Cos’hanno lasciato di concreto i popoli germanici dell’Alto Medioevo alle lingue dei popoli latini che avevano dominato?
Molte parole sono presenti in toscano e in italiano, e spesso hanno un corrispondente anche nelle lingue locali, come il lombardo.
Alcuni esempi:
- benda, cf. lombardo binda
- palla, cf. lombardo balla
- panca, cf. lombardo banca
- schiena, cf. lombardo schena
Tuttavia, in questo articolo voglio parlare di parole tipicamente lombarde (e di alcune zone circostanti) che però sono assenti in italiano.
I popoli germanici giunti in Italia
Breve storia
Nella storia italiana (e lombarda) sono stati tre i popoli germanici che hanno influito in modo rilevante sulla società e sulla lingua: i goti, i longobardi e i franchi.
I Goti (per la precisione Ostrogoti) giunsero in Italia intorno al 489 sotto il comando del re Teodorico (454-526): dopo aver battuto il re Odoacre, Teodorico instaurò il suo regno su tutto il territorio nazionale, diventando di fatto il primo re d’Italia della storia.
Alcuni anni dopo la morte di Teodorico, l’impero romano d’Oriente iniziò una durissima guerra contro i Goti per la riconquista dell’Italia: il conflitto fu aspro e crudele e durò diciotto anni. Le truppe di Costantinopoli risalirono la penisola italiana da nord a sud, espugnando nel 553 le ultime sacche di resistenza gotiche tra Brescia e Verona.
Ma il trionfo fu effimero: nel 568 il popolo dei Longobardi, guidato da Alboino, giunse in Italia passando dal Friuli, e riuscì a battere le forze bizantine (ancora deboli dopo la guerra coi Goti). Anche Alboino instaurò un regno nei suoi possedimenti italiani, spostando la capitale a Pavia. Alla sua morte, il governo passò di mano tra vari duchi, e il regno conobbe fasi più o meno unitarie.
Nel 772, ai tempi di re Desiderio, il regno longobardo entrò in conflitto con il forte regno dei Franchi, al di là delle Alpi. Il re dei franchi, Carlo (il futuro imperatore Carlo Magno), invase l’Italia e riuscì a conquistare tutti i possedimenti longobardi a nord di Roma. A sud i principati longobardi (per esempio a Benevento e Salerno) resistettero ancora per qualche tempo, prima di essere inglobati nei domini dei Normanni: il primo nucleo del futuro Regno di Napoli.
I prestiti germanici
Le modalità di dominazione dei diversi popoli germanici furono diverse: dall’approccio più inclusivo dei Goti a quello più isolazionista dei Longobardi.
In tutti i casi però c’è una costante: anche nei momenti di maggior crisi demografica, la popolazione autoctona romana rimase sempre largamente maggioritaria rispetto ai dominatori.
Questo particolare è importante per capire come mai, nonostante una prolungata dominazione germanica, la lingua predominante rimase sempre quella di origine latina, e non fu mai messa in competizione con il germanico parlato dai dominatori.
Insomma, in Italia non accadde ciò che invece successe in Britannia e in alcune parti della Gallia orientale, dove la lingua dei conquistatori sostituì quella dei conquistati.
Il che ci aiuta meglio a capire come alcune parole germaniche si siano introdotte nella parlata romanza dei sudditi italici: tali termini (che riguardano molti campi diversi della vita e della conoscenza umana) sono stati tutti mutuati dal latino, e da lì sono poi passati al volgare.
Dieci parole
Biott
Diffuso nella maggior parte della Lombardia, con l’esclusione del territorio di Brescia e Mantova. Inoltre lo si trova nel Piemonte orientale (Novara e Verbania, di lingua lombarda, e Vercelli) e in alcune valli romance (pronunciato blut).
Dal Piemonte orientale arriva a sconfinare addirittura nella Val d’Aosta (è attestato a Brusson e a Hône).
La voce deriva dal gotico blauths, con lo stesso significato.
Breda
Il termine deriva dal longobardo braida, che significa”‘luogo incolto, ortaglia”. In lombardo (per esempio nel cremasco) ha assunto il significato di “podere”, che non si allontana moltissimo da quello longobardo.
Da braida inoltre pare derivi il toponimo milanese Brera (il cui aggettivo, infatti, è braidense), e probabilmente anche il cognome lombardo Breda. Sono numerosi, infine, i toponimi “Breda” diffusi in Lombardia: tre in provincia di Cremona, due in provincia di Mantova, uno in provincia di Brescia.
Grop
Voce diffusa in tutto il nord Italia (ad esclusione della Romagna centromeridionale) e che sconfina in Toscana fino in provincia di Lucca.
La parola, che significa nodo, deriva dal germanico kruppa, con lo stesso significato.
Attraverso il Piemonte e la Liguria, questa parola è stata portata in Sicilia e nella Calabria meridionale.
Gudazz
Attestato anche come ghidazz o dazz.
Questa parola la si trova in gran parte della Lombardia, a volte affiancata da padrin e compà, oltre che nel Canton Ticino e nel Trentino occidentale (vidazz). La sua presenza in provincia di Verona (guaso) viene spesso usata come prova dell’antica parentela del veronese con il lombardo.
Si tratta di una formazione germanico-latina: accanto al germanico Gud- (“Dio”) si ha il suffisso latino -aceus. Questa formazione ricorda, concettualmente, l’inglese godfather.
Magon
Parola molto diffusa in Lombardia (anche con derivati quali magonà, magonent…) che significa “accoramento, pianto”. Essa deriva dal longobardo mago, cioè “stomaco, gozzo”, e imparentata col tedesco moderno Magen, con lo stesso significato.
Il passaggio semantico è chiaro: da stomaco si è passati a forte passione d’animo che stringe lo stomaco e quindi ad angoscia, dispiacere.
Dal lombardo questa parola è passata anche in italiano (magone).
Piò
La parola piò è tipica della Lombardia orientale, specialmente delle province di Bergamo e Brescia, con ampi sconfinamenti anche in Trentino. Tuttavia esistono anche attestazioni in Canton Ticino e nell’Ossola, e questo fa supporre che un tempo la diffusione di questo termine fosse più ampia.
Piò significa “aratro”, ed è senz’altro derivata da una voce germanica (attraverso un latino *plovum) affine al tedesco moderno Pflug e all’inglese plough/plow, con lo stesso significato.
In lombardo (specie nel Bresciano) piò ha inoltre assunto il significato di “superficie di terreno molto ampia”, come si capisce anche da questa canzone-denuncia di Dellino Farmer a proposito del consumo di suolo:
Scanscia
Scanscia è uno dei molti termini usati in lombardo per indicare le stampelle. La sua diffusione è essenzialmente milanese e occidentale, mentre in altre zone della Lombardia troviamo termini come scròsciola o ferla.
La sua origine dovrebbe essere il francone skatja, che significava “gamba di legno”.
Un richiamo letterario: il celebre Forno delle grucce citato da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi parrebbe essere una traduzione letteraria di Prestin di scansc.
Schirpa
Voce conosciuta in tutta la Lombardia, anche con le varianti di scherp, schirpia, schirp, schelfa.
Derivata dal longobardo skerpa (“corredo della sposa”), ha assunto anche il significato generale di “dote”, ma anche quello traslato di “arnesi necessari per una qualche operazione” (a Grosio, per esempio, per la lavorazione del latte o per la vinificazione).
Scoss
Derivato dal longobardo skauz, significa “grembo” e, con un’ulteriore evoluzione, anche “davanzale”.
La voce è diffusa in tutta la Lombardia, e ha dato vita anche al termine scossal, cioè “grembiule”.
Strach
Altra parola pan-lombarda che significa “stanco”, deriva dal longobardo strak.
Da questa voce deriva anche lo strachin, cioè un tipo di formaggio “stancato” per mezzo di travasamenti e trasporti.
Bibliografia consultata
- Karl Jaberg, Jakob Jud, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, 1928-1940
- Andrea Bombelli, Dizionario etimologico del dialetto cremasco e delle località cremasche, Crema, La Moderna, 1943
- Lucia Matelda Razzi, Il dialetto di Salò, Brescia, Grafo edizioni, 1984
- Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, Dizionario etimologico grosino, Grosio, Biblioteca comunale, 1995
- AA. VV. Vocabolario italiano-lecchese e lecchese-italiano, Oggiono, ed. Cattaneo, 2002 (prima ed. 1992)
- LSI – Lessico dei dialetti della Svizzera Italiana, Bellinzona-Lugano, Centro di dialettologia e di etnografia, 2004