Il turista estivo “continentale” che dovesse lasciare le spiagge della costa settentrionale della Sardegna per avventurarsi nei centri di Tempio, Trinità o Arzachena scoprirebbe che gli abitanti (purtroppo non più tanti quanto un tempo) parlano un idioma particolare, meno difficile da comprendere del sardo e che utilizza gli articoli lu, la, li invece dei sardi su, sa, sos, sas: si tratta appunto della lingua gallurese.
Parlato nella parte più settentrionale dell’isola (ad eccezione delle isole sardofone di Luras e Olbia), classificare il gallurese è una sfida che ancora oggi divide, spesso lungo assi politici, linguisti e persone interessate alla tutela delle lingue di Sardegna.
Fino a qualche decennio fa veniva considerato un dialetto del sardo, e come tale è ancora riportato in alcuni dizionari tascabili di gallurese venduti nelle librerie. Oggi invece la questione si è fatta più complicata.
Morfologicamente e sintatticamente il gallurese presenta strutture toscano-corse, ma il suo lessico è formato per circa un quarto di parole logudoresi e altri elementi lessicali che lo allontanano spesso dal corso o dal toscano.
Le posizioni degli studiosi odierni si dividono tra chi lo considera un dialetto sardo (e lo chiama sardocorso o “sardo settentrionale”), chi lo considera una lingua o un dialetto di transizione di difficile collocamento, e chi invece lo considera a tutti gli effetti un dialetto del corso e, di conseguenza, un dialetto del toscano/italiano.
È inutile dire che spesso queste posizioni siano influenzate da opinioni politiche, a seconda che si voglia evidenziare la “sardità” o l’”italianità” del gallurese.
Qui tuttavia non ci occuperemo di dipanare la matassa linguistica in cui si trova il gallurese, ma di analizzare 20 vocaboli galluresi che derivano da vocaboli greci.
L’elenco è riportato dal libro Da Eteri a Ozieri, dello storico Francesco Naseddu, che tratta dell’influenza bizantina in Sardegna e in particolare nel comune di Ozieri.
Un po’ di storia linguistica della Gallura
Prima di analizzare i nostri 20 vocaboli, è interessante provare a capire come questi vocaboli siano finiti a far parte dell’idioma gallurese.
Le origini del gallurese sono oggetto di forte dibattito, ma l’ipotesi comunemente accettata lo fa risalire a una serie di migrazioni corse nel 1400-1500 e di nuovo nei primi del 1700.
Queste migrazioni avrebbero portato un influsso di corsofoni tale da rivoluzionare (ma in parte anche assimilare) per sempre il sostrato logudorese della regione, creando la variante gallurese come la conosciamo oggi.
Ma quindi cosa c’entrano i Greci e come hanno fatto a lasciare dei prestiti al gallurese moderno?
La Sardegna fu dominata dai Bizantini per un periodo lunghissimo che va dal VI secolo fino all’XI secolo, quando possiamo affermare con sicurezza che fosse diventata completamente indipendente da Costantinopoli. Il gallurese quindi non può essere stato direttamente influenzato dalla presenza bizantina in Sardegna, dato che all’epoca questo idioma ancora non esisteva.
I suoi vocaboli greci derivano quindi o dal sardo logudorese o direttamente dai vocaboli greci presenti nel latino.
Quando il vocabolo è usato in sardo o ha un corrispondente sardo, e in particolare se il vocabolo si riferisce al mondo pastorale o all’amministrazione, è probabile che quel vocabolo greco sia frutto dell’influenza bizantina in Sardegna e sia poi passato dal sardo al gallurese.
Altri vocaboli greci invece sono chiaramente grecismi già presenti nel Latino, passati poi al corso/toscano e al gallurese.
Chiarite le due possibili strade percorse da questi vocaboli per arrivare al gallurese, scopriamo ora le 20 parole galluresi di origine greca.
1. Alga
In gallurese si indica con questo vocabolo sia la spazzatura sia il concime. È di etimologia discussa: Naseddu suggerisce che derivi dal greco τἄργα (tárga), contrazione di τὰ ἀργά, appunto i residui della lavorazione.
2. Attambainatu
Si indica come attambainatu (in sassarese attambainaddu) una persona stordita o sbigottita. È di chiara matrice greca, e deriva dal verbo θαμβαίνω (thambaínō) ‘essere sbalorditi’.
3. Abbulumassi
È l’equivalente dell’italiano ‘rimpinzarsi’, e Naseddu propone come origine il verbo greco βουλιμιάω (boulimiáō), che significa ‘soffrire una gran fame’.
4. Basariccò
Come si intuisce facilmente, questa è la parola gallurese per indicare il basilico. In greco classico si preferiva usare il termine ὤκιμον, ma esisteva già all’epoca la variante βασιλικόν (basilikòn), che il gallurese riprende in una forma che rivela il tipico fenomeno di rotacismo del gallurese, per cui le “l” vengono pronunciate come “r.”
5. Brumèzu
È un termine familiare a chi pesca con l’amo dalla Gallura fino a Porto Torres. Lu brumèzu è un composto di molliche di pane o a volte molluschi e pezzi di pesce, da usare come esca per i pesci. Deriva dal greco βρωμάτιον (brōmátion), che indica il cibo fatto a pezzetti. Naseddu fa notare come il termine sia presente anche nel toscano brumeggio, evidenziando gli scambi di vocaboli tra Gallura e Toscana.
6. Bruncu
È un termine usato esclusivamente per indicare un modo di condurre il cavallo, e cioè con una corda legata a formare due cappi, uno per il collo e l’altro per il muso dell’animale. Deriva molto probabilmente dal greco βρόχος (bròchos), che indica il cappio.
7. Butroni
Oltre a essere un cognome sardo (specialmente nella sua variante sassarese di budroni), butroni è in gallurese il grappolo d’uva. Potrebbe derivare sia dal latino che dal greco. È latina infatti la voce botryo o botrus, anch’essa derivata dal greco βότρυς (bòtrus).
8. Chindalu
Scritto anche nella variante kindalu, in gallurese questo vocabolo indica l’arcolaio che dipana la matassa della lana. Non dobbiamo quindi stupirci che derivi dal verbo greco κυλινδέω (kulindéō, “far girare”).
9. Colda
Meglio conosciuta col suo nome sardo (sa cordula), la colda gallurese è un piatto a base di intestini di capre e di percore adulte, intrecciati tra loro e cotti alla brace. Proprio come la coratella italiana, la colda prende il nome dal greco χορδαί (chordaì), che indica le interiora dell’animale.
10. Imbulà
In gallurese significa letteralmente ‘gettare’. Come riconoscerà chi ha studiato greco antico alle superiori, questo è lo stesso identico significato del verbo ἐμβάλλω (embállō), da cui deriva il gallurese ‘imbulà’.
11. Mazza Frissa
Inseparabile presenza negli “stazzi” galluresi, la mazza frissa è un piatto a base di panna vaccina, che viene cotta in una padella aggiungendo gradualmente della farina. Si può consumare immediatamente versando miele caldo o aspettare il giorno dopo e mangiarla fredda (sempre con miele).
La lettura etimologica tradizionale identifica con mazza la stessa parola che in gallurese indica la pancia. Naseddu propone invece un’origine greca, che a parer mio risulta convincente.
La “μάζα” (descritta come una focaccia fatta di farina impastata con latte) è documentata in decine di casi nella letteratura greca classica. La mazza frissa gallurase non sarebbe altro che una μάζα (màza) greca, fritta (frissa) in padella con la panna bollente.
12. Mècala
È un’espressione imperativa per chiedere a qualcuno (di solito un bambino insistente) di tacere. È molto probabile che derivi quindi dal greco μη κάλει (kàlei), che è una delle espressioni per domandare di tacere in greco.
13. Necciu
Il termine in gallurese vuol dire ‘magro’, e viene usato esclusivamente per le persone, non per gli animali (per cui si usa il termine arrumasu/a). Il termine per gli animali viene spesso accompagnato dall’aggettivo moltu ‘morto’, e questo ha portato Naseddu a ipotizzare che il termine gallurese derivi da una simile espressione andata perduta. Sarebbe quindi una derivazione del greco νέκυς, che appunto indica il cadavere.
14. Runcu
Questa parola indica il muso del maiale, e deriva certamente dal greco “ρύγχος” (rùnchos) che ha lo stesso identico significato.
15. Semu
In gallurese lu semu ha tante accezioni. Vuol dire in generale segno, e in contesti particolari assume il significato di ‘cicatrice’ o di ‘pista’. Deriva dal greco σῆμα (sêma), che ha altrettanti svariati significati, ma nel suo significato più elementare vuol dire ‘segno’.
16. Spotticu
Lu spotticu è un termine di difficile traduzione, che indica la facoltà di agire, il comando, il potere sopra una questione o un oggetto. Deriva dal greco δεσποτικῶς (despotikôs), che indica un qualcosa che appartiene al padrone.
17. Tavvoni
Li tavvoni è un termine che raramente potrà emergere in un’odierna conversazione in gallurese. Indica infatti i sepolcri antichi della Gallura, realizzati all’interno di una roccia erosa dagli elementi fino a creare delle conche. Furono utilizzati fino al Medioevo, e derivano dal greco ταφῶν (taphôn), che indica in generale qualsiasi sepoltura.
18. Tirriò
Tirriò è in gallurese un modo per chiamare una bestia, o per insultare qualcuno paragonandolo a una bestia. In sassarese è diventato un aggettivo, tirriosu, che indica una persona invadente o puntigliosa, insomma uno che, come un cane, “quando morde non molla più.”
19. Vascu
Lu vascu è sia l’otre sia il ventre in generale. Spesso nel parlato gallurese la V cade e rimane il termine ascu. Questo è quasi identico al termine greco originale, ἀσκός (askòs), da cui appunto deriva.
20. Zinicà
È un verbo usato soprattutto nel parlato, che vuol dire ‘toccare leggermente o con cautela’. Nell’uso riflessivo, no ti zinicà, vuol dire ‘non muoverti’. Deriva dal greco θιγγάνω (thingánō), che vuol dire “toccare.
Questa è una breve panoramica di parole galluresi di origine greca. Se sei gallurese e ne conosci altre, oppure se conosci il greco e vuoi dare il tuo contributo nell’interpretazione delle etimologie, aspetto i tuoi commenti!