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Come aiutare il “dialetto” senza parlarlo in famiglia

by Brian Sciretti 4 Comments

Le notizie di questi ultimi tempi sull’uso in famiglia delle lingue regionali sono abbastanza sconfortanti, ma ci hanno dato da pensare.

Ci siamo confrontati nel nostro gruppo Facebook e abbiamo scoperto un dato interessante: la maggior parte degli attivisti del CSPL non usa la lingua regionale in casa!

Addirittura, uno di noi ci ha raccontato veniva represso quando provava ad usare il dialetto!

Dunque, ci è sorta spontanea una domanda: è possibile sostenere davvero le lingue regionali senza parlarle in casa?

La nostra risposta è: ASSOLUTAMENTE SI!

Ed ecco che si sono scritti da soli i 6 punti di questo articolo!

 

Indice

  • 1. Scrivere su Wikipedia
  • 2. Fare giornalismo in lingua
  • 3. Organizzare corsi di lingua
  • 4. Parlare in pubblico
  • 5. Tradurre software
  • 6. Prepararsi!
  • Bonus: altre idee
  • Il nocciolo della questione

1. Scrivere su Wikipedia

Come forse già sai, Wikipedia è disponibile in varie lingue regionali italiane.

Io scrivo in quella in lombardo, e da tempo ho un proposito: scrivere due voci al giorno. Ci impiego poco tempo, e sforno 730 articoli l’anno: Basterebbero 10 contributori con la mia stessa frequenza per avere 7’300 nuovi articoli ogni anno!

Apprezzo particolarmente Wikipedia perché rende difficile l’esistenza a molti miti glottofobi.

Ad esempio, come si può affermare che le lingue locali non possono essere usate per parlare di cose tecniche quando Wikipedia lombarda smentisce l’affermazione con questa categoria informatica? Viene obiettivamente difficile…

Inoltre la collaborazione con Wikipedia può essere un passatempo per i pendolari: in treno, invece di giocare al cellulare si scrive qualcosa! Tra l’altro non è necessario scrivere articoloni tecnici di 10.000 parole. Se ci sono meglio, ma basta quanto meno inserire le informazioni principali su un argomento che poi anche altri utenti potranno aiutarti sviluppare con calma.

Per gli studenti la Wikipedia in dialetto è pura manna dal cielo: si può scrivere in lingua la voce sulla lezione del giorno per fissarla in mente per bene. È come ripetere a qualcuno, ma in forma scritta. Se fatto appena finita la lezione, è davvero un ottimo modo per ripassare prima di un’interrogazione!

Provare per credere!

2. Fare giornalismo in lingua

Ormai l’era della carta stampata è quasi finita: la gran parte delle notizie passano dal Web.

Dunque, aprire un blog di informazione in una lingua regionale e mantenerlo è ormai un gioco da ragazzi. Non è nemmeno troppo oneroso a livello economico. Anzi, con i dovuti accorgimenti si può fare gratis o quasi.

Ecco qualche esempio di iniziative del genere lodevoli: Sa Gazeta per la lingua sarda e Lombardia Incoeu per quella lombarda.

Altrimenti potresti distinguerti da entrambi e fare un bel canale Youtube di informazione in lingua regionale. Il modello Breaking Italy non è male. Fammi sapere che ne pensi nei commenti!

 

3. Organizzare corsi di lingua

Ci sono più persone che vogliono imparare una lingua regionale di quanto comunemente pensiamo. Tuttavia spesso c’è uno scoglio: non esiste un testo o un corso per imparare, dunque tra scuola/lavoro e vita sociale non c’è la possibilità per imparare la lingua dai ritagli di fonti che ci sono online.

Organizzare dei corsi di lingua regionale, da svolgere in modo professionale e con l’aiuto di un’associazione, è un’ottima mossa per catalizzare questa volontà e renderla capace di creare nuovi parlanti.

Per il finanziamento, è possibile far pagare una piccola quota dove è compreso il libro di testo del corso e altro materiale didattico. Ma non è tutto: infatti, si possono organizzare iniziative parallele a tema come cene in lingua oppure giochi per adulti o piccini a cui partecipare a pagamento.

E se non c’ètempo, prova a pensare ai corsi online. Magari videocorsi, o audiocorsi che ognuno può ascoltare in auto.

Trovi un buon esempio qui: https://www.saysomethingin.com

C’è anche la soluzione della pagina Facebook “impariamo la lingua x”, già testata con ampio successo in Lombardia, Veneto e Piemonte con le pagine Impariamo la lingua lombarda, Impariamo la lingua veneta e Impariamo la lingua piemontese. Le lingue non coperte sono tante… coraggio, c’è ancora spazio!

4. Parlare in pubblico

Parlare la lingua regionale senza paura in mezzo alle altre persone è importantissimo!

Si parte dalle basi, come parlare con un amico in dialetto sull’autobus. All’inizio proverai un senso di imbarazzo, che però scompare con la pratica. Partirai intimidito, ma se mantieni una certa costanza vedrai che riuscirai persino a tenere conferenze o registrare podcast in lingua regionale!

Mi raccomando, cerca di parlare di tutto, e soprattutto di tenere discorsi monolingui. In questo modo le persone che stanno intorno a te capiranno che i “dialetti” sono lingue normali! 

Non sono idiomi da usare solo in campagna, o per raccontare le barzellette, oppure ancora per scrivere un libro di poesie in dialetto (magari con introduzione in italiano perché “è per le cose serie”).

Mi rendo conto che può sembrarti strana l’idea che si possa parlare di informatica in piemontese, che si possa tenere un podcast di fisica in lombardo o delle lezioni di matematica in napoletano.

Tuttavia l’utilizzo delle lingue in ambiti sempre più ristretti non è la normalità. La normalità è usarle in tanti ambiti diversi. 

 

5. Tradurre software

Siamo nell’era dell’informatica! Oggi molti software offrono la possibilità agli utenti di tradurli in più lingue. Comprese le lingue regionali. Non serve nemmeno esperienza in programmazione. Si traducono le stringhe e basta (e ti assicuro, è semplicissimo anche per chi è appena stato catapultato dal Pleistocene).

Pensa all’impatto sociale di avere Android in siciliano, iOS in friulano, Ubuntu in lombardo o Google in veneto: sarebbe un importante passo in avanti per la lingua, oltre che un buon modo di avvicinare all’informatica le persone anziane: fornendo loro un software nella propria lingua madre si eliminerebbe lo strato di astrazione che crea l’uso di una lingua non propria.

 

6. Prepararsi!

 

È un dato di fatto che molti attivisti per le lingue regionali siano giovani, studenti delle superiori o dell’Università, che vivono ancora con i genitori italofoni.

Un giorno però usciranno di casa, e sarà per loro il momento di creare una propria famiglia bilingue! Quindi, è bene partire subito per essere pronti quando verrà il momento!

Se anche tu sei un giovane come noi, non perdere tempo: inizia a studiare bene la lingua, impratichisciti nel parlato, studia i metodi per crescere un figlio bilingue.

Altro aspetto importantissimo è fare rete con altri genitori bilingui… prima che diventino genitori! Fai conoscenza ora di ragazzi della tua generazione che sono interessati alla lingua regionale. Quando avrete figli, potrete frequentarvi con vantaggio reciproco.

E così i tuoi figli, invece di parlare il “dialetto” solo in famiglia, potranno giocare con amichetti che parlano la stessa lingua che tu gli hai insegnato.

 

Bonus: altre idee

Ovviamente le proposte non sono finite qui! Abbiamo un sacco di altre idee come:

  1. Campi estivi in lingua regionale
  2. Doposcuola in lingua regionale
  3. Attività extra scolastiche in lingua regionale
  4. Giochi in lingua regionale

Tutto ciò ha lo scopo di creare una rete sociale adatta a tramandare la lingua in pericolo, creando una comunità di parlanti futuri in grado di usare la lingua in ogni contesto e di farlo non come lingua da usare con una sola persona ma da usare esattamente come l’altra. Il bilinguismo, in sostanza.

 

Il nocciolo della questione

Il nocciolo della questione è uno: dobbiamo dare il giusto spazio sociale alle nostre lingue regionali. Uno spazio che non è solo in famiglia. 

Quindi, anche se non parli il dialetto in famiglia, non ti preoccupare. Come ti ho dimostrato, esistono tantissime possibilità di aiutare la tua lingua regionale a ritrovare nuovo vigore!

Filed Under: Bilinguismo Tagged With: Imparare le lingue, Politica linguistica, Tecnologia e linguistica

Comments

  1. Christian Arrobio says

    Marzo 10, 2018 at 11:46 pm

    La lingua locale aiuta anche sul lavoro. Sono un bancario, e parlare in piemontese con alcuni clienti aiuta ad instaurare un clima di fiducia e di riconoscimento reciproco. Rapporto che poi si consolida se lavori con sani principi ed onestà. Purtroppo poi in famiglia il piemontese non lo parliamo, pur essendone capaci sia io che mia moglie. Di conseguenza le nostre figlie non lo parlano, ma lo capiscono.

  2. Giovanni Pontoglio says

    Marzo 13, 2018 at 1:00 pm

    Sono profondamente d’accordo col contenuto dell’articolo: credo che siano proprio queste le priorità, e non già i premi di poesia o di teatro “dialettale” (spesso equparato a “popolare”, altro equivoco!), se si vuole che i “dialetti” non diano “dispinibili sino a esaurimento scorte”, dove le “scorte”, ovviamente, sono i parlanti nativi la cui età media s’innalza sempre più.
    Un punto certamente molto importante è quello di dare la possibilità d’apprendere i “dialetti” a quanti siano interessati, ma qui certo le difficoltà sono le maggiori.
    Un corso di “dialetto” non si può certo improvvisare, occorrono competenze sia linguistiche sia glottodidattiche (per di più curvate al particolare contesto sociolinguistico), occorrerebbe opportuno materiale didattico e tutto ciò scarseggia drammaticamente (anche se non siamo più a livello zero come poteva essere qualche decennio fa).

    Occorrerebbe il contributo del mondo accademico, ma, diversamente da quanto avviene p.es. nel mondo occitanico, da noi vige ancora un antiquato paradigma epistemologico che vorrebbe la dialettologia e la sociolinguistica come scienze puramente “descrittive”, sicché un buon glottologo che s’occupa professionalmente dei dialetti, secondo tale visione ancora dominante, dovrebbe limitarsi al ruolo di cronista di morti annunciate, guardandiosi bene dall’intervenire per tentar di mutare il corso degli eventi.
    E` un po’ come se un archeologo o uno storico dell’arte dovesse disinteressari dell’incuria che devasta non piccola parte del patrimonio storico-artistico italiano, magari analizzando sottilmente i processi decisionali politici o amministrativi che portano al degrado, ma senza in alcun modo distanziarsene o reclamare alternative. Ricordiamo come in Siria un archeologo ha dato la vita perché Palmira non perisse: anche lui, poverino, era “poco scientifico”, ignorava la distinzione tra “descrizione” e “prescrizione”!?

  3. Pietro Cociancich says

    Marzo 13, 2018 at 6:19 pm

    Mi piace molto il paragone con l’archeologia.

  4. Claudio Mura says

    Agosto 30, 2020 at 9:00 am

    I miei genitori parlano entrambi sardo e italiano, in entrambi i casi si tratta di bilinguismo attivo. Addirittura in casa di mio padre, mio nonno parlava solo italiano (benché conoscesse italiano e sardo) e mia nonna solo sardo (benché pure lei li conoscesse entrambi). Dunque i miei genitori sono bilingui.
    Per mio padre, ad un colloquio di lavoro gli è stato chiesto se parlasse sardo, perché i clienti (allevatori e agricoltori) si sarebbero sentiti più in confidenza con una persona che parlasse loro sardo.
    Io sono per lo più bilingue passivo ma la conoscenza del sardo (soprattutto quelloo di mia madre che possiede una ricchezza straordinaria di fonemi) mi ha aiutato molto nell’imparare le lingue.

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