Uno dei cardini della linguistica italiana è non mettere in discussione lo status dell’italiano.
Esso è sempre stato una lingua, sempre lo sarà e avrà sempre come dialetti tutti gli idiomi d’Italia. Eppure, vi svelo un piccolo segreto, il mettere sempre in discussione le cose è il fondamento della scienza. Solo col dubbio, anche con cose che crediamo accertate, sarà possibile progredire. Ed oggi metteremo in dubbio lo status linguistico dell’italiano, fingendo che sia un dialetto. Come verrebbe trattato dall’accademia italiana e in generale dall’opinione pubblica questo “dialetto italiano”? Beh, vi anticipo: Molto male.
Se i discorsi che farò vi sembrano insensati o quasi deliranti non preoccupatevi per la mia salute: È un semplice principio, noto agli informatici e ai matematici, denominato GIGO: Garbage in – Garbage out. Ossia, se i presupposti sono spazzatura il risultato non sarà da meno. Dunque se i criteri adoperati per definire certi idiomi d’italia come “dialetti” sono balenghi, daranno risultati balenghi anche per le altre lingue. Italiano compreso.
Semplicemente daranno un risultato inatteso, perché mai usati sull’italiano, che ha avuto le sue belle regoline ad personam. E dunque, iniziamo con l’analisi di questo “dialetto italiano”.
Il dialetto italiano…
Non esiste un italiano unico
Perché onestamente, basta cambiare provincia per sentire un idioma completamente nuovo, con un sistema vocalico e consonantico completamente sfasato rispetto alla provincia vicina. Se poi si cambia regione, succede il finimondo: iniziano a cambiare le forme grammaticali e anche molti vocaboli cambiano.
Per esempio, al nord si dice calorifero, al sud termosifone. In Toscana si dice codesto, ed è una parola che esiste solo lì.
In Sardegna quella che altrove è nota come cerniera si chiama braghetta. Ma braghetta nell’italiano regionale del Nord vuol dire ‘pantalone piccolo o corto’ (e per giunta non dappertutto, dato che è diffuso anche il termine braghini).
La situazione è anche peggiore quando prendiamo a riferimento altri vocaboli. La gomma da masticare per esempio ha decine di varianti. Si passa da ciungai a Genova a masticone in uso ad Arezzo; da cicles nel Piemonte a ciuca nel cilento.
Questa variazione lessicale influisce molto sulla comprensione tra parlanti di dialetti diversi, rendendola molto difficile se non impossibile.
Sarà capitato a tutti di non capire qualcuno nonostante parlasse il presunto dialetto italiano unico. Ecco, infatti esistono almeno cinque macrodialetti italiani, ognuno con le proprie caratteristiche, regole grammaticali, fonetiche e lessicali aventi scarsa comprensibilità reciproca. E questi si suddividono a loro volta in varie parlate cittadine, ognuna con la propria cadenza tipica e il proprio slang che gli altri non capiscono.
Suvvia, non cadiamo nel ridicolo: date le premesse è chiaro che stiamo parlando di un insieme di dialetti indipendenti, altro che lingua italiana unica!
L’italiano è roba da fascisti
Voi avete mai sentito un democristiano o un liberale parlare di lingua italiana? No, perché questa presunta lingua è tutta un’invenzione dei fascisti che si sentivano minacciati dal regionalismo, sentimento decisamente prevalente fino alla prima guerra mondiale. Per questo è nata la presunta lingua italiana, per una mera manipolazione politica.
L’italiano ha più standard ortografici.
Come possiamo parlare di una lingua unica se a Milano scrivono “Sono andato da mio fratello per parlare del gatto” e a Roma “So annato da mi’ fratello pe parlà der gatto”? Secondo i sostenitori del dialetto italiano, fanno parte della stessa lingua, eppure si scrivono in modo diverso. Dunque come fa ad essere la stessa cosa?
Solo parlamenti “italofoni” parlano di “italiano”
Come mai solo la Costituzione ticinese e la legge italiana menzionano l’esistenza di questa lingua italiana? Come potete credere al parere di politici che hanno solo da guadagnarci nel perorare la causa dell’esistenza di questa lingua?
L’italiano è razzista
In quale lingua sono stati scritti documenti come il Manifesto della Razza o, giusto per fare esempi recenti, i tanti commenti razzisti su Facebook? Indovinate un po’: in italiano. Chi parla italiano è connivente con i razzisti, in un certo senso.
La lingua tetto dei dialetti italiani è l’inglese
Smartphone, selfie, computer, killare, schedulare, downloadare… Oramai non c’è molta differenza tra un Pub di Belfast e un bar di Bergamo, banalmente perché la lingua italiana è assoggettata all’autorità della lingua inglese, che diventa riferimento colto e fornitrice di tutti i neologismi, mostrando un palese stato di sudditanza culturale, chiaramente inadeguato al titolo di lingua.
Non esiste una letteratura italiana unica
Pensiamo a quelle che vengono pomposamente chiamate tre corone della lingua italiana. Uno era fiorentino, l’altro di Certaldo e uno addirittura di Avignone!
Chiaramente questa lontananza ha portato a varie differenze grammaticali e ortografiche. Dunque si può parlare solamente di lingua avignonese-petrarchina, di lingua fiorentina e di lingua certaldese.
Tra l’altro il millantato padre della sedicente lingua italiana Dante Alighieri definì questa lingua “municipale” e i suoi parlanti rimbecilliti dalla loro demenza che vaneggiavano una superiorità inesistente, oltre ad usarla per opere di carattere didascalico per il basso popolino, ignorante e non istruito in latino.
L’italiano non può essere usato a scuola
Prima dell’introduzione dell’italiano come “lingua” comune gli italiani erano un popolo geniale. Hanno inventato il microprocessore, la pila, scoperto vari elementi chimici e addirittura hanno creato il primo PC! Da quando invece l’italiano è lingua comune a scuola gli italiani sono pigri e tra l’altro parlano e scrivono male, a dimostrazione che l’italiano è tutto meno che una lingua, visto che non si può insegnare a scuola senza pregiudicare il buon profitto degli alunni.
Le ragioni del delirio
Ho riletto quanto scritto e devo dirlo: è completamente delirante, un misto di luoghi comuni, razzismo e semplici idiozie.
Eppure in Italia qualcuno (a volte anche molto autorevole) spaccia queste corbellerie per idee corrette sulle lingue regionali d’Italia.
Quante volte avrete sentito frasi come:
- Non si può parlare di un’unica lingua veneta, perché esistono i dialetti locali
- Insegnare il dialetto a scuola è impossibile
- Se parli dialetto ai bambini diventano scemi
- Non esiste la lingua lombarda perché a Bergamo si dice “confècc” e a Milano “binis”
- Il siciliano è una lingua mafiosa!
- A che pro difendere il veneto? È difeso anche dai razzisti della Lega!
- In Italia non esistono più dialetti ma solo lingue decise dai consigli regionali
- Eh ma il lombardo è un’invenzione dei leghisti!
- La lingua napoletana non esiste perché non ha una grafia unica
Io tante! E spero che vederle su una lingua dogmaticamente considerata tale possa aiutare ad abbattere i pregiudizi glottofobi sulle lingue d’Italia.
Tra l’altro avrete anche notato che ho usato, sostanzialmente pseudorandom, il termine lingua anche se ho analizzato l’italiano come dialetto. Come mai? Beh, perché negli attacchi irrazionali capita di partire per la tangente, e l’obiettivo della scuola linguistica italiana è tendenzialmente quello di sminuire, attaccare e politicizzare la questione delle lingue locali, non di svolgere seri studi sul patrimonio linguistico più ricco d’Europa, che se tutelato andrebbe sì a rafforzare l’italiano e la sua prospettiva di vita, ma gli negherebbe la supremazia quasi religiosa che qualcuno vorrebbe avesse, visto che sarebbe costantemente affiancato alle lingue locali.