Parlare in modo non troppo lusinghiero della proposta di aprire un canale RAI che trasmette in arabo è una sfida difficile. Di questi tempi, l’accusa di razzismo è dietro l’angolo. Figuriamoci, poi, in un sito che parla di “dialetti”…
Per questo voglio rassicurarti: questa è un’analisi seria. Non troverai traccia della fuffa razzista anti-islamica. Qui si parla di lingue, non di razze e religioni.
Se hai compreso questo punto fondamentale, possiamo andare avanti.
Una proposta bislacca
Partiamo dal fatto di cronaca.
Il giornalista e arabista Mario Panella avrebbe proposto a Monica Maggioni, presidente della RAI, di aprire un canale RAI in arabo. La proposta pare sia piaciuta alla Maggioni e ad altri esponenti della televisione di Stato italiana, ma per ora il progetto non è in fase attuativa. Rimane solo un’idea che, a detta dello stesso Mario Panella, è “di difficile realizzazione”.
L’eco di questa notizia è rimbalzata su alcuni quotidiani. Su Il Giornale puoi trovare l’articolo che racconta l’accaduto e un sondaggio sul tema.
Che scandalo!
Questa proposta potrebbe spingere molte persone a stracciarsi le vesti.
Ma come? Paghiamo agli islamici un canale in arabo? Vergogna! La RAI è italiana, e quindi devono trasmettere solo programmi per italiani!
In realtà io non sarei così negativo. Ho sempre visto di buon occhio la diversità linguistica e quindi non posso condannare l’idea dell’apertura di una radio che trasmette in lingua straniera. Sia che si tratti di arabo, inglese, spagnolo o cinese, ben venga il multilinguismo!
Ciò nonostante, questa proposta non mi piace per niente.
Perché? Ecco i 2 motivi.
- Gli arabi non sono una minoranza linguistica storica in Italia.
- L’arabo non è una lingua in estinzione.
1. Gli Arabi non sono una minoranza linguistica storica in Italia
Questa prima affermazione è un punto fondamentale per capire tutto il resto dell’articolo. Per questo mi prenderò un po’ di tempo per spiegarti nel dettaglio la
questione.
Gli Arabi sono un gruppo etnico eterogeneo originario della penisola arabica ma oggi diffuso anche in vasti territori del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. La diffusione della lingua araba è dovuta alle conquiste avvenute tra il VII e il XI secolo.
Fu in quel periodo gli Arabi arrivarono per la prima volta in Europa.
Probabilmente saprai che dal Marocco gli Arabi giunsero fino alla Spagna, e che tentarono l’invasione della Francia ma furono bloccati dai Franchi capitanati da Carlo Martello nella famosissima battaglia di Poitiers.
Pochi sanno invece che gli Arabi arrivarono anche in Italia. Le regioni meridionali del nostro Paese furono prese di mira, ma non furono mai abitate stabilmente, eccezion fatta per la Sicilia. Qui infatti si sviluppò un emirato islamico con capitale Palermo che governò l’isola lasciando un’eredità storica e culturale ancora presente nella lingua, nei toponimi e nei costumi del popolo siciliano.
La Sicilia è attualmente parte della Repubblica Italiana. Se l’isola fu abitata dagli Arabi, viene spontaneo pensare che la comunità arabofona italiana possa essere considerata una minoranza storica del nostro Paese.
In realtà la questione è un po’ più complicata. Infatti, se gli Arabi fossero rimasti stabilmente in Sicilia fino ai giorni nostri, nessuno avrebbe da ridire: sarebbe una minoranza linguistica storica del nostro Paese. Ma non è così.
Infatti, quando nel 1300 gli Angioini conquistarono l’Italia meridionale, scacciarono le comunità arabofone perché di religione islamica. In quell’epoca terminò la presenza araba in Italia.
Fu solo nella seconda metà del Novecento che l’Italia tornò a popolarsi di persone di madrelingua araba. Dopo la fine della colonizzazione francese, negli stati del Maghreb si formò un massiccio fenomeno migratorio. Molte persone lasciarono Algeria, Marocco e Tunisia per dirigersi verso l’Europa occidentale in cerca di migliori stipendi e un tenore di vita più alto. Inizialmente gli immigrati arabofoni si rivolsero verso l’Europa centrale. Dagli anni Ottanta ad oggi il flusso migratorio si riversò anche in Spagna e Italia.
Si tratta quindi di una comunità formatasi da non più di trent’anni: dal punto di vista storico, poco più che una neonata!
Oggi è ancora troppo presto per sapere se la comunità araba in Italia diventerà una presenza stabile o meno. Una larga fetta degli arabofoni italiani infatti non ha intenzione di rimanere nel nostro Paese, ma di accumulare abbastanza denaro per poter tornare nel paese d’origine con la famiglia mantenendo un alto tenore di vita. Una dinamica, del resto, identica a quella di tutte le comunità di recente immigrazione.
Sicuramente ti starai chiedendo perché sto calcando sul concetto di minoranza linguistica storica… ora lo scoprirai.
Una questione istituzionale
Tutto parte dalla Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie, documento redatto dal Consiglio d’Europa nel 1992 e che ti consiglio di leggere. La Carta è stata sottoscritta dallo Stato Italiano, che – ehm ehm – dopo più di vent’anni non l’ha ancora ratificato.
Nell’articolo 1 si definisce cosa è una Lingua Regionale o Minoritaria (con mia sottolineatura):
questa espressione non include né i dialetti* della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato né le lingue dei migranti;
* si tratta della traduzione impropria dell’originale inglese dialect, che non ha implicazioni sociolinguistiche ma indica esclusivamente la varietà locale di una lingua. Secondo questa definizione, la maggior parte di quelli che in Italia vengono chiamati “dialetti” in realtà fanno riferimento a lingue regionali e minoritarie.
Inoltre, nella Carta, all’articolo 11, si parla di
garantire l’istituzione di almeno una stazione radiofonica e di una rete televisiva nelle lingue regionali o minoritarie
Scommetto che hai colto anche tu una stridente contraddizione…
Povere minoranze
Come ti ho messo prima in nota, la traduzione italiana della Carta può trarre in inganno. Infatti, utilizza la parola “dialetto”, che in lingua italiana ha un significato diverso rispetto all’originale inglese.
Insomma, noi italiani siamo abituati a definire lombardo, veneto, emiliano, napoletano e siciliano come dialetti, ma in realtà per la Carta sono lingue minoritarie in tutto e per tutto. Purtroppo lo Stato italiano non le riconosce e non le tutela.
Sottoscrivendo la Carta, lo Stato italiano si è preso l’impegno di fronte al Consiglio d’Europa di aprire canali radio e TV dove trasmettere nelle lingue regionali e minoritarie. In teoria dovrebbero esserci trasmissioni RAI in lombardo, piemontese, emiliano, napoletano e altre lingue italiane: lo dice la Carta. Peccato che non ci sono!
Intanto però si parla di aprire un canale RAI in arabo…
A difesa dello Stato italiano
L’Italia avrebbe proprio bisogno di una tirata d’orecchi… aprire un canale della RAI in una lingua dei migranti quando non rispetti gli impegni presi con il Consiglio d’Europa sulle lingue regionali e minoritarie del tuo territorio?
Come non pagare il mutuo per l’acquisto della prima casa e intanto comprare la villetta al mare…
Però l’Italia, bisogna ammetterlo, qualche rata del mutuo l’ha pagata!
L’articolo 6 della Costituzione recita:
L’italia tutela con apposite norme le minoranze linguistiche
e quindi il nostro Governo ha approvato una legge per la tutela delle minoranze linguistiche storiche del suo territorio. Stiamo parlando della famosa legge 482/99.
Certo, è compresa solo una parte delle lingue regionali e minoritarie del nostro territorio, e inoltre ha molti altri difetti. C’è da dire però che l’articolo 12 della legge è in armonia con lo spirito della Carta. Parla infatti dei rapporti tra enti pubblici nella gestione delle trasmissioni radiotelevisive in lingua minoritaria.
Questa norma è stata ottimamente applicata?
Purtroppo la risposta è NO!
Infatti, in Valle d’Aosta il franco-provenzale è di praticamente sparito dai programmi RAI, schiacciato in una programmazione per oltre l’80% in lingua italiana e per poco più del 13% in francese.
Ma i valdostani in fondo sono pochi montanari che preferiscono parlare in patois tra di loro tra una discesa con gli sci e una scalata del Cervino piuttosto di guardare le commedie alla TV. Ad una comunità più grande la RAI non avrebbe mai fatto uno scherzo del genere!
Il Friuli, con i suoi 600.000 friulanofoni, sembrerebbe immune da attacchi del genere. Chissà perché la parlamentare udinese Gianna Malisani avrà sentito il dovere di presentare un emendamento per sollecitare la RAI a dedicare al friulano parte del palinsesto radiotelevisivo. Ho come l’impressione che non si sentisse molta marilenghe sulla RAI regionale da quelle parti…
E in Sardegna? Qui vive la minoranza linguistica più numerosa tra quelle riconosciute dallo Stato italiano: oltre un milione di persone parla e comprende il sardo. Qui infatti va meglio! Infatti, la RAI ha annunciato nel 2016 che inizierà a trasmettere stabilmente programmi in lingua sarda sui canali regionali. Anzi, specifichiamo meglio: ci sarà la possibilità di inserire trasmissioni televisive in lingua sarda nei palinsesti regionali…
Insomma, tra minoranze riconosciute che ottengono briciole e minoranze non riconosciute che le briciole neanche se le possono sognare, non siamo messi bene in quanto ad applicazione dei principi della Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie. Credo che dovremmo sentirci un po’ in imbarazzo per questo.
Ma intanto la RAI pensa ad aprire un canale in arabo.
2 L’Arabo non è una lingua in estinzione
Un altro motivo rigorosamente linguistico per cui non vedo di buon occhio l’apertura di un canale RAI in arabo è presto detto: l’arabo non è una lingua in estinzione.
La lingua araba è il quinto idioma più parlato del mondo. Oltre 200 milioni di persone hanno l’arabo come lingua madre: più del triplo dell’italiano. Inoltre, l’arabo è molto studiato nel mondo musulmano per motivi religiosi. Una lingua davvero in buona salute!
Questione di priorità
Ora ti propongo un gioco. Facciamo finta che tu sia un responsabile di un parco nazionale.
Ti arriva un finanziamento da destinare alla tutela di una specie animale. Nel tuo parco ci sono animali molto rari, come gli orsi, i lupi, le linci, ma anche altri più comuni, come le volpi, le lepri e i caprioli.
Tu cosa faresti col finanziamento? Lo useresti per salvare gli animali in pericolo critico o le popolazioni in buona salute?
Credo che la risposta sia scontata… lo useresti per gli animali a rischio di estinzione.
Con le lingue, curiosamente, accade spesso il contrario. Si lascia ampio spazio alla lingua più parlata mentre la lingua in pericolo viene lasciata morire.
Perché?
Semplice: la lingua viene vista come un mero strumento di comunicazione. Ma se noi vediamo la lingua come un patrimonio dell’umanità ci appare subito chiaro l’assurdità di dare largo spazio agli idiomi già ampiamente parlati quando ad alcuni non assicuriamo nemmeno il minimo per la sopravvivenza.
Soldi pubblici per un servizio esistente
L’idea di aprire un canale in arabo appare ancora più assurda se si pensa alla mole enorme di materiale audiovisivo disponibile in questa lingua.
Basta una parabola satellitare per ricevere canali arabi di ogni tipo. Oltre alle varie TV nazionali dell’Africa del Nord e del Medio Oriente, ci sono canali specializzati in news come Al Jazeera e Al Arabiya e canali per bambini come Baraem.
E queste sono solo le televisioni! Le radio sono ancora più numerose. Considerato che al giorno d’oggi, insieme alle emittenti radiofoniche che trasmettono via etere, esistono anche le web radio, un ascoltatore arabofono ha davvero l’imbarazzo della scelta.
Quindi, se la RAI aprisse una radio in arabo, siamo sicuri che avrebbe successo?
Ho qualche legittimo dubbio.
Canale in arabo? Ripetendo l’esperienza RAI Med
Pochi ricordano il clamore che nel 2001 suscitò l’apertura di RAI Med, un canale televisivo satellitare dedicato ai paesi musulmani che si affacciano sul Mediterraneo. Era decisamente all’avanguardia con il suo TG serale in lingua araba.
La sua storia però non si può certo definire un grande successo. Dopo varie sospensioni e restyling, RAI Med fu definitivamente chiuso nel 2014.
Oggi del canale rimangono solo una manciata di video su Youtube.
Ora, non mi permetto di azzardare un’analisi di mercato, ma mi viene il dubbio che un eventuale nuovo canale RAI in arabo non riscuoterebbe maggiore successo di questo primo esperimento mediorientale della TV pubblica italiana.
Spero di essere stato abbastanza esaustivo… ma il mio scopo non è quello di convincerti. Voglio solo porti di fronte a dati e riflessioni e spingerti a formare una tua opinione.
Ne discutiamo nei commenti?