Parlare di politica è sempre difficile, figuriamoci in un settore delicato come quello delle lingue regionali. Tuttavia questo articolo è necessario per smentire uno dei miti più diffusi sulla tutela dei dialetti.
Mi riferisco a questa idea: salvaguardare il dialetto aiuta l’indipendentismo.
Quante volte l’hai sentito? Io parecchie…
Ironicamente la realtà è ben diversa.
Se tutelate le lingue locali sono uno strumento perfettamente neutro, che non dà appigli a nessuna parte politica, mentre quando sono sprezzate sono un ottimo strumento in mano agli indipendentisti.
L’idea in sintesi
Molti pensano che si debba negare la tutela delle lingue regionali italiane per tre motivi principali:
- Riconoscere il fatto che gli italiani parlano lingue regionali oltre all’italiano metterebbe in crisi l’esistenza di un solo popolo italiano, e quindi renderebbe legittime le aspirazioni di secessione;
- Concedere l’ufficialità a lombardo, veneto, napoletano ecc. sminuirebbe il ruolo dell’italiano, e quindi anche dello Stato unitario;
- Riportare le lingue regionali nella società limiterebbe l’importanza della lingua italiana, favorendo la divisione degli italiani e quindi la fine dell’Italia unita.
Eppure così non è. Anzi, è il contrario! Vi spiego subito il perché.
Tutelare le lingue toglie appigli alla politica
Prendiamo la situazione di una lingua italiana priva di qualsiasi tutela, ad esempio il veneto.
Un cittadino veneto, al giorno d’oggi:
- Non può entrare in un ufficio pubblico e parlare in veneto;
- I suoi figli non possono imparare il veneto a scuola;
- Se subisce atti di razzismo per avere usato la sua lingua, nessuno lo difende;
- Se si lamenta della situazione, i benpensanti lo accusano di essere retrogrado, xenofobo, ignorante e traditore della Patria.
Voi al posto suo non vi arrabbiereste almeno un po’ con lo Stato italiano? Non sognereste di creare il vostro Veneto indipendente dove rendere ufficiale la lingua veneta?
Facciamo uno sforzo di fantasia e immaginiamo che il nostro cittadino veneto:
- Possa parlare in veneto negli uffici pubblici;
- I suoi figli imparino il veneto a scuola;
- Sia difeso dallo Stato se qualcuno lo offende per via della sua lingua nativa;
- Viva in un Paese che rispetta la diversità linguistica.
Potrebbe comunque essere indipendentista. Ma le motivazioni si sposterebbero completamente su altre questioni (fiscalità, gestione dei poteri statali, qualità della vita ecc.). Sulla tutela linguistica non avrebbe assolutamente nulla di cui lamentarsi!
Quindi, al posto di negare il riconoscimento e tutela alle lingue d’Italia, sancire il rispetto dei diritti linguistici sarebbe un ottimo argomento sostanzialmente inattaccabile per chi vorrebbe la secessione dallo Stato italiano.
Se poi qualcuno ritiene che sia necessario “estirpare la gramigna dialettale” per “unire meglio l’Italia”, beh… dovrebbe vedere meglio le sue priorità. Infatti, sta mettendo le basi per una Italia dove si parla solo in italiano ma gli italiani si odiano da regione a regione. Non sarebbe meglio accettare l’idea di una Italia multilingue e lavorare per la concordia e il rispetto dei propri reciproci diritti (linguistici e non)?
Se stai pensando che ciò che ho detto non è vero perché all’estero i movimenti indipendentisti partono dalla questione linguistica, continua a leggere l’articolo!
In giro per l’Europa
Movimenti indipendentisti ne esistono sostanzialmente in ogni regione d’Europa, anche in quelle che linguisticamente appartengono alla lingua dello stato. Ad esempio, esistono indipendentisti toscani proprio quella Toscana che è la culla della lingua italiana!
Ma chiaramente tu potresti dirmi che gli indipendentisti toscani sono pochi… dunque parliamo solo dei movimenti indipendentisti più grandi!
Indipendentismi senza lingua
In Scozia esiste un indipendentismo mica da ridere. Hanno già fatto un referendum indipendentista e probabilmente ce ne sarà un altro nel prossimo futuro.
Eppure il gaelico scozzese è nettamente minoritario rispetto all’inglese. Idem per lo scots, la lingua anglosassone parlata nelle Lowlands del (futuro?) paese.
In Irlanda, stato che ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito, la lingua di tutti i giorni è l’inglese. Il gaelico irlandese è veramente un’inezia, dato che è parlato quotidianamente da una percentuale infinitesimale degli Irlandesi. Eppure solo il Nord è restato sotto Londra, e per motivi prevalentemente religiosi.
Dunque, se le lingue regionali sono indipendentiste, lo è anche la religione!
Anche a Malta (dove l’italiano ha avuto un ruolo importante nella storia dell’isola) la lingua prevalente era l’inglese, ciò non ha impedito, negli anni ’60, il raggiungimento dell’indipendenza. Non hanno reso Malta indipendente perché parlavano in maltese come ingenuamente si potrebbe pensare.
Lingue regionali senza indipendentismo
Esistono anche casi inversi: regioni con lingue diverse da quelle dello stato ma che non chiederebbero mai l’indipendenza.
Rimaniamo pure in Italia. Pensiamo al Friuli Venezia Giulia, alla Val d’Aosta, all’Alto Adige-Südtirol, alla Galizia, all’Istria. Qui si parla ed è riconosciuta una lingua diversa da quella degli altri abitanti dello Stato, ma l’indipendentismo è una rarità.
Se fosse vero il binomio “lingua regionale = indipendentismo”, da quelle parti sarebbero scesi già in piazza per la secessione, non trovi?
Lingue e indipendentismo
L’unico posto dove c’è un certo connubio tra indipendentismo e lingua è la Catalogna, dove effettivamente c’è, a livello politico, una certa categorizzazione tra partiti catalofoni e indipendentisti e partiti castglianofoni e unitaristi. Ma non è tutto oro quel che luccica: Esistono comunque molti ispanofoni che vorrebbero l’indipendenza e molti catalanofoni che dicono “Visca Espanya”, cioè “Viva la Spagna”.
E la Plataforma per la Llengua, una sorta di CSPL catalano, ha fatto una manifestazione per il rispetto dei diritti linguistici nella futura repubblica catalana.
Non c’è un legame biunivoco, avrete compreso.
Indipendenti ma con la stessa lingua
Esistono stati che parlano la stessa lingua ma sono indipendenti.
Emblematico il caso di Grecia e Cipro, che, oltre a parlare la stessa identica lingua, hanno addirittura lo stesso inno con lo stesso testo.
Il nocciolo della questione
Tutelare tutte le lingue italiane non è un pericolo per l’Italia.
Chi vuole l’indipendenza continuerà a volerla, chi non la vuole continuerà a non volerla, solo che una volta tutelate le lingue locali si toglierà un appiglio a questa lotta politica e sarà necessario parlare di altre motivazioni, come quelle economiche, legislative e sociali.
Tra l’altro, a questo proposito una volta feci un sondaggio. Nulla di scientifico, ma comunque interessante.
Chiesi ai lombardofoni di Impariamo la Lingua Lombarda il loro partito di appartenenza. Ne risultò un dato interessante: circa il 40% è legato a partiti che hanno idee indipendentiste. Il 60% no.
Ciò conferma la mia idea.
Chi richiede la tutela della lingua regionale non è necessariamente indipendentista. Chi è indipendentista non necessariamente richiede la tutela della lingua regionale.
Questi sono i fatti.
Questione di diritti umani
Abbiamo appurato che, una volta tutelata la lingua, il suo rapporto con la politica sia molto marginale. Ma anche fosse vero, c’è una questione da non sottovalutare: La tutela delle lingue regionali è una questione di diritti umani.
Esatto, diritti umani. Ora, io non voglio fare il guastafeste, ma la violazione dei diritti dell’uomo per scopi politici è tipica di regimi:
- Teocratici
- Fascisti
- Stalinisti
- Dittatoriali
Vogliamo davvero entrare in questo campo in nome della “lotta al secessionismo”? Spero proprio di no!
In sintesi
Le conclusioni che possiamo trarre da questo articolo sono:
- Le lingue regionali, se tutelate, sono sostanzialmente neutre
- Se non tutelate, invece, sono uno strumento utilissimo per l’indipendentismo
- La tutela delle lingue regionali è prima di tutto un fattore di diritti umani
Dunque gente, continuate a lottare per la vostra lingua regionale, perché la battaglia per la lingua non ha colore politico: È una battaglia di buon senso. Trattatela e combattetela come tale 🙂