sia in francese che in molte varietà del lombardo (per esempio Milano, Bergamo, Sondrio, Como, Crema) il gruppo latino AL- prima si è velarizzato in /au/, per poi passare a /o/:
- ALTERU(M) -> lomb. olter/oter (da un antico *auter), fr. autre (pronuncia moderna: [otʁ])
- ALTU(M) -> lomb. olt (da un antico *aut), fr. haut (pronuncia moderna: [o])
- CALIDU(M) -> lomb. cold (da un antico *caud), fr. chaud (pronuncia moderna: [ʃo])
Anche la presenza delle “vocali turbate” [y] e [ø] (più [œ]) segue evoluzioni simili dal latino, rispettivamente da Ū e Ŏ:
- FŎCU -> fr. feu, lomb. fœugh
- DŪRU -> fr., lomb., dur
Tali evoluzioni però si estendono anche al di là di Francia e Lombardia, raggiungendo anche la Liguria, il Trentino, alcune porzioni dell’Emilia e, anticamente, parte del Veneto: cioè zone mai interessate da durature dominazioni francesi. Inoltre, in francese questa innovazione si è estesa anche alla vocale latina Ō e, in parte, a Ŭ:
- GŬLA -> fr. gueule, lomb. gola
- HŌRA -> fr. heure, lomb. ora
In ogni caso, è innegabile che l’uso di <u> e <œu> nelle grafie storiche lombarde (non solo quella milanese) sia dovuto all’influenza francese, circostanza dettata anche dal bisogno degli autori antichi di rappresentare suoni assenti in italiano. Questa potrebbe essere stata una delle origini dell’equivoco sulla relazione tra le due lingue.
Nel complesso vediamo che la fonetica francese ha avuto spesso maggiori evoluzioni rispetto al lombardo, che invece si pone in una sorta di via di mezzo rispetto a lingue più conservative (come l’italiano). Sarebbe difficile quindi dire che il lombardo sia stato influenzato dal francese!
Grammatica
Anche dal punto di vista morfologico e sintattico troviamo alcune convergenze assieme a profonde differenze (cosa del tutto normale nel panorama delle lingue neolatine).
Anche qui, elenco solo alcuni aspetti:
- è simile la costruzione del presente continuato: in francese abbiamo être en train de + l’infinito, in lombardo invece vess dree a + l’infinito;
- in francese standard la negazione è preverbale e postverbale (ne + verbo + pas), cosa presente anche nel lombardo antico (no + verbo + miga); nel francese moderno parlato comunque si tende a eliminare ne;
- in francese esiste la costruzione impersonale on + III persona singolare (on chante = “si canta; noi cantiamo”), derivata dal latino HOMO CANTAT; tale costrutto è presente anche in molte varianti lombarde (bergamasco, bresciano della Valcamonica, ticinese, alto comasco, chiavennasco, valtellinese), e sostituisce la prima persona plurale (bergamasco am canta = “noi cantiamo”)
- in francese i pronomi personali je, tu (“io, tu”) sono derivati dal latino EGO, TU; in lombardo e nelle altre lingue del nord Italia invece si ha mì, tì, derivati dal latino MIHI, TIBI
- in francese i verbi riflessivi hanno il pronome prima dell’infinito (se laver, “lavarsi”), al contrario del lombardo (lavass)
- in francese i pronomi personali sono obbligatori prima del verbo (dunque je bois, “io bevo”, e mai *bois), in lombardo invece possono essere tralasciati (quindi mì bevi o bevi)
Una cosa curiosa è che sia in francese che in lombardo moderni manca il passato remoto, sostituito dal passato prossimo. In lombardo si è estinto tra la seconda metà del Settecento (a Milano) e la seconda metà dell’Ottocento (a Cremona, nel Bresciano, in val Bregaglia); in francese è resistito in tutta la letteratura ottocentesca, per poi scomparire quasi completamente dall’uso nel Novecento.
Il lessico
Consultando i dizionari milanesi ottocenteschi, si possono trovare molti francesismi, la maggior parte delle volte adattati alla scrittura e alla pronuncia milanese. Quali sono?
In genere si tratta di lessico riguardante il mondo della moda, dell’alta cucina e dell’arredamento, campi in cui la Francia era all’avanguardia. Il francese inoltre era la lingua delle relazioni internazionali e della letteratura più moderna. Facendo un paragone col giorno d’oggi, è pari all’importanza che l’inglese ha per il mondo della finanza, dell’informatica, del mondo dello spettacolo e della ricerca universitaria.
L’élite milanese e italiana conosceva molto bene il francese, e ne usava molti termini.
Inoltre, molti dei francesismi presenti nel lombardo (soprattutto in quello di Milano, città molto ricettiva alle novità e mode estere) erano passati anche nell’italiano del tempo: molti di essi caddero in disuso nel corso del XIX secolo, o vennero rimossi dal purismo linguistico fascista degli Anni Trenta (vedi il passaggio da chauffeur ad autista).
Insomma, l’influenza lessicale del francese pare essere dovuta più a ragioni di tipo culturale che a un passato di dominazioni.
Inoltre, la maggior parte di questi francesismi oggi sono in disuso. Tra i pochi ancora utilizzati ricordiamo ascensœur (ascensore), bersò (pergolato), blœu (blu), botum (cemento armato), buscion (turacciolo), forgon (furgone), giambon (prosciutto), lorgnett (occhialini).
Uno dei lasciti più significativi del francese nel lombardo è il suffisso –eur, che ha dato vita ai nomi di molti mestieri e professioni, come fondœur, zapœur e minœur (“fonditore, zappatore, minatore”). Anche in questo caso però, notiamo che sono voci di lavori dell’età industriale, e quindi collegate più al periodo storico che a una conquista militare.
In alcune zone dove si parla lombardo (tra le altre, la Val d’Ossola e il Canton Ticino) esistono francesismi più recenti: spesso sono stati importati da quegli emigrati che andavano in Francia, Svizzera e Belgio per lavoro, per poi tornare nei paesi natii.
Nel dialetto vigezzino di Santa Maria Maggiore (VB), giusto per fare un esempio, abbiamo diverse parole importate dai lavoratori stagionali che si recavano in Francia (soprattutto a Parigi), quali:
- camarga: luogo deserto e paludoso (fr. Camargue, zona nel sud della Francia)
- copà: tagliare le carte (fr. couper)
- cotizà: castigare (fr. cotiser)
- crajon: matita (fr. crayon)
- infottass: fregarsene (fr. s’enfouter)
- signà: firmare (fr. signer)
- suranza: assicurazione per le malattie (fr. assurance)
Nel caso del ticinese, alcuni francesismi sono penetrati attraverso l’italiano burocratico cantonale, in cui sono presenti alcuni calchi linguistici dal francese e dal tedesco.
Una minima parte di francesismi infine è arrivata nel lombardo attraverso una lingua sorella, il piemontese: è il caso di bogià (dal piemontese bogé <- francese bouger), che è attestato in ticinese e in varesotto, ed è passato dalla forma transitiva (“muovere, spostare”) a quella intransitiva (“muoversi, darsi una mossa”).
Tra i pochi francesismi del lombardo che paiono essere di origine più antica ci sono fambros (“lampone”) e prevost (“parroco”), oltre che mangià (che sostituisce il più genuino majà), il quale forse è penetrato in lombardo attraverso l’italiano.
Un caso particolare: “articioch”
Tra le parole più citate per sottolineare l’influenza del francese sul lombardo c’è sicuramente articioch (“carciofo”), parola molto simile al transalpino artichaut.
Ma le cose non sono sempre come appaiono: da studi filologici appare chiaro che, in modo inaspettato, la parola è partita dall’Italia settentrionale (da influenza araba) e da lì si è spostata prima in Francia e poi in Inghilterra. Insomma, si tratta di un incredibile lombardismo nel francese, e non viceversa!
Perché si insiste col francese?
Da questa breve rassegna, diventa chiaro come quello del lombardo “che ha un po’ di francese” sia in gran parte un mito. Eppure in tanti ci sono affezionati, anche tra i cultori e gli “esperti di dialetto“, e continuano a ribadirlo. Perché?
La mia impressione è che in queste asserzioni si incontrino due tendenze diverse:
- una tendenza italocentrica: non si riesce ad accettare in pieno che una lingua (o un “dialetto”) parlato in Italia possa avere un’origine e un’evoluzione diversa e autonoma da quella dell’italiano. Se non combacia col toscano, allora non è veramente italiano. Per giustificare la diversità, si chiamano in causa gli stranieri, che in definitiva sarebbero i responsabili ultimi della divisione linguistica del Paese;
- una tendenza esterofila, che spesso nasce come reazione all’italocentrismo: quando si cerca di dimostrare di essere diversi dagli altri italiani, si tirano in ballo origini esotiche e lontane, che fanno molto effetto: quindi, così come nel Seicento si cercava di dimostrare l’origine greca antica di molte parole milanesi, oggi si evidenzia il carattere francese della lingua della Lombardia;
Entrambe le interpretazioni però rischiano di falsare la percezione delle proprie lingue locali, raccontandone male la storia e la natura.
Colonna sonora
Fondata o meno, la somiglianza del francese col lombardo ha fatto la fortuna di alcuni artisti.
Uno di essi è il cantante milanese Nanni Svampa (nato nel 1938), che ha consacrato la propria carriera a una serie di riuscite traduzioni e adattamenti delle canzoni francesi di Georges Brassens (1921-1981), cui ha dedicato ben tre album.
Qui sotto, una delle versioni svampiane di uno dei brani più celebri di Brassens, L’erba matta (in francese: La mauvaise herbe). Buon ascolto!
Bibliografia consultata
- Francesco Cherubini, Vocabolario milanese, Milano, 1839-1854
- Augusto Banfi, Vocabolario milanese ad uso della gioventù, Milano, 1870
- Cletto Arrighi, Dizionario milanese-italiano, Milano, Hoepli, 1896
- Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana, Bellinzona, Centro di dialettologia e di etnografia, 1956-…
- Dictionnaire historique de la langue française (a cura di Alain Rey), Parigi, Dictionnaires Le Robert, 1992
- Lessico dei dialetti della Svizzera italiana, Bellinzona-Lugano, Centro di dialettologia e di etnografia, 2004
- Giuseppe Magistris, Il dialetto vigezzino parlato a Santa Maria Maggiore e nei paesi vicini, Gravellona Toce, Press grafica, 2005